Augusto Minzolini è entrato in punta sui piedi in via Gaetano Negri 4.
Via Negri a Milano, è la seconda sede, ormai storica del Giornale, dal 1979. Fra la Borsa e piazza Cordusio, in pieno centro. Minzolini è arrivato da nuovo direttore martedì 15 giugno. Alle 11,30 ha preso posto nella riunione del mattino. Da osservatore attento, senza enfasi.
Nessun discorso d’insediamento. Minzolini ha esordito d’apertura in prima pagina, mercoledì 16 con un fondo intitolato “Quel vento di libertà che non si può ignorare”. Parla della crisi dei giornali che hanno tradito l’antico motto “La notizia prima di tutto”, parla del vento di libertà che va dalla Madrid della popolare Ayuso alla Sassonia della Cdu. Chiude con un post scriptum dedicato a Marco Travaglio “che millanta una discendenza diretta da Montanelli e sprizza veleno da tutti i pori”. A lui, scrive Minzolini, “si attaglia un giudizio che il grande Indro dedicò a un giornalista ben più degno di lui: ‘conosco molti furfanti che non fanno i moralisti, ma non conosco nessun moralista che non sia un furfante'”.
specialita’ empatia
Nei giorni successivi il nuovo direttore ha incontrato il Comitato di redazione, si è affacciato nella riunione (online) del servizio Politico, dove tutti ben lo conoscono, visto che era uno dei collaboratori di prestigio. E ha programmato un giro (online) di tutti i servizi, per conoscere persone e situazioni. L’empatia, d’altronde, è la sua specialità. Anche grazie alla capacità di entrare in confidenza e di far parlare gli interlocutori è diventato il retroscenista da tutti inseguito.
Alla fine del giro, Minzolini aveva annunciato il suo primo discorso alla redazione martedì 29 giugno, ma ha poi rinviato “per sopraggiunti impegni”. Nella nuova data da fissare, dirà come sarà il suo Giornale, probabilmente non entrando nel merito di eventuali ristrutturazioni. Subito dopo, la redazione esprimerà il suo voto di gradimento (non vincolante), che sarà probabilmente molto positivo.
basso profilo
Insomma, un ingresso all’insegna del basso profilo. Bisogna però sottolineare che è proprio Il Giornale ad osservare da alcune settimane il basso profilo. L’Azienda ha chiesto a tutti i redattori di esprimersi su queste opzioni: continuare lo smart working al 100 per cento con taglio dello stipendio del 12 per cento; fare 50 per cento di smart working e 50 per cento di presenza in redazione; solo presenza in redazione. La maggioranza ha scelto la via di mezzo. In virtù di questo, la sede è rimasta in via Negri, ma dai 4 piani che occupava si è ridotta a uno. Quell’unico piano ospita soltanto i capi dei settori e qualche redattore a turno. Il Giornale ha sopravanzato gli altri quotidiani nella trasformazione epocale indotta dal Covid: da redazione come luogo di elaborazione collettiva del prodotto a “redazione diffusa” e parcellizzata nelle case di ciascun giornalista. Con conseguenti problemi per l’esercizio dei diritti sindacali.
La scommessa di Minzolini ora sarà riuscire a differenziare Il Giornale dagli altri quotidiani della destra, tenendo sempre conto della proprietà Berlusconi, che ha varie correnti. Minzolini ha senz’altro cambiato il giornalismo politico italiano, ha diretto il Tg1 fra molte polemiche. Ora, nel momento della massima crisi dell’editoria, vorrà cambiare, da direttore, un quotidiano ancora molto orientato sulla carta.
Professione Reporter
(nella foto, Augusto Minzolini)
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