di VITTORIO ROIDI
Il 2020 si chiude. Ci lascia con negli occhi gli orrori della pandemia, i ritratti dei nostri 70.000 morti, ma anche i volti sereni dei primi vaccinati. Che anno ragazzi! Finisce mentre Donald Trump se ne va, sconfitto anche dalle sue bugie; mentre la Cina sbatte in prigione la blogger che per prima annunciò l’esistenza del virus; mentre il governo di Giuseppe Conte litiga su come spendere i miliardi dell’Europa; mentre Matteo Salvini non trova argomenti perché dal mare non arrivano più “pericolosi” migranti; mentre Matteo Renzi sbraita, quasi che non sapessimo che il suo partito è minuscolo e non ricordassimo tutti i guai che ha già combinato; mentre l’autonomia del nostro giornalismo è messa a rischio dalla crisi dell’istituto di previdenza.
E’ finito, per fortuna, il 2020, Ora ciascuno pensi a ciò che deve fare, Noi di Professione Reporter possiamo aiutare i giornalisti, grazie alla cronologia che ci propone Alberto Ferrigolo, a riflettere sui momenti importanti, i fatti, le esperienze più rilevanti. Ecco sette cose che ci sembra importante tenere a mente, insegnamenti che ci lascia questo terribile anno.
Abbiamo imparato:
– che alcune parole vanno usate con prudenza: allarme, panico, terapia intensiva, mascherina, distanza sociale, vaccino, perché da esse dipendono la salute dei cittadini, la serenità collettiva, l’atteggiamento responsabile delle persone, la forza necessaria ad andare avanti;
– che le immagini dolorose e tristi vanno mostrate sempre: per convincere gli scettici e i negazionisti, per far loro capire la gravità di ciò che accade, purché non si esageri e non si terrorizzi la gente;
– che la televisione deve miscelare con cautela informazioni e intrattenimento, perché la vita continua e al pubblico la tv deve comunque garantire momenti di serenità;
– che lavorare a distanza si può, più di quanto non facessimo prima. Però bisogna fissare regole precise, tenere salda la collegialità del prodotto, ricordare che le informazioni dobbiamo comunque andarle a cercare, non consentire che le redazioni vengano prosciugate e le sedi dei giornali smantellate. Sì allo smart working, ma solo nelle situazioni di emergenza;
– che è indispensabile affidarsi agli scienziati, uniche fonti credibili. Tuttavia, anche fra costoro alcuni sono in contraddizione, si esibiscono con troppa frequenza, sono vanitosi e tocca a noi arginarli;
– che gli aggettivi positivo o negativo possono significare il loro esatto contrario;
– che le fake news, le bufale e le sciocchezze, corrono più veloci e numerose di prima e solo noi possiamo aiutare i cittadini a trovare la verità.
(nella foto, da Wired, Venice Beach, California, un’opera dello street artist Pony Wave)
Puntuale, preciso,importante.E campanello d’allarme da prendere in seria considerazione. Grazie!
“L’ha detto la Televisione…” Si sente dire sempre meno spesso. e sempre più spesso con ironia.