di VITTORIO ROIDI
I giornalisti Rai vogliono voltare pagina e raccontare in modo diverso la politica. E’ scritto e spiegato in un documento approvato dal sindacato Usigrai e dai Comitati di redazione. Un testo importante, uscito da un lungo lavoro di analisi. E’ difficile dire cosa ora seguirà: la parola passa all’azienda e ai direttori di testata. Certo, le 9 regole che il sindacato vuole far adottare all’azienda non potranno restare lettera morta. Per ora il documento è stato inviato ai direttori delle testare Rai.
Una presa di coscienza, perché così non si può andare avanti, hanno detto i giornalisti. Il documento è un atto di accusa, contro un modo di lavorare stereotipato, un racconto della politica basato sulla quantità anziché sulla qualità, sul numero delle dichiarazioni misurate col cronometro, su un pluralismo di facciata, privo dell’intermediazione dei giornalisti, in cui la professione risulta umiliata. “Una sequenza di dichiarazioni, spesso raccolte da operatori di ripresa (principalmente in appalto), senza giornalista, per assicurare solo una parità quantitativa delle presenze politiche”: così viene descritta in sintesi da Usigrai la rappresentazione della politica nei tg Rai. “In sostanza, siamo sempre più nell’era del panino – ovvero formula governo/opposizione/maggioranza – con tutti gli ingredienti con peso uguale. Esistono tutti gli strumenti per ribaltare lo schema fin qui adottato. A partire da una regola primaria: sono i giornalisti che dettano l’agenda ai politici, sulla base delle esigenze informative. E non il contrario. Non i politici che decidono su quali temi dichiarare, dettando i sommari di tg e gr. Conseguenza di questa, è l’assoluta necessità di tornare a fare domande. Pertanto, non si raccolgono dichiarazioni, si intervistano soggetti utili al racconto delle notizie del giorno, si sceglie chi intervistare e su cosa affinché sia funzionale al racconto. Per lo stesso motivo è evidente che non esiste alcun motivo per utilizzare dichiarazioni ottenute senza intermediazione giornalistica, comprese le dirette social. Queste ultime sono utili solo se contengono notizie imprescindibili ad un racconto completo e di attualità”.
La Rai ha obblighi che si basano sul contratto di servizio pubblico e che non possono essere disattesi. I giornalisti lo sanno bene. Ma ci può essere un diverso modo di interpretare questi doveri. Il pluralismo va rispettato in maniera rigorosa nel suo significato originario, quello di una completa rappresentazione dei fatti per favorire “il diritto del cittadino a una corretta informazione e alla formazione di una propria opinione”. Quello che viene deciso e offerto al dibattito non è “un regolamento prescrittivo né coercitivo, è piuttosto una Carta di impegno messa a disposizione delle giornaliste e dei giornalisti della Rai come strumento di lavoro, ripartendo dai valori”, che devono guidare la professione, alla Rai come altrove.
Così l’Usigrai, guidata da Vittorio Di Trapani, giunge alla formulazione di alcuni principi, ai quali chiede che la cronaca dei fatti politici in futuro sia ispirata. Eccoli:
1-Nell’esercizio del suo lavoro, il giornalista della Rai risponde esclusivamente ai principi e ai valori della legge sulla radiotelevisione, della Legge Professionale, del Contratto di Servizio, del Cnlg, del Contratto integrativo Rai-Usigrai, dellaCarta dei diritti e dei doveri del giornalista radiotelevisivo;
2-Il pluralismo va rispettato in maniera rigorosa nel suo significato originario: completa rappresentazione dei fatti per favorire “il diritto del cittadino a una corretta informazione e alla formazione di una propria opinione”;
3-Il racconto della politica deve originare da valutazioni autonome della direzione e della redazione su tematiche, contenuti e soggetti e oggetti delle dichiarazioni;
4-La scelta dei politici da intervistare e dei temi sui quali intervistarli deve rispondere alle esigenze editoriali della testata, e pertanto totalmente autonome nella sua individuazione;
5-I sonori devono essere raccolti sempre da un giornalista e in occasioni nelle quali è consentito porre delle domande. Tutti le dichiarazioni ottenute in altra forma possono essere riassunte nel proprio testo dal giornalista. Il loro utilizzo è ammesso solo come pratica assolutamente residuale e in casi assolutamente eccezionali nei quali in maniera manifesta non era possibile procedere diversamente;
6-Il sonoro autoprodotto dal politico ha come finalità la disintermediazione e pertanto, di massima, non va utilizzato, se non per sintesi. Il suo utilizzo deve essere una pratica assolutamente residuale e legata a casi assolutamente eccezionalinei quali è evidentemente impossibile fare diversamente, e solo se imprescindibile alla gerarchie delle notizie decise dalla testata;
7-Le dirette social vanno trattate al pari di comizi, e pertanto soggette all’intermediazione del giornalista. In questi casi, l’utilizzo di stralci sonori è limitato ai casi strettamente necessari;
8-Abbandonare conferenze stampa nelle quali è impedito porre domande non può essere contestato dall’azienda in sede disciplinare;
9-Il giornalista non è tenuto a riportare dichiarazioni espressioni di linguaggi d’odio, sessisti o discriminatori”.
Cosa avverrà? I rappresentanti sindacali scrivono che “in tutte le occasioni in cui al giornalista viene chiesto un comportamento difforme da queste indicazioni, l’Usigrai rileva la legittimità del ritiro della firma ex art.24 del Contratto integrativo Rai-Usigrai”. Inoltre, nei casi in cui al giornalista dovesse essere contestato –anche informalmente –un comportamento adottato in linea con queste indicazioni, l’Usigrai valuterà una risposta collettiva da attuare con lo sciopero delle firme.
Comincia un confronto con l’Azienda, ma la strada è segnata. Sarà battaglia? I giornalisti appaiono determinati d applicare le nuove regole, anche a costo di mettere in campo strumenti di protesta. Nulla sarà facile, ma forse è l’avvio di un’era nuova nella più grande impresa di comunicazione del nostro paese.
(nella foto, Nicola Zingaretti, segretario Pd, parla ai microfoni)