Essere un giornalista oggi in Italia è molto difficile Si tratta di una professione devastata da una crisi senza fine e minata da alcune mancanze molto gravi all’interno del sistema. Il giornalista italiano oggi guadagna molto poco, lavorando un numero di ore abnorme, in un’industria che sta completamente fallendo il rinnovamento e il cambiamento dei modelli con cui si propongono nuovi media. I motivi della crisi sono molti: culturali, finanziari, politici, tecnici. Concentrando l’attenzione sulla preparazione del giornalista, però, continua a saltarmi agli occhi un pensiero. Si tratta di una specie di bug, di falla nel sistema di preparazione e formazione dei professionisti di questo mestiere.
I percorsi attraverso i quali si diventa giornalista sono caratterizzati dalla completa assenza di possibilità di imparare l’economia, il management, la gestione di un business e tutti quegli elementi che possono far migliorare la condizione professionale. Ne ho già parlato in questo articolo e in uno precedente. Si tratta di un tema che ritorna perché è uno dei modi in cui, personalmente, ho abbattuto e ricostruito completamente la mia figura di giornalista. Sapere di business, di gestione delle risorse, di marketing, di vendita e di controllo di gestione è determinante per cambiare il proprio modello di lavoro e renderlo redditizio. Il giornalista italiano di oggi, però, non riesce a tirarsi fuori dal gorgo delle routine cui he abituato da decenni e non ha alcuno strumento per formarsi.
“fammi 30 righe”
Per il giornalista sapere di business vuol dire avere la possibilità di calare le sue dinamiche di lavoro e di produzione del contenuto nella realtà nuova dell’ecosistema dei media. Invece è ancora stritolato dalle redazioni e dai capi che telefonano dicendo: “Fammi 30 righe”. Se un giovane vuol fare una scuola di giornalismo, appena apre la porta di quelle aule si accorge che qualcosa non torna. Quello che trova, infatti, è una formazione accademica da quotidiano degli anni ’90 o da radio-televisione modello infotainement. Niente sul freelancing, niente sull’auto imprenditorialità del giornalista, niente sulla vendita del contenuto. Il vuoto sul personal branding, sulla proposizione della propria professionalità al mercato, sulla creazione di nuovi prodotti. Niente: il giornalista è quello che fa il pezzo, poi un altro, poi un altro, poi un altro. Una specie di cottimista della parola o dell’immagine.
piattaforma indietro
Se vado sulla piattaforma Sigef, quella della formazione professionale del mio mestiere, rimango spesso basito. Mi basta digitare parole come “business” “freelance” “autoimprenditorialità” per restare di pietra. Fra i corsi dell’Ordine dei giornalisti i risultati sono “0” in tutti e tre i casi. C’è qualcosina sul business, interpretato come cultura aziendale e non del professionista, a pagamento. La formazione che abbiamo a disposizione è raramente utile alla vita e allo sviluppo della carriera del giornalista. Va detto.
Qualche giorno fa ho fatto una diretta streaming su una notizia che, a mio avviso, cambierà per sempre il mondo del giornalismo e della produzione televisiva.
Il prossimo aggiornamento del sistema operativo dell’iPhone farà in modo che questo possa produrre video con il sistema PAL, quello di tutte le televisioni europee. A me è venuto subito da pensare alla possibilità di ricominciare a vendere contenuti alle tv italiane. Ho subito pensato alla possibilità di sviluppare ancora il mio business. Preciso una cosa: i video con gli smartphone li faccio da anni per ogni tipo di tv. La differenza sostanziale è che potendoli fare in PAL dalla camera nativa (24,97 frame per secondo) i prossimi saranno più facili da gestire tecnicamente per qualsiasi televisione. Meno passaggi tecnici, più possibilità di vendita.
Questo è solo un esempio per far capire come ogni innovazione può nascondere un’opportunità professionale. Ogni app, ogni nuovo modo di proporre un servizio vecchio, ogni nuova piattaforma, ogni nuovo format, ogni nuovo hardware con il quale produciamo un contenuto può essere una strada da percorrere per un giornalista. Una strada che migliora il presente e costruisce un futuro diverso, mio caro giornalista.