Se un giornalista vuole il testo di un‘ordinanza di custodia cautelare, di una perizia, di una sentenza, tutti atti non coperti da segreto, deve ottenere il permesso del Procuratore Capo. Ci sono atti rilasciabili e atti non rilasciabili. Inoltre, quando il giornalista formula la richiesta al Procuratore Capo deve avere l’autorizzazione, la firma, del direttore responsabile del suo giornale. 

Questi sono i punti principali delle nuove disposizioni emanate dal Procuratore Capo di Potenza, Francesco Curcio, che  vuole limitare drasticamente la richiesta (e l’ottenimento) di atti giudiziari da parte dei giornalisti. E vuole che sia avocata a sé ogni decisione nel merito. Disposizioni che limitano la libertà di azione dei giornalisti, necessaria per la trasparenza e il controllo dei poteri. Da Potenza questa idea potrebbe allargarsi ad altre Procure d’Italia.  

Ancora però il provvedimento non è entrato in vigore. Su ogni cambiamento sostanziale dell’organizzazione di un ufficio giudiziario, occorre l’avallo del Consiglio superiore della magistratura. E invece il plenum Csm del 7 ottobre chiede che la proposta non venga approvata senza un dibattito. E il plenum del 14 ottobre, dopo breve dibattito, rinvia tutto alla sua commissione competente, per un nuovo esame. 

notevoli perplessita’

A far riflettere e ripensare i membri del Csm in particolare è stato l’intervento del magistrato palermitano Antonino Di Matteo, che ha indagato sulle uccisioni di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino, di Rocco Chinnici e sulla trattativa Stato-mafia. Nello scorso maggio ha accusato il ministro della Giustizia Bonafede di avergli negato, due anni fa, una promozione dopo le lamentele di alcuni boss mafiosi. Dal 1993 vive sotto scorta.

La nota del Procuratore Curcio è del 26 maggio 2020. Oggetto: il rilascio di copia di atti del procedimento penale agli organi di informazione, criteri, casi e modalità. Già il 7 ottobre il consigliere del Csm Di Matteo solleva perplessità, parla del rischio di “alimentare la sostanziale elusione della norma dell’articolo 116 del Codice di Procedura Penale che stabilisce chi sono i legittimati e quali siano i requisiti di legittimazione per ottenere il rilascio di copie, estratti e certificati”. Una settimana più tardi Di Matteo ha occasione di esplicitare le ragioni delle sue perplessità. Innanzitutto ricorda cosa stabilisce l’articolo 116 del Codice di Procedura Penale: “Durante il procedimento e dopo la sua definizione, chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie, estratti o certificati di singoli atti. Sulla richiesta provvede il pubblico ministero o il giudice che procede al momento della presentazione della domanda ovvero, dopo la definizione del procedimento, il presidente del collegio o il giudice che ha emesso il provvedimento di archiviazione”. Non c’entra, quindi, il procuratore della Repubblica: “Perché -spiega Di Matteo- potrebbero per esempio esserci motivi relativi alla sussistenza di indagini ulteriori in corso o chissà quale altra motivazione che però deve essere valutata proprio da chi conosce il procedimento perché lo ha trattato”. 

dalla parte dei freelance

Il procuratore di Potenza invece si sarebbe attribuito in maniera esclusiva “la competenza a decidere sul rilascio di una copia di un atto chiesta da un giornalista”. Ma questo “è solo il primo profilo, che però non è il solo e forse non è nemmeno il più grave. Qui noi stiamo parlando – dice Di Matteo – di un rilascio che può addirittura riguardare la copia di un atto di un processo già concluso con sentenza passata in giudicato, o comunque può riguardare atti che non sono più relativi alla fase delle indagini preliminari”. Inoltre, “addirittura nel provvedimento del procuratore di Potenza si dice che potranno essere accolte le richieste che provengono dal giornalista delegato dal suo direttore di testata, non dal giornalista stesso”. Quindi, “per ottenere, ad esempio, la copia di un decreto di perquisizione o di sequestro, ovviamente in riferimento ad atti non più coperti dal segreto, da consultare o tenere in copia, il giornalista deve avere una delega”. Di Matteo si domanda: “Cosa potrebbero fare per ottenere il rilascio di una copia di un atto processuale i giornalisti free lance?”.  

C’è un altro dato che appare “ugualmente censurabile”. Di Matteo: “Il provvedimento del procuratore di Potenza nello stabilire quali atti si possono rilasciare e quali no commette, secondo me, un clamoroso errore. L’articolo 116 fa riferimento al fatto che chiunque vi abbia interesse può richiedere un atto”, dunque senza una valutazione in concreto e relativa al singolo atto: “Il procuratore di Potenza invece nel suo provvedimento fa una catalogazione tra gli atti potenzialmente rilasciabili e quelli non potenzialmente rilasciabili. Non c’è una tipologia di atti che è sempre rilasciabile, e una tipologia di atti che mai possa giustificare un legittimo interesse del giornalista ad averne copia”. 

Alla fine Di Matteo chiede che la commissione torni a interrogarsi sugli aspetti illustrati. Il vice presidente del Csm David Ermini mette ai voti la richiesta di ritorno in commissione: approvata all’unanimità.

La partita segna un punto a favore dei diritti della stampa. Ma non è chiusa.

Professione Reporter

(nella foto Antonino Di Matteo, con la sua scorta)

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