La Stampa non va in edicola il 3 e il 4 ottobre. Uno dei quotidiani più diffusi e autorevoli d’Italia si ferma, per uno sciopero di due giorni dei giornalisti. La redazione accusa l’azienda di non rispettare patti sottoscritti e per questo incrocia le braccia. Si blocca ovviamente anche il sito on line. E’ il primo duro scontro sindacale dopo l’abbandono della famiglia Agnelli e l’ingresso della testata nel gruppo Gedi (Repubblica- Espresso).
Il Comitato di redazione ha denunciato “l’indisponibilità dell’azienda a rispettare l’accordo sindacale che riguarda gli organici del corpo redazionale, già ridotto ai minimi termini. Un’intransigenza che giunge, nonostante la mediazione del Direttore, dopo un anno di sacrifici che rischiano di penalizzare la qualità dell’informazione, che portiamo ai nostri lettori da oltre 150 anni”.
Un’assunzione ogni 3 uscite
Gli accordi dei quali si parla sono quelli stipulati alla fine del 2018: la redazione accettava di perdere un po’ di soldi (taglio volontario dell’EDR fra i 180 e i 280 euro, rinuncia a 1000-3000 euro annuali per l’aggiornamento professionale) e otteneva l’impegno che ogni 3 redattori usciti dall’organico ne venisse assunto 1, pescando fra i tanti ottimi collaboratori del giornale. Accordo rispettato nei primi mesi del 2019 dall’azienda, ma ora improvvisamente disatteso, nonostante l’intervento del direttore Molinari sostanzialmente al fianco dei colleghi. Di qui lo sciopero.
La Stampa ha oggi un organico di 180 persone, compresi 7 giornalisti delle ex testate Finegil, dei quali si è fatta carico dopo l’ingresso in Gedi. Alcuni gruppi redazionali sono in difficoltà (Aosta 4 redattori, Novara 8 ecc), mentre a Milano lavorano 7 persone e a Roma 20. Gli attriti con la proprietà si sono acuiti per via anche di alcune trasformazioni, compreso il nuovo sistema editoriale.
La notizia è oscurata
Un giornale che nei suoi 150 anni di storia (fu fondato da Vittorio Bersezio nel 1867) ha sempre mostrato spalle robuste, ma che ora deve fare i conti con le logiche di un gruppo editoriale più ampio. Dunque, non più gestito con i criteri di una gloriosa impresa di proprietà di una famiglia (che aveva sempre tenuto il giornale separato dalle proprie attività industriali) ma con quelli di una proprietà più complessa e articolata.
La Federazione nazionale della Stampa italiana si è schierata al fianco della redazione ed ha affermato in un comunicato che “se davvero gli editori vogliono finalmente uscire dalla crisi che da anni attanaglia il settore, è giunto il momento di pensare al futuro, investendo sul corpo redazione e sulla qualità del ‘prodotto’ offerto ai lettori”.
Da osservare che lo sciopero a La Stampa (che si è riversato in parte anche sui giornali ex Finegil) non sembra trovare posto fra le notizie degli altri organi di informazione. Antica abitudine dei giornalisti: non parlare dei guai altrui? I panni sporchi si lavano in casa? Ai cittadini non interessa? Forse tutte e tre le cose. Sbagliate, se si riflette che il fermo di un grande giornale significa meno notizie e meno democrazia.
Professione Reporter
(nella foto John Elkann, azionista di minoranza Gedi e il direttore della Stampa, Maurizio Molinari)