L’assemblea di Repubblica si avvicina allo scontro con Maurizio Molinari, ma poi lo evita. Il 17 maggio il nuovo direttore si è rifiutato di pubblicare un comunicato del cdr critico su come il giornale ha trattato il caso del prestito di 6,3 miliardi alla Fca e il cdr ha minacciato le dimissioni. Il pomeriggio del giorno 18 l’assemblea (in via telematica) è durata oltre cinque ore, ha consumato molte fratture e alla fine ha votato un comunicato che parla di “cautela” e “attenzione” su temi che riguardano l’editore, ribadisce le caratteristiche di Repubblica così come le stabilì il fondatore Eugenio Scalfari, respinge gli attacchi esterni al giornale. Nessuna polemica diretta con Molinari. Il cdr (Marco Patucchi, Giovanna Vitale, Carmine Saviano, Dario Del Porto e Marco Contini), come annunciato, si è dimesso. Per lo schiaffo subito dal direttore, per la conclusione dell’assemblea.
Dice il comunicato pubblicato il 19 maggio, di diverso tenore da quello scritto dal cdr due giorni prima: “I giornalisti di Repubblica, riuniti in assemblea a seguito dei servizi pubblicati sul caso Fca, ritengono che occorra la massima cautela e un surplus di attenzione quando si trattano argomenti che incrociano gli interessi economici dell’azionista. Il patto che il nostro giornale ha stretto 44 anni fa con i suoi lettori è quello dichiarato dal fondatore Eugenio Scalfari nel suo primo editoriale del 1976: ‘Repubblica è un giornale indipendente ma non neutrale’. Che significa libero da qualsiasi influenza che non sia garantire una informazione di qualità, autonomo nella lettura di ciò che accade in Italia e nel mondo, con una precisa collocazione politica. Valori in cui la Redazione si riconosce ancora oggi e che continuerà a difendere da qualsivoglia ingerenza, interna ed esterna.
L’assemblea respinge infine gli attacchi, spesso interessati, che tentano di attribuire al giornale, in questa nuova fase, manovre politiche di parte, legate agli interessi dell’editore, e respinge il tentativo di accreditare uno snaturamento dell’identità democratica e progressista della testata.
Per queste ragioni l’assemblea dei giornalisti si impegna a vigilare sull’autonomia e l’indipendenza di Repubblica”.
Molinari, che è intervenuto in assemblea, al momento può sentirsi un po’ più saldo in sella. Ai colleghi ha spiegato che l’analisi del giornale -cioè il fatto che il prestito Fiat costituisce “una formula che aiuterà migliaia di altre imprese”- era un retroscena su quel che si ritiene a Palazzo Chigi. E che il comunicato del cdr non era pubblicabile, in quanto non trattava argomenti sindacali.
L’ordine del giorno dell’assemblea prevedeva due punti: ricadute del caso Fca, ex Fiat, sul prestito da 6,3 miliardi da parte di Intesa San Paolo con garanzia Sace, società controllata dalla Cassa Depositi e Prestiti. E dimissioni del cdr, dopo il rifiuto del direttore Maurizio Molinari a pubblicare il comunicato sul caso, in contrasto col diritto previsto dal contratto di lavoro, all’articolo 34.
Repubblica di domenica 17 maggio aveva dedicato un richiamo in prima e l’intera pagina 26 alla vicenda, con due pezzi, uno di Paolo Griseri nel quale si spiegava che il prestito andrà a beneficio del lavoro in Italia e uno del caporedattore Economia e finanza, Francesco Manacorda, intitolato “Una formula innovativa che aiuterà migliaia di imprese”. Qui si raccontava che Fca fa un quarto del suo fatturato in Italia, che “paga in Italia tutte le tasse sulla attività nel nostro Paese”, che il settore automotive assicura il 6 per cento del Pil nazionale e il 7 per cento dell’occupazione.
Il sindacato interno dei giornalisti ritiene che si tratti di una copertura dell’evento squilibrata a favore dell’azienda controllata dal principale azionista del giornale, la Exor di John Elkann. Chiede di pubblicare un comunicato sul giornale. Molinari rifiuta.
L’insediamento del nuovo direttore in poco più di un mese ha già vissuto vari momenti difficili con la redazione. Sciopero quando il predecessore Verdelli è stato sostituito proprio nel giorno (23 aprile) in cui, secondo i gruppi neonazisti che lo minacciavano, sarebbe dovuto morire. Polemica sull’istituzione del premio per il miglior giornalista della settimana con 600 euro in palio. Esodo, per solidarietà con Verdelli e per i mutamenti avvenuti nei contenuti del giornale, di alcuni collaboratori come Gad Lerner, Enrico Deaglio, Pino Corrias. Clamore per la decisione di Molinari di scrivere un fondo ogni domenica sotto quello del Fondatore Eugenio Scalfari.
(nella foto, John Elkann, con i giornali di proprietà)