Il carcere per i giornalisti: forse siamo vicini alla scomparsa di questo insulto alla libertà di stampa che ancora resta nel nostro ordinamento giuridico. Si avvicina una data importante. Il 9 giugno la Corte Costituzionale deciderà: sull’articolo 595 del codice penale che prevede la detenzione per il giornalista condannato per diffamazione aggravata a mezzo stampa; nonché sull’articolo 13 della legge sulla stampa (detenzione fino a sei anni se il reato è aggravato da fatto determinato).
Durante l’udienza pubblica convocata dalla presidente Marta Cartabia, la Corte prenderà in esame il ricorso di incostituzionalità sollevato dal Tribunale di Salerno durante il processo contro due giornalisti (Pasquale Napolitano e Antonio Sasso), accanto ai quali saranno schierati non solo gli avvocati ma anche il Sindacato unitario dei giornalisti della Campania e l’Ordine nazionale. Sarà un “udienza televisiva”, grazie all’istanza presentata dall’avvocato dell’Ordine dei giornalisti, durante la quale verrà esaminata anche un’ordinanza del Tribunale di Bari.
Si spera che questa volta la Corte spazzi via gli articoli che prevedono il carcere, antico residuo del codice Rocco. Ma ci sono delle preoccupazioni, che nascono da una memoria difensiva depositata alla Consulta il 31 marzo, in cui l’Avvocatura generale dello Stato sostiene la legittimità del carcere per i giornalisti. Ci si domanda se questa sia la posizione del Governo e delle istituzioni, che più volte si sono mosse, al contrario, affinché il carcere fosse definitivamente cancellato.
Intanto, su un altro fronte, il Consiglio d’Europa ha chiesto che il Governo italiano chiarisca la propria posizione. Infatti, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha osservato che l’Italia ha violato l’art. 10 della Convenzione dei diritti dell’uomo, ad esempio in occasione delle sentenze contro Maurizio Belpietro e contro Alessandro Sallusti.
Nei giorni scorsi il Sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Andrea Martella, ha ribadito che il carcere per i giornalisti va abilito. Durante un incontro con la Federazione della Stampa ha detto che “la dichiarazione di incostituzionalità da parte della Corte sarebbe un atto di civiltà” per il nostro Paese.
Professione reporter
(nella foto, Marta Cartabia, al centro. A sinistra Donatella Stasio, responsabile della comunicazione della Corte Costituzionale)
DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA.
Il carcere è eccessivo, un retaggio fascista da abolire e una misura anticostituzionale in base all’art 21 sulla libertà di stampa. Basterebbero provvedimenti disciplinari seri e applicati veramente subito in base al Codice Deontologico dei Giornalisti, tipo radiazione o sospensione dell’attività per un tot periodo, che è quello che fa più male. Sulle richieste di risarcimento chi denuncia (solitamente politici e imprenditori) invece ci marciano e le fanno comunque anche gonfiate pure pur di mettere a tacere il giornalista, per intimidirlo o per metterlo
in condizione di non scrivere, più non potendo questi pagare. Gli editori che poi sono costretti al risarcimento premono per far scrivere di meno o mandare via il
giornalista. E qui si entra nel campo dei rapporti sindacali tra editori e giornalisti
grazie aldo