Un giornale, come una piccola luce. Questa è una storia dell’estate 2020. Comincia con un incidente stradale, diciotto anni fa, un ragazzo di 15 anni perde la vita. Gli amministratori cittadini decidono di offrire una consolazione, un ricordo per sempre alla mamma e al papà. Viene intitolato un giardino al figlio.
La politica è presente nei giorni del clamore.
E poi dimentica tutto.
Il parco, man mano, diventa una sterpaglia, carte sporche e bottiglie di plastica. Per la madre, nuovo dolore.
Il sogno dei ponti
Il ragazzo si chiamava Riccardo Cino. Abitava nel quartiere Laurentino di Roma. Dal 1989, un anno prima che Riccardo nascesse, i genitori gestiscono un bar sul primo Ponte, vicino agli uffici del Municipio 9. Il Laurentino fu costruito in quell’epoca, una decina di ponti dovevano collegare abitazioni, zone commerciali, verde. Come molti progetti per la periferia, le buone intenzioni non vennero realizzate, i ponti furono occupati, emblema di degrado.
Quando Riccardo muore, il sindaco è Walter Veltroni. Il Comune decide di intitolare a Riccardo il giardino vicino al parcheggio davanti all’aula consiliare del Municipio. Area verde attrezzata con panchine e giochi per bambini. Con la targa e le date della breve vita di Riccardo (1987-2002).
Da qualche tempo il nome sulla targa è coperto da una busta di plastica nera. Intorno, erba alta due metri, spazzatura e bottiglie di vetro.
La mamma di Riccardo, Rosaria, è stata lei a coprire la targa: “Finché resta in quelle condizioni, il nome di mio figlio lì non ce lo lascio». L’area è stata abbandonata. Eppure si tratta dell’ingresso del Municipio ed è sotto la competenza del Dipartimento tutela ambientale del Campidoglio, in quanto giardino attrezzato di quartiere. Il papà di Riccardo, Charlie, ha provato anche a pulire l’area da solo, con dei volontari: non gli è stato permesso per motivi di sicurezza. Ma allora chi lo fa? L’ultima pulizia risale al 2018, quando il Campidoglio fece intervenire una cooperativa di detenuti. Poi non si è visto più nessuno.
Leggo, il giornale gratuito del gruppo Caltagirone, il 15 luglio, racconta la vicenda, con un articolo di Lorena Loiacono. Una piccola storia di una zona popolare e periferica, dove i cronisti dei grandi quotidiani si spingono di rado.
C’è un po’ di movimento, soprattutto di chi vuole attaccare il sindaco Raggi. Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, dice che ci penseranno loro a ripulire il Parco. Salvini, leader della Lega, invita Beppe Grillo al Municipio 9, “a vedere come la Raggi governa la Capitale”. Il direttore di Leggo, Davide Desario, scrive che Virginia Raggi dovrebbe chiedere scusa ai genitori di Riccardo.
periferia non fa notizia
E’ finita da tempo l’epoca in cui gli amministratori pubblici tenevano conto delle denunce dei giornali. E cercavano di rimediare. Inoltre, in una città con le strade che sembrano bombardate, il traffico lasciato a se stesso nell’assenza di vigili urbani, la spazzatura raccolta quando capita, cosa può contare un piccolo parco in un quartiere lontano dal centro, intitolato a un povero ragazzo morto diciotto anni fa?
Invece, due giorni dopo l’articolo di Leggo, qualcosa accade. Una squadra inviata dal Comune di Roma di Roma arriva e pulisce il parco Cino. Tre persone al lavoro per due giorni.
Il giorno dopo -è sempre Leggo ad accorgersene- le altalene vengono tolte e i pali vengono chiusi fra i nastri di Roma capitale. Insomma, Roma capitale si avvede che i giochi sono poco sicuri solo dopo averli liberati dalle sterpaglie.
Le prossime puntate sono un giallo.
Professione Reporter
(nella foto, la targa oscurata al Parco Riccardo Cino)