di SOFIA GADICI
Duecento anni di articoli, inchieste e battaglie, ma anche di errori e abbagli dettati dall’ambiente, dall’epoca, dalla fretta. L’anniversario del Guardian sembra essere un punto di partenza perché è celebrato con iniziative, tra cui articoli in formato digitale e cartaceo, video e audio, in cui si esaminano le origini del giornale, i suoi alti e bassi, il modo in cui le inchieste hanno cambiato il mondo e trasformato il giornale britannico in una testata importante, letta da milioni di persone.
Nel 2020, secondo la misurazione della PAMCo (l’organo governativo del Regno Unito che misura l’audience del settore dei media), il Guardian ha registrato 35,6 milioni di lettori mensili, considerando sia il formato digitale sia quello cartaceo. È quindi il giornale più letto del Paese, se non si considerano i tabloid.
cambiare idea
La prima edizione del Manchester Guardian – questo era il nome originario del giornale – fu pubblicata il 5 maggio del 1821. Il 7 maggio del 2021 il caporedattore Randeep Ramesh ha scritto un articolo dal titolo “Cosa abbiamo sbagliato: i peggiori errori di giudizio del Guardian in 200 anni”. “Un quotidiano non può pubblicare per così tanto tempo – viene spiegato nell’articolo – senza sbagliare qualcosa. Ci saranno sempre errori di giudizio. Ma quando i fatti cambiano, il Guardian ha sempre avuto la forza di cambiare idea”.
Tra gli errori più clamorosi, gli attacchi ad Abraham Lincoln. “Si percepisce un odio che oggi sembra meschino e vergognoso”, scrive Ramesh. Per il Guardian del 1860, Lincoln era un imbroglione che trattava l’emancipazione degli schiavi come “negoziabile” solo perché ostacolava l’unità degli Stati Uniti. Nel 1862, riflettendo sull’elezione di Lincoln, il giornale scrisse: “È impossibile non pensare che fu un brutto giorno per l’America e per il mondo”. Tre anni dopo, un editoriale sull’assassinio del presidente scalò le vette di quella che Ramesh definisce “mania anti-Lincoln”: “Del suo governo non possiamo che dire che è stata una serie di atti abominevoli”.
insurrezioni e democrazia
Quando a metà del XIX secolo le rivoluzioni sconvolsero l’Europa, il Manchester Guardian mostrò poca simpatia per gli insurrezionalisti e guardò con sospetto la democrazia. In quel periodo il giornale espresse il proprio sostegno alla legge marziale in Irlanda, con cui si tentava di sedare le rivolte provocate dalla carestia. Quando scoppiò la ribellione indiana del 1857 – ritenuta come la più grande sfida a una potenza europea nel XIX secolo – il giornale tuonò, con toni razzisti, che l’Inghilterra doveva mantenere “una fiducia incrollabile nel diritto di governare la popolazione autoctona, in virtù della sua superiorità intrinseca”.
Alla fine del secolo, dalle colonne del giornale, si sosteneva il movimento per il suffragio femminile, ma allo stesso tempo venivano criticate le azioni delle suffragette. Nel 1912, all’affondamento del Titanic fu dedicato soltanto un piccolo spazio a pagina 9 e quando nel 1914 l’arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie furono uccisi a Sarajevo, il direttore Charles Prestwich Scott sostenne che difficilmente ci sarebbero state conseguenze.
“procedere con umilta””
Con la direzione di Alfred Powell Wadsworth il Manchester Guardian si dimostrò sorprendentemente conservatore: rispetto all’idea di una sanità pubblica nazionale, pur definendo i cambiamenti come un “grande passo avanti”, espresse il timore che l’operazione avrebbe provocato “un aumento dei meno dotati”.
Alla fine degli anni ’70 fu annunciata un’era glaciale imminente, mentre nel 1982 il giornale definì “un disastro ambientale” l’idea di installare delle pale eoliche “su ogni collina britannica”.
L’articolo di Ramesh si conclude con una riflessione: “Il giornale cerca di tenere a mente gli errori del passato e di procedere con umiltà. Nessuno conosce il verdetto che la storia imporrà sulle opinioni che oggi ci appaiono ovvie”.
(nella foto, Randeep Ranesh, caporedattore del Guardian)