“L’Inpgi è patrimonio di tutti i giornalisti. Il passaggio all’Inps sarebbe una sconfitta”.
Parola di Carlo Verna, presidente dell’Ordine, che è intervenuto al webinar organizzato sabato 27 febbraio dalla componente di Senza Bavaglio su “Dove va l’Inpgi? E che fine farà l’Inpgi2? Pensioni passate, presenti e future a rischio”. Ci fu polemica alla fine dell’anno 2020: durante l’incontro tradizionale dei rappresentanti dei giornalisti con il presidente del consiglio (era Giuseppe Conte), Verna parlò dell’esigenza “di individuare al più presto la garanzia pubblica, sulla base della nostra Costituzione” per la previdenza della categoria. Nel webinar ha ribadito che non pensava a un trasferimento dell’Inpgi all’Inps, ma al rispetto dell’articolo 38 della Costituzione (“Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L’assistenza privata è libera”). E pensava all’applicazione della legge Rubinacci (1951), in base alla quale l’Inpgi è un ente sostitutivo per le forme di previdenza e assistenza obbligatorie dei giornalisti.
La maggioranza che regge l’Inpgi per risanare i bilanci prevede l’ingresso dei “comunicatori” nell’istituto: ma i comunicatori -ha detto Verna- vogliono la garanzia di non andare a riequilibrare una sorta di Titanic in affondamento. Ha aggiunto che se ci sono le garanzie per il risanamento dell’ente, l‘Ordine è pronto a fare la sua parte per modificare l’accesso alla professione.
Sono intanto arrivate a 2100 le firme sotto la lettera inviata a fine dicembre al presidente Mattarella proprio sulla garanzia pubblica per l’Inpgi: “Facciamo appello al Suo alto magistero per chiedere un intervento presso tutte le istituzioni interessate affinché sia confermata la garanzia pubblica dello Stato sul sistema pensionistico, come già avvenuto in passato per altri enti previdenziali. E in generale affinché si valuti con la massima urgenza, con responsabilità e trasparenza, ogni soluzione equa e non punitiva in grado di continuare ad assicurare la pensione e le prestazioni previdenziali a tutti i giornalisti italiani”. Fra i primi firmatari Bruno Vespa, Marco Travaglio, Andrea Purgatori, Lucia Annunziata, Ferruccio de Bortoli, Luigi Contu, Gianni Letta, Vittorio Emiliani, Paolo Liguori, Stefano Folli, Peter Gomez, Fabio Martini, Marzio Breda, Lucio Caracciolo, Franco Di Mare, Clemente J. Mimun, Antonio Padellaro, Sandra Zampa.
L’Inpgi ha chiuso il bilancio 2020 con 253 milioni di disavanzo. A fine anno il consiglio di amministrazione è stato prorogato fino a fine giugno. In quella data -senza segnali di cambiamento- scatterà il commissariamento. Ci sono quindi quattro mesi per avviare il risanamento. Secondo la maggioranza che gestisce l’ente andrebbe anticipato l’ingresso dei comunicatori, previsto per legge dal 2023.
(nella foto, Andrea Purgatori, firmatario dell’appello al presidente Mattarella)