di VITTORIO ROIDI
In una lettera a Professione Reporter, Vanni Zagnoli, un collega free lance, lamenta che alcuni giornalisti (cita Giuseppe Cruciani di Radio 24) si lasciano andare ad un linguaggio molto crudo e esplicito, soprattutto su temi sessuali, senza che nulla accada, mentre ad altri ciò non sarebbe consentito. Per questo sembra invocare norme, per non dire sanzioni, che garantiscano uguali condizioni di lavoro e di trattamento da parte degli editori. Una questione in cui non entro, perché dovrebbe essere risolta attraverso il buon gusto e la serietà professionale, anziché approvando norme che finirebbero per limitare la libertà di parola.
Né dibattito Nè analisi
Colpisce però che dei problemi della categoria non si parli neppure ora che -salvo rinvii per motivi di sicurezza- sono alle porte (fra una ventina di giorni) le elezioni all’Ordine dei giornalisti. Non c’è dibattito, non c’è analisi, né fra gli iscritti né all’esterno del nostro mondo. Si dirà che esistono cose più gravi alle quali pensare. Invece non è così. Da una parte perché la sciagura dell’epidemia, che sta incidendo tra l’altro anche sul lavoro delle redazioni, sarà presto oltrepassata e speriamo ridotta a un brutto ricordo, sia perché i problemi del giornalismo sono tanti e andrebbero affrontati, magari con una certa dose di lungimiranza e di coraggio.
C’è solo da scegliere: crisi delle aziende, cassa integrazione, disoccupazione e sostanziale blocco delle assunzioni; precariato e sfruttamento dei lavoratori autonomi; minacce e insulti ai giornalisti alcuni dei quali costretti a girare con la scorta; istituto di previdenza in difficoltà, giacché diminuiscono i contributi e aumentano i pensionati. Questioni che coinvolgono soprattutto il sindacato, ma che si possono mettere accanto a quelle che riguardano più esplicitamente l’organismo professionale: difficile accesso agli Albi dei professionisti e dei pubblicisti; mancata applicazione di molte norme deontologiche, anche dopo l’introduzione dei Consigli di disciplina; “vetustà” dell’esame di Stato a fronte delle nuove tecniche digitali, che offrono interessanti esperimenti di diffusione delle notizie. Per non parlare dell’indebolimento delle redazioni e del dilagare degli “autonomi”, molti dei quali non protetti e malpagati.
informazione professionale
Con la mascherina o senza mascherina non si vedono discussioni, né in pubblico né in privato. I giornali non parlano neppure dei propri guai. A metà novembre, in tutta Italia, si dovrebbe andare alle urne con liste decise chissà dove e da chissà chi (secondo la legge chiunque può essere eletto) che presenteranno anche persone prive di esperienza e di programmi.
Questa è la democrazia. Ma è tempo che i giornalisti si sveglino di fronte ai cambiamenti frenetici della tecnologia e al pericolo che l’onda delle fake news abbrutisca la sensibilità dei cittadini. L’informazione professionale è importante per la democrazia, mentre il chiacchiericcio dei social non garantisce notizie corrette indispensabili alla collettività. Le elezioni dell’Ordine possono essere sempre un momento di crescita. C’è tanto di cui discutere anche se – lo dico al collega Zagnoli – il dibattito sui temi della privacy e del sesso lo potremo rinviare, visto che noi italiani per fortuna non abbiamo l’impressionante numero di giornali sguaiati e smodati, che avviliscono e screditano il celebre giornalismo anglosassone.