di ALBERTO FERRIGOLO
Sempre più spesso, ormai, i titoli dei quotidiani non corrispondono al contenuto degli articoli. O delle interviste. Ma sono vere e proprie forzature. Veri e propri desiderata di quel che il giornale vorrebbe che l’interlocutore dicesse. È capitato anche giovedì 4 marzo, quando La Stampa di Torino in apertura della prima pagina ha titolato in questo modo l’intervista al neoministro dell’Istruzione: “Bianchi: Dad anche dopo il Covid”.
Espressione che già, di per sé, suonava come un controsenso, avendo Draghi messo al primo posto del suo discorso di insediamento e della sua agenda proprio la scuola e la necessità che venisse svolta in presenza. E infatti, nel leggere l’intervista la frase del titolo non c’è. Si legge invece: “Scuole chiuse è un termine sbagliato. Si farà didattica a distanza nelle zone rosse o in quelle con situazioni epidemiologiche che richiedono maggiori restrizioni. Ma la scuola ha sempre lavorato e continuerà a farlo”. Però il giornale obietta: “Gli studenti non ne possono più della Dad”. E il ministro risponde: “Stiamo lavorando al suo miglioramento, con un gruppo composto da persone sia interne al ministero che provenienti dai territori, dirigenti scolastici, docenti, maestri di strada. Abbiamo già raccolto quasi 200 esperienze su come si è evoluta la didattica a distanza: le diffonderemo. Faremo formazione mirata per i nostri docenti sulle nuove forme di didattica. Investiremo risorse per affrontare questa fase. Attiveremo la rete del volontariato a supporto della scuola, favoriremo i patti di comunità con il territorio, guardando anche oltre l’emergenza, considerando la dad non come ripiego ma come integrazione e arricchimento per costruire una scuola nuova”. Per poi aggiungere: “I nostri insegnanti hanno sempre lavorato per tenere il contatto con gli studenti, la scuola non ha mai chiuso. Oggi siamo di fronte a una variante molto pericolosa. Stiamo lavorando perché passi l’onda di piena e dopo non ci sarà più la scuola di prima, ma quella che vogliamo per i nostri figli”. Punto.
Puntuale, alle 7.30 del mattino di quel 4 marzo arriva sui telefonini dei capi desk di giornali, radio, tv e agenzie di stampa il seguente messaggio: “Buongiorno. Scusate l’ora. Se riprendete La Stampa (oggi c’è una intervista del Prof) occhio al titolo che hanno fatto. Se leggete il pezzo non c’è MAI quella frase o quel concetto che è stato molto tirato. Spiace ma è così. Lo preciseremo anche in radio. A dopo”. Il whatsApp arriva direttamente dal ministero dell’Istruzione di viale Trastevere. È una palese rettifica. Seguita poi da una correzione ufficiale nel corso di una trasmissione Rai del mattino. Ma il giorno dopo, su La Stampa, di tutto questo non v’è traccia. Anzi. A pagina 6, in un taglio basso, si può leggere un servizio su: “Le reazioni della scuola alla proposta lanciata dal ministro Bianchi”, come recita l’occhiello, mentre il titolo afferma: “Polemiche sulla Dad dopo il Covid. Maturità, l’orale sarà in presenza”. Letto così, non c’è nesso. Sembrano due notizie diverse e non correlate. Poi non c’è congruità temporale tra “dopo il Covid” e la “Maturità”, che si terrà a luglio, mese nel quale non si sa ancora se l’emergenza sanitaria sarà superata.
L’incipit dell’articolo è chiaro: “La scuola ‘è presenza’ ma la didattica a distanza ‘è un patrimonio che non può essere disperso’, sottolinea il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, dopo le reazioni create dalle sue affermazioni sulla didattica a distanza come ‘arricchimento’ e ‘integrazione’ anche della nuova scuola, nell’intervista rilasciata ieri a La Stampa”. Quindi, “il ministro si oppone alle ‘guerre di religione’ e invita tutti a imparare pure da questa emergenza per arrivare a un uso ‘più consapevole e competente anche degli strumenti informatici’”. Seguono poi una serie di “positivi commenti alle sue parole ma con alcune precisazioni”, si legge nelle righe che li introducono. Ma di cosa si sta effettivamente discutendo? Dell’intervista del ministro comparsa il giorno prima o delle polemiche seguite alla sua intervista, presumibilmente nella parte del titolo di apertura (“Dad anche dopo il Covid”), che non appare nel corpo del testo? Il lettore non lo sa. Non gli viene detto.
La domanda è lecita perché, da dove compaiono quel “la scuola è presenza” ma la didattica a distanza “è un patrimonio che non può essere disperso”? Nell’intervista originaria, pubblicata da La Stampa la mattina di giovedì 4 no. Sono parte di una smentita, firmata di proprio pugno dal ministro o dal suo ufficio stampa? Nell’articolo del giorno dopo, 5 marzo, non se ne fa cenno. Allora? L’arcano lo svela un lancio dell’Agenzia Ansa delle ore 16,46 del 4 marzo, lo stesso giorno in cui su La Stampa compare l’intervista al ministro dell’Istruzione, che è così titolato: “Bianchi, ‘torneremo in classe ma facendo tesoro dad’. Stop Lombardia, si torna in Sardegna. Maturità, orale in presenza”. Le prime righe, del servizio firmato dell’Ansa, dicono: “A scuola si tornerà in presenza facendo tesoro dell’esperienza maturata durante il periodo della didattica a distanza. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi rassicura studenti e famiglie: ‘l’obiettivo – dice – è il ritorno in presenza’”. È di fatto la smentita ufficiale al titolo della sua intervista mattutina pubblicata dal quotidiano torinese, senza alcun riferimento polemico e senza menzionarlo. Gentlemen agreement, si potrebbe anche dire.
Eh già…. Certa stampa manipola, come fosse un narcisista maligno, le parole che assembla nei titoli a proprio piacimento nella certezza spavalda che la maggior parte dei lettori siano incapaci di intendere.
Insomma per interpretare un pensiero espresso su carta è necessario prima di tutto capire dove vuole andare a parare chi scrive nel raccontare informazioni travestite da mere notizie frutto del proprio pensiero.
Non è semplice “leggere” una notizia, talvolta mi sembra un vero e proprio lavoro lo sfoglio di un quotidiano che spesso richiede l’uso di un elmetto di protezione per evitare il fuoco di fila delle insinuazioni più o meno palesi a seconda dell’abilità dello scrivente, tanto più se lo scrivente padroneggia la scrittura arricchendo con sfumature lessicali quasi letterarie il proprio articolo…. Pardon….forse avrei dovuto scrivere giornalista?
No, il giornalista è altro per me!