(A.G.) A Repubblica il primo direttore, e Fondatore, Eugenio Scalfari, è durato vent’anni (più tre mesi), dal 1976 al 1996. Il secondo direttore, Ezio Mauro, delfino di Scalfari, è durato vent’anni (meno tre mesi). Il terzo direttore, Mario Calabresi, non scelto da Scalfari, è durato tre anni (più un mese). Il quarto direttore, Carlo Verdelli, apprezzato da Scalfari, è durato un anno (più due mesi). La sequenza, in mesi, è 243-237-37-14.
Come in un quesito matematico, quanto durerà Molinari, sul quale nessuno ha avvertito Scalfari?
L’editoria, però, specialmente ai nostri giorni, non è matematica.
direttore mancato
La notizia più clamorosa del giornalismo attuale è il nuovo assetto del gruppo Gedi. Notizia che ne porta dietro molte altre, piccole, curiose. Segni che andranno a posto col tempo.
Cominciamo da Verdelli. Fra lui e il nuovo proprietario di Repubblica, John Elkann, la relazione è nata male, quindici anni fa. Elkann, figlio della figlia di Gianni Agnelli non ha ancora 30 anni, è vicepresidente Fiat. I suoi “tutori” sono Gianluigi Gabetti e Grande Stevens, devono prepararlo a prendere in mano, un giorno, l’azienda di famiglia. Intanto, Elkann si assume l’incarico di cercare un nuovo direttore per La Stampa, successore di Marcello Sorgi. Elkann chiama Verdelli. Lo ha apprezzato come direttore di Sette, vicedirettore al Corriere della Sera e ora come direttore di Vanity Fair. Gli offre la direzione della Stampa. Verdelli dà un assenso di massima. Elkann dice che sta per partire per New York, si farà vivo al ritorno. Fa tappa a Parigi, dove partecipa a una cena e conosce Francesco Merlo, inviato di Repubblica con sede nella capitale francese. Merlo lo affascina. Elkann qualche giorno dopo lo chiama e gli chiede: “Farebbe il direttore della Stampa?”. A questo punto, Elkann ritelefona a Verdelli: “Farebbe il condirettore della Stampa?”. La risposta è gelida: “Dottor Elkann, mi auguro che lei non mi chiami un terza volta, altrimenti mi offrirà le pulizie di via Marenco”. E chiude il colloquio. Via Marenco era, a quel tempo, l’indirizzo della Stampa. Poi Enrico Salza, presidente del gruppo San Paolo-Imi, all’epoca maggior creditore della Fiat, con il via libera di Gabetti e Grande Stevens, portò Giulio Anselmi a dirigere La Stampa. Quattordici anni dopo sarà Verdelli a prendere il posto a Repubblica di Mario Calabresi, molto stimato da Elkann.
UNICum nella storia
Alla Stampa Molinari, nuovo direttore di Repubblica e direttore editoriale di Gedi, ha fatto un discorso di addio pieno di suggestioni sul futuro: “Abbiamo un progetto mai visto, un unicum nella storia. Tutti insieme, nel rispetto dell’indipendenza delle testate. Ci saranno idee nuove in un mercato diverso, che chiede contenuti multimediali di qualità e di grandi dimensioni”. Basterà aspettare e vedere. Dal primo giorno sono subito spariti i titoloni-slogan introdotti da Verdelli.
Le firme e il fondatore
Che faranno ora le firme “di sinistra” di Repubblica? Vanno divisi in “storiche”, come Serra, e amici di Verdelli, come Gad Lerner. I secondi probabilmente andranno via. I primi si guarderanno intorno.
Soprattutto, cosa farà Eugenio Scalfari? Chi lo conosce sostiene che è molto arrabbiato. Era in sintonia con Verdelli e gliel’hanno fatto fuori senza neanche avvertire lui, il Fondatore. Lascerà la sua creatura? Lo scenario più problabile è che ottenga garanzie per scrivere ciò che vuole e continui a esercitare il magistero della domenica.
Non fara’ L’arbitro
Una delle firme di sinistra che ha già lasciato Repubblica è Massimo Giannini, nominato, nella stessa tornata, direttore della Stampa. Appena arrivato ha detto ai membri del cdr: “Sono qui per giocare con voi e non per fare l’arbitro”. Molinari, nella trattativa sindacale ancora in corso a Torino,(solidarietà al 15 per cento, tagli alle domeniche e agli straordinari), si era definito “un arbitro” fra azienda e giornalisti.
Il ritorno di De Benedetti
Se Molinari sposterà la Repubblica verso il centro, se la farà più “atlantica” e più filo-israeliana, meno laica e meno attenta allo “Stato sociale”, in Italia si aprirà uno spazio, per un giornale di sinistra. Ieri Carlo De Benedetti, 86 anni, ex proprietario del giornale, ha detto che ci sta pensando. Ha dichiarato al Foglio: “Penso che John Elkann voglia modificare la natura di Repubblica. La portano più a destra. Credo sia in animo uno snaturamento sostanziale del filone culturale che è stato all’origine del giornale. Quella ‘certa idea dell’Italia’ che Repubblica ha interpretato con grande dignità negli ultimi quarantacinque anni. Per questo penso che ci siano buone ragioni culturali, politiche e persino un grande spazio editoriale per un nuovo quotidiano”.
(nella foto, John Elkann, Massimo Giannini, Maurizio Molinari)