Il 24 giugno il critico tv Aldo Grasso ha scritto sul Corriere della Sera: “Quali sono state finora le migliori telecronache di questi Europei? Quelle in cui si è parlato di meno, quelle dei telecronisti meno famosi”. Massimo De Luca, già direttore di Rai Sport e conduttore della Domenica Sportiva interviene sul tema. 

di MASSIMO DE LUCA

Quando abbiamo stabilito, più o meno consapevolmente, che le parole del telecronista sportivo dovessero essere quasi più importanti dell’evento stesso? Quando abbiamo deciso che la telecronaca dovesse diventare una radiocronaca a figure, quasi senza pause, in preda a una specie di horror vacui che impone di descrivere tutto, anche i momenti meno significativi, già esaurientemente testimoniati dalle immagini? In breve: quando e perché siamo passati da una telecronaca classica, votata ad accompagnare lo spettatore, all’attuale modello di racconto “dopato” da statistiche, riferimenti, osservazioni cui danno il loro contributo le “seconde voci” inesorabilmente affiancate al telecronista? 

In principio era Carosio e poi Martellini e poi Pizzul. Stili, personalità ed epoche diverse ma accomunati da una filosofia di fondo: essere testimoni non protagonisti dell’evento; perseguire il ritmo, non la concitazione (che oggi purtroppo dilaga); graduare il tono, e quindi i decibel, a seconda dell’importanza del momento, della partita, del torneo in cui è inserita. Oggi chiudendo gli occhi e limitandosi ad ascoltare una telecronaca si sarebbe indotti a pensare che ogni domenica (anzi ogni giorno, causa spezzatini vari) si sta disputando una finale mondiale tale e tanta è l’enfasi, l’uso dell’iperbole, la concitazione. 

i fogli in aria

Nando Martellini, cui mi ha legato una lunghissima, familiare amicizia, confessò che prima della finale del Mondiale ‘82 s’era preparato un discorsetto da tenere in caso di vittoria. Poi, al fischio finale, i fogli degli appunti volarono in aria per l’entusiasmo e lui si lanciò in quel triplice, bellissimo “Campioni del mondo” che ancora oggi ci emoziona, nella sua appassionata semplicità. Ma stiamo parlando di un’altra èra.

In mezzo c’è stata la fine del monopolio Rai, l’affermarsi della TV commerciale che, dovendo vendere il meglio possibile il prodotto calcio, ha avuto bisogno di caricare i toni. C’era l’esigenza di spettacolarizzare al massimo l’evento, anche quando il contesto o la qualità della partita non fossero di altissimo livello. Diventò quasi inevitabile importare il modello sudamericano di telecronaca che pure, per molti anni, ci era sembrato improponibile con quei gorgheggi infiniti sui gol, la prosa immaginifica, l’enfatizzazione costante. Una partita trasmessa in TV (con il suo carico di spot) non poteva apparire minore. Posso, al riguardo, inserire nel discorso un ricordo personale. Ero alle prime settimane di lavoro, nell’estate del ‘92, come Responsabile dei servizi sportivi RTI (poi Mediaset) quando squillò il telefonino. Era Silvio Berlusconi amabilmente risentito del fatto che il telecronista dell’amichevole estiva Cesena-Milan in onda in quei momenti avesse parlato di 18 mila spettatori presenti. “Ma è la capienza di quello stadio” gli risposi. “Appunto – replicò – doveva dire che c’è il tutto esaurito, così si capisce che è una partita molto attesa.” 

teleracconti “firmati”

Ma il ‘92 si colloca ancora in un’età intermedia. Oggi dobbiamo fare i conti con il protagonismo di alcuni telecronisti (non proprio tutti, per fortuna) che ritengono di interpretare perfino il pensiero inespresso degli arbitri e devono “firmare” ad ogni costo il loro teleracconto e l’invadenza delle seconde voci. Queste ultime sarebbero utilissime se si limitassero a spiegare in maniera semplice gli sviluppi tattici della partita (lo fa meglio di tutti un fuoriclasse come Fabio Capello, capace di intuire un attimo prima lo sviluppo successivo dell’azione). Diventano invece invadenti quando non si contengono e, soprattutto, quando ricorrono al linguaggio ipertecnico ormai noto come “Covercianese”. Ovvero parlano a una platea sterminata (vedi gli ascolti superiori ai 13 milioni per gli Europei in corso) come se fossero in un’aula del Corso allenatori di Coverciano. Escludendo così dalla comprensione del messaggio un buon 90% del pubblico (e forse mi tengo basso). Chi è in grado di capire le “transizioni negative o positive”, le “seconde palle”, la “palla scoperta” e via strologando? Pochi, pochissimi: mentre, per vocazione, la tv deve parlare a tutti. 

parole semplici

Quasi nessuno lo ricorda più ma il primo ex calciatore ad affiancare non un tele ma un radiocronista fu il grande Gigi Riva che, ai mondiali di Argentina ‘78, diede vita a uno splendido tandem con Enrico Ameri. Ma parlava semplice, spiegava bene, non si sovrapponeva alla voce-guida. 

In conclusione, intenerisce pensare a un reperto scovato in quello scrigno di tesori che sono le teche Rai: è una telecronaca di un Campionato Europeo di boxe del ‘55, agli albori della TV, che aveva per protagonista Duilio Loi. Appare incredibile, oggi, ma il telecronista, Carlo Bacarelli, sceglie di parlare solo negli intervalli fra un round e l’altro e, a un certo punto, confessa: “Eravamo stati tentati di interrompere le immagini con il nostro commento,ma abbiamo preferito aspettare.” Perché il concetto era che le immagini parlassero da sé e non andassero “disturbate”, perché quella era la Tv non la Radio che non ammette silenzi. 

Quanto tempo è passato.

(nella foto, Massimo De Luca)

9 Commenti

  1. Caro Massimo,
    sono perfettamente d’accordo con te.
    Non se ne può più!
    Pur di (stra)parlare, ti raccontano anche di che colore sono le mutande del cugino della nonna del tal giocatore. Ne salvo solo uno o due.
    Altri tempi cari amici.

  2. Ormai succede in tutti gli sport, basta guardare gli sport motoristici, un sorpasso in pieno rettilineo dovuto solo a maggior potenza e maggior velocità, diventa un capolavoro di guida. Anche nell’atletica leggera, lo stesso Bragagna, per quanto bravo e preparatissimo, a mio modesto avviso, parla troppo e spessissimo si sovrappone ai commentatori che lo affiancano.

  3. Massimo De Luca: un Maestro che avrebbe ancora tanto da insegnare. Per la sua cultura, il suo stile il suo garbo.

  4. zzzz….
    certo parla di cambiamenti e gli ultimi che cita sono degli anni ’70. Telecronache ridicole, sullo sfondo le pubblicità di TikTok e in Rai che pensano ancora che non sappiamo cosa sia un offside. Il pubblico si è evoluto e lo devono fare anche i telecronisti.

  5. notisti e notiste sono così invasivi, narcisisti e insopportabili che, pur seguendo le partite rigorosamente senza audio, ciononostante mi par sempre di sentire le loro fastidiosissime voci

  6. Per chi ha Sky, l’unica consolazione è la possibilità di eliminare i telecronisti più invadenti sentendo solo la “voce” dello stadio. Ci si accorge anche di quanto pleonastici siano gli attuali commenti

LASCIA UN COMMENTO