I cambiamenti, gli sforzi per uscire dalla crisi: Professione reporter intende segnalare cosa accade nel mondo del giornalismo. Abbiamo esaminato i dati sulle vendite dei quotidiani nel mese di giugno. Indicazioni e curiosità non mancano, anche se è difficile soppesarli.
-Repubblica continua il suo inseguimento al Corriere della Sera. La “cura Verdelli”: maggiore aggressività, titoli di scatola, forte critica al governo gialloverde, indignazione per i soprusi ai giornalisti, ha provocato piccoli progressi in edicola (rilevazioni Ads). Il Corriere a giugno ha venduto 192.368 copie, contro le 149.248 di Repubblica. Entrambi sono saliti se i ricorda che in aprile il Corriere era a 181.444 copie e Repubblica a 137.577 (un anno prima erano però più in alto), anche se la forbice è rimasta larga. La direzione di via Solferino ha mantenuto una linea di equilibrio, senza forzature, con un’offerta equilibrata, ricca di storie e di curiosità. Repubblica invece ha tentato di forzare nel racconto delle vicende politiche e delle polemiche sempre più violente fra i gruppi di governo e di opposizione.
-La Stampa occupa sempre il terzo posto, con 97.270 copie, ma rispetto a due mesi prima (97.176) non cresce. Ai lettori non sembra piaciuta la fusione nella Gedi con il gruppo di De Benedetti?
-La quota di 78.690 copie vendute dal Messaggero (ad aprile a era a 70.421) non consente al giornale romano di difendere la quarta piazza in classifica, scavalcato dal Resto del Carlino, che arriva a 84.908 copie (ad aprile era già a 81.470), uno smacco storico per il quotidiano di Caltagirone, con una redazione stressata e incapace di reggere il passo. A Roma appare in brutte acque il Tempo: 12.926 copie. Buone le prestazioni dei giornali sportivi: la Gazzetta rosa 144.000 copie, il Corriere dello Sport 67.000.
In tutti i quotidiani purtroppo si fanno tagli ma contemporaneamente non manca uno sforzo creativo per recuperare la fiducia dei lettori, riparare i bilanci con l’apporto dei notiziari on line, dopo il calo in edicola, seguito alla crisi economica, alla diffusione di Internet, al calo della pubblicità.
Impressionanti i dati sulla “resa”, cioè sulle copie che tornano indietro e che in pratica vengono distrutte. Un tempo le aziende erano attente a non stampare in eccesso, per non sprecare carta, energia e lavoro. In media si puntava su una resa di 15-20 mila copie.
A giugno il Corriere ha buttate al macero 95.000 sulle 295.000 copie che aveva “tirato”. Ma si notano forti differenze: l’Avvenire 32.000 su 127.00, il Messaggero 33.000 su 114.000, la Stampa 59000 su 176, il Sole 24 ore 33.000 su 98.000, il Fatto quotidiano 43.000 su 70.000, Libero 48.000 su 78.000. il Giornale 53.000 su 99.000. Qualcuno butta via più del 50 per cento del prodotto. Però c’è chi è molto più accorto: l’Unione sarda, che manda al macero 7000 copie sulle 40.000 della tiratura giornaliera.
Professione reporter
(nella foto: la sede del Corriere della Sera, in via Solferino, Milano)