di GREGORIO CATALANO
Credo che la vicenda di Repubblica e della Stampa meriti qualche ulteriore riflessione sulla miseria della nostra professione.
Intanto è incomprensibile come il sindacato interno, di fronte al grave rifiuto del direttore Molinari di pubblicare il primo comunicato sul caso del prestito a Fca, non abbia proclamato subito uno sciopero, rinviando tutto all’assemblea del giorno dopo. La mia impressione è che lo scontro col direttore non sia stato rimandato, ma evitato per mancanza di coraggio morale e professionale.
Diciamolo, l’articolo del capo dell’economico di Repubblica è anche un po’ ingenuo: sarebbe buona regola, si fa per dire, affidare ad un’intervista una posizione del giornale “schienata” di fronte alla proprietà. Un Matteo Renzi l’avrebbe certamente fatta subito, preso com’è dalla voglia di apparire.
Ma peggio ha fatto il direttore della Stampa (a proposito, che dicono i colleghi di Torino?) che dopo aver denunciato per anni i conflitti d’interesse di Berlusconi, si è scagliato contro il povero Orlando, reo di aver sollevato legittimi dubbi sull’operazione Fca.
La faccio breve. In tempi diversi non avrebbe prevalso il calcolo, la preoccupazione di una redazione che ha visto succedersi tre direttori in pochi mesi e nella quale evidentemente prevale la voglia di sopravvivere in tempi difficili per tutti. Segnalo che gli unici ad andarsene dopo la svolta a destra (sì a destra) di Repubblica sono e saranno alcuni collaboratori di prestigio. Le voci critiche interne, che finora non si sono manifestate e credo non si manifesteranno, sono coperte e allineate. Il giornalismo è cambiato davvero, ma in peggio.