(A.G.) L’annuncio è stato dato al Comitato di redazione: Gedi chiederà almeno 50 prepensionamenti a Repubblica entro il 2021. Subito dopo aver chiesto un prolungamento della cassa Covid, di altri tre mesi dopo i tre già effettuati (con massimo due giorni a casa al mese).
All’orizzonte, dunque, cinquanta esodi di giornalisti che compiono 62 anni e hanno almeno 25 anni di contributi entro l’anno successivo, 2022. Un settimo della redazione, che produce il quotidiano, il sito, 8 dorsi regionali, quattro settimanali. Si finirebbe di allontanare quel che rimane della generazione che realizzò Repubblica con Eugenio Scalfari. Un vero e proprio mutamento di pelle di quello che alla fine degli anni ’80 diventò il primo quotidiano italiano. Da tempo il Corriere della Sera ha riconquistato il primato e tiene Repubblica a distanza di 90mila copie circa, fra carta e digitale.
Altri trenta esodi verrebbero proposti se i prepensionamenti saranno rifinanziati per gli anni successivi al 2021. Al momento restano disponibili per tutta la stampa italiana 140 posti.
Continuano così le ristrutturazioni dei grandi gruppi editoriali a spese della collettività e sopratutto dell’Inpgi. Ne hanno abbondantemente usufruito la Rcs di Urbano Cairo, Caltagirone Editore e Gedi. A partire da un decreto del ministro del lavoro Maurizio Sacconi, per ottenere i prepensionamenti non è necessario un vero e proprio “stato di crisi”, ma è sufficiente la “prospettiva della crisi”. Dal 2009 tutti i governi hanno rinnovato questa pratica, che ha permesso agli editori di liberarsi di professionalità consolidate e stipendi buoni in cambio di assunzioni, in numero molto minore rispetto alle uscite, di giovani a basso costo. Mentre l’età pensionabile veniva innalzata per quasi tutte le categorie, governi di diverso colore hanno permesso il prepensionamento di oltre mille giornalisti (all’inizio il limite era 58 anni, ora portato a 62).
(nella foto, John Elkann, presidente del Gruppo Gedi)