di FABRIZIO PALADINI
La guerra è stata dichiarata unilateralmente da Jair Bolsonaro. E’ la guerra contro i giornalisti brasiliani accusati di mentire, guarda tu, quando vengono raccontate le malefatte dei suoi esuberanti figli, le sue responsabilità nella terribile stagione di incendi della foresta amazzonica, delle connessioni con il potere militare, delle menzogne sull’epidemia del Covid 19, delle irregolarità amministrative nella propria campagna elettorale. E siccome tutti i regimi con stivaloni e passo dell’oca hanno sempre colpito la libera informazione – e quasi tutti i Paesi del continente latinoamericano ne sanno qualcosa – la paura che la repressione aumenti dando mano libera a milizie paragovernative è notevole.
I suoi attacchi sono ormai quasi merce quotidiana. Con la stessa disinvoltura Bolsonaro ha attaccato con frasi sessiste la reporter Patricia Campos Mello della Folha de San Paulo e ha poi recentemente bollato i giornalisti come “una razza in via d’estinzione”. A un altro collega che gli chiedeva del prodigioso arricchimento di suo figlio Flavio rispondeva in tv: “Tu hai una faccia da omosessuale terribile, ma non per questo ti accuso di essere omosessuale”.
Non più tardi di ieri Bolsonaro ha accusato la Folha de San Paulo, (1,5 milioni di copie di tiratura, il quotidiano più diffuso dell’America Latina) di “divulgare menzogne”. Per il Presidente brasiliano è falsa la notizia pubblicata dal giornale di San Paolo secondo cui il capo della polizia federale di Rio de Janeiro, Carlos Enrique Oliveira, sarebbe stato rimosso – lui dice che è stato “promosso” – appena incaricato di indagare sugli illeciti commessi dai figli di Bolsonaro (uno di questi, Flavio, è accusato di essersi appropriato di fondi pubblici con l’aiuto di una vera e propria organizzazione criminale).
Ma quello che ha fatto più rumore nei giorni scorsi è stato il discorso che il professor Felipe Boff ha fatto ai suoi studenti laureandi in Giornalismo presso l’università UNISINOS (Universidade do Vale do Rio dos Sinos), una università privata dei Gesuiti che ospita circa 30mila studenti nello stato del Rio Grande do Sul, che ha per capitale Porto Alegre.
Dopo il suo discorso (interrotto più volte da un gruppo organizzato), Boff è stato oggetto di durissimi attacchi tanto che la Fenaj (Federazione Nazionale dei Giornalisti), il Sindjors (il sindacato dei giornalisti professionisti) e il rettore della Unisinos hanno manifestato solidarietà al professore e sottolineato la difesa della libertà di parola.
Ecco il testo del suo discorso, tradotto da Fabrizio Bianchi e pubblicato in Italia da Serendipity (www.serendipityperiodical.it), un periodico accademico on line su cui scrivono laureati e studenti che collaborano con i professori dei corsi magistrali di Lingue della Sapienza di Roma.
“La stampa brasiliana vive i suoi giorni più difficili dalla dittatura militare.
Tra il 1964 e il 1985, i giornalisti vennero censurati, perseguitati, arrestati, torturati e anche assassinati, come Vladimir Herzog. Oggi, veniamo insultati in rete e per le strade; perseguitati da milizie virtuali e reali; limitati e non rispettati dalle autorità che si sentono disobbligate a render conto alla società.
una lista di nemici
Tutti sanno, anche quelli che non seguono le notizie, chi è il principale propagatore di questa minaccia crescente verso la libertà di stampa. È lo stesso che considera nemici scienziati, professori, artisti, ambientalisti, come si vede, siamo ben accompagnati.
L’anno scorso, secondo le statistiche della Federação Nacional dos Jornalistas, il presidente della República attaccò la stampa 116 volte, con post via rete sociale, dichiarazioni e interviste. Un attacco ogni 3 giorni.
Volete degli esempi? “É só você fazer cocô dia sim, dia não.” “Você está falando da tua mãe?” “Você tem uma cara de homossexual terrível.” “Pergunta pra tua mãe o comprovante que ela deu para o teu pai.”
È in questa forma, chula e a trabocchetto che il presidente della República, la maggiore autorità del paese, risponde spesso ai giornalisti.
I suoi giuramenti tentano di distogliere l’attenzione dalle risposte che lui ancora deve dare alla società.
Nei casi citati, la spiegazione riguardo il passo indietro nella preservazione ambientale del paese, riguardo i versamenti dell’ex-assessore Fabrício Queiros nel conto bancario dell’attuale “primeira-dama” (la moglie del Presidente ndt), circa la modalità di spartizione dei salari (rachadinha ndt) nell’ufficio del figlio oggi senatore, riguardo il coinvolgimento della famiglia presidenziale con i miliziani.
Il presidente delle “Fake News” colpisce la stampa ogni volta che questa riferisce di un fatto negativo nei suoi confronti e del governo. È lo stesso che ha fatto 608 dichiarazioni false o distorte, quasi due al giorno.
Volete degli esempi? “O Brasil é o país que mais preserva o meio ambiente no mundo.” “Leonardo Di Caprio tá dando dinheiro pra tacar fogo na Amazônia.” “O Brasil é o país que menos usa agrotóxicos.” “Falar que se passa fome no Brasil é uma grande mentira.” “Nunca teve ditadura no Brasil.”
risultati insignificanti
Nel 2020, dopo aver completato un anno di mandato con risultati insignificanti a livello economico e disastrosi nell’educazione, nella cultura, nella salute e nell’assistenza sanitaria, il presidente non si è arreso.
Ha raddoppiato gli attacchi nei confronti della stampa, ha applicato un doppio significato all’espressione giornalistica “furo” (scoop) per calunniare la reporter che denunciò la manipolazione massiva di Whatsapp in campagna elettorale. Ha attaccato un’altra giornalista, mentendo spudoratamente, per negare la rivelazione di aver condiviso video insufflando manifestazioni contro il congresso e STF, il Supremo Tribunal Federal.
E continua a favorire il boicottaggio dei mezzi d’informazione, con eccezione di coloro che approfittano dell’occasione per vendere asservimento e silenzi strategici. Ai mezzi che non si piegano al suo dispotismo, il presidente della República propina personalmente dirette ritorsioni finanziarie, tensione riguardo gli inserzionisti e diffamazione dei suoi operatori.
Prassi, in ogni caso, fortunata di stratagemmi sordidi per tentare di soffocare il giornalismo e alienare la popolazione dai fatti. E non si preoccupa nemmeno di mascherare le sue intenzioni.
Volete un ultimo esempio?
Dichiarazione del 6 gennaio di quest’anno, fatta dal presidente ai giornalisti “Vocês são uma raça em extinção”.
No, presidente, non siamo una razza in via d’estinzione. Al contrario. Siamo una razza ogni giorno più forte, più unita, più coraggiosa , più cosciente. Basti guardare questi nuovi 21 giornalisti che si stanno laureando oggi. Basti leggere slogan sulle loro magliette: “Não existe democracia sem jornalismo”.
Questo è il messaggio da sottolineare questa sera: quando tenta di zittire e denigrare la stampa, l’attuale presidente della República non minaccia solamente il giornalismo e i giornalisti. Minaccia la democrazia, l’arte, la scienza, l’educazione, la natura, la libertà, il pensiero. Minaccia tutti, persino quelli che oggi appena lo applaudono – questi, che cercano di smettere di battere le mani per vedere cosa succede.
Per chiudere, mi piacerebbe citare l’esempio e le parole del grande scrittore e giornalista argentino Rodolfo Wlash. Precursore del reportage letterario e investigativo e impavida voce contro l’autoritarismo e il terrorismo dello stato, Walsh pregava che “ o il giornalismo è libero, o è una farsa, senza mezzi termini”.
Diceva anche che “ un intellettuale che non comprende quello che succede nel suo tempo e nel suo paese è una contraddizione ambulante; e quello che comprende e non agisce, avrà luogo nell’antologia del pianto, non nella storia viva della sua terra”.
Rodolfo Walsh venne sequestrato e assassinato dalla dittatura argentina il 25 marzo del 1977, pubblicherà coraggiosamente una “carta aberta à junta militar” denunciando i crimini del sanguinario regime, che al tempo completava appena il suo primo anno.
Queste furono le ultime parole che Walsh scrisse “Sem esperança de ser escutado, com a certeza de ser perseguido, mas fiel ao compromisso que assumi, há muito tempo, de dar testemunho em momentos difíceis”. ( senza speranza di essere ascoltato, con la certezza di essere perseguitato, ma fedele all’impegno che ho assunto, c’è molto tempo, per testimoniare nei momenti difficili ndt).
Giornalisti, questo è il nostro impegno. Non permetteremmo che la tirannia ci zittisca ancora una volta”.
(nella foto, Jair Bolsonaro, secondo da sinistra, con i figli (da sinistra Flavio, Carlos ed Eduardo)