(S.G.) L’indice mondiale della libertà di stampa del 2021, realizzato dall’organizzazione non governativa Reporters Sans Frontières, evidenzia come il giornalismo, “unico vaccino contro il virus della disinformazione”, sia ostacolato in più di 130 paesi del mondo, sui 180 analizzati. L’Italia è al 41° posto della classifica, come l’anno scorso. Al primo posto c’è la Norvegia, mentre l’Eritrea è ultima.

Guardiamo nel dettaglio la classifica e cerchiamo di capire quali parametri vengano presi in considerazione per misurare la libertà di stampa nel mondo.

I paesi più virtuosi sono quelli del nord Europa. Dopo la Norvegia, c’è la Finlandia (secondo posto) e poi Svezia e Danimarca. La Germania è scesa di due posizioni rispetto al 2020 (ora è 13esima). Sul declassamento hanno influito le “decine di giornalisti attaccati da manifestanti vicini a movimenti estremisti” durante le manifestazioni contro le restrizioni anti-Covid. La situazione dall’altra parte dell’Atlantico è “piuttosto buona”: Giamaica e Costa Rica si confermano tra i primi dieci, il Canada è 14esimo e gli Stati Uniti 44esimi. Agli ultimi posti ci sono, oltre all’Eritrea, la Corea del Nord, il Turkmenistan e la Cina. La Russia è al 150esimo posto.

Il grado di libertà di stampa viene determinato in base a un’analisi qualitativa combinata a una di tipo quantitativo. Ogni anno viene sottoposto un questionario di 87 domande a un gruppo di esperti, professionisti dei media, avvocati e sociologi. I quesiti sono tradotti in 20 lingue diverse tra cui inglese, arabo, cinese, russo, indonesiano e coreano.

Vengono poi presi in considerazione i dati raccolti da un team di specialisti, ciascuno assegnato a una diversa regione geografica, che tiene un registro dettagliato sugli abusi e le violenze contro giornalisti e gli organi di stampa.

In questo modo vengono valutati il grado di pluralismo e di indipendenza dei media, l’ambiente mediatico, la censura e l’autocensura, il quadro legislativo in cui i professionisti operano, la trasparenza e la qualità dell’infrastruttura che supporta la produzione di notizie e informazioni. A ciascun indicatore viene assegnato un punteggio compreso tra 0 e 100, dove 0 rappresenta il miglior punteggio possibile e 100 il peggiore.

Vediamo alcune delle domande. Per misurare il grado di pluralismo e la concentrazione dei media, per esempio, si cerca di capire quanto sia difficile in un paese avviare una società di media privata e indipendente, quanto sia trasparente il processo per le concessioni, quanto sia difficile per le autorità ottenere il licenziamento di un giornalista. Oppure se l’accesso alla professione sia ostacolato per motivi di nazionalità, origine etnica, classe sociale, religione o genere. Si indaga, poi, per misurare il grado di sviluppo del giornalismo investigativo e capire quali pene rischiano i giornalisti nell’esercizio della propria professione. Un aspetto importante è la proprietà dei media. Alcuni quesiti puntano a determinare se le proprietà possano provocare un’autocensura per i giornalisti o in che misura hanno altri interessi economici in settori non mediatici. Per quanto riguarda il quadro normativo, un elemento importante è la garanzia di accesso alle informazioni pubbliche, la tutela della riservatezza della fonti e l’esistenza di una censura o un monitoraggio preventivo per stampa, radio e televisione.

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