Due corrieristi di lungo corso contro il Corriere. Enzo Marzo, per trent’anni a via Solferino, firma di politica e di cultura, oggi presidente della Fondazione Critica Liberale e Massimo Alberizzi, per più di trent’anni al Corriere, inviato nelle zone di crisi dell’Africa, oggi leader della corrente sindacale Senza Bavaglio. Firmano un esposto per violazione delle regole deontologiche sulla pubblicità, inviato lunedì 28 giugno a Ordine nazionale dei Giornalisti, Ordine regionale lombardo, Agcom, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Upa, Giurì di autodisciplina pubblicitaria. Per conoscenza, a Fnsi e Fieg.
L’esposto è contro Luciano Fontana, direttore del Corriere e contro otto giornalisti di via Solferino, autori di articoli nei quali si faceva pubblicità mascherata da giornalismo. Ecco i titoli di alcuni degli articoli al centro dell’esposto: “Dall’Amarone all’amaro. La ripartenza di Aneri” (18 maggio), “A tavola con Vespa, nuovo vino e un ristorante in Puglia” (5 maggio), “Il ritorno del cotone. L’intimo che si usa anche come crop top. Giorgia Fuini di Intimissimi: fibra rassicurante” (15 maggio), “In sella come al volante. Su e giù per le colline queste bici elettriche hanno la nostra idea di ibrido. Toyota pedala al Giro” (19 maggio), “Nel percorso su tre ruote con ‘la moto di Batman’. Le trenta Yamaha che portano gli ‘arbitri’ della gara (19 maggio), “Il mausoleo di Augusto torna nel passato. Il progetto della Fondazione Tim sulla più grande tomba circolare al mondo” (19 maggio), Il fitness del dopo-Covid sarà ibrido e modulabile. Technogym, training partner del Giro: siamo pronti (20 maggio).
farmaci e turismo
“Qui non si tratta della solita pubblicità -dicono Marzo e Alberizzi- bensì della pubblicità redazionale che introduce, occultata, la pubblicità di marchi di moda, prodotti farmaceutici, uffici turistici. Sul Corriere della Sera, la pubblicità occulta (“Native advertising”) è quotidiana e ricorrente. Abbiamo preso in considerazione soltanto pochi giorni, ma ogni edizione ne è invasa. Noi denunciamo anche i giornalisti che firmano questi pseudo-articoli, ma siamo consapevoli che di fatto sono ‘costretti’ dalla Direzione a violare la deontologia, data la precarietà della loro posizione contrattuale o il peso della gerarchia all’interno delle redazioni”.
Il concetto di “pubblicità nativa” -proseguono- mira proprio a superare il vecchio concetto di pubblicità e a confondersi totalmente, anche nella forma e nella scrittura, con i contenuti redazionali, affinché il lettore non riesca ad accorgersi dell’inquinamento. È pubblicità che si camuffa da giornalismo: “Il ‘Native advertising’ è una forma di pubblicità a pagamento atta ad ingannare il lettore-consumatore: per generare interesse negli utenti, assume l’aspetto dei contenuti del vettore di comunicazione che la ospita. Se esiste la pubblicità ingannevole, quale pubblicità è più ingannevole di un articolo firmato da un giornalista che incorpora una velina di un ufficio stampa o direttamente un messaggio pubblicitario?”.
articolo quarantaquattro
L’esposto riguarda Il Corriere della Sera, perché è il quotidiano più venduto in Italia, ma i due firmatari fanno notare che molti altri giornali di altri gruppi editoriali violano le regole sulla pubblicità occulta. Al direttore Fontana viene addebitata la violazione del Contratto di lavoro. Articolo 44: “Allo scopo di tutelare il diritto del pubblico a ricevere una corretta informazione, distinta e distinguibile dal messaggio pubblicitario e non lesiva degli interessi dei singoli, i messaggi pubblicitari devono essere chiaramente individuabili come tali e quindi distinti, anche attraverso apposita indicazione, dai testi giornalistici. Gli articoli elaborati dal giornalista nell’ambito della sua normale attività redazionale non possono essere utilizzati come materiale pubblicitario. I testi all’Autorità per la Concorrenza dai giornalisti collaboratori dipendenti da uffici stampa o di pubbliche relazioni devono essere pubblicati facendo seguire alla firma l’indicazione dell’organizzazione cui l’autore del testo è addetto quando trattino argomenti riferiti all’attività principale dell’interessato. I direttori, nell’esercizio dei poteri previsti dall’articolo 6 e considerate le peculiarità delle singole testate, sono garanti della correttezza e della qualità dell’informazione anche per quanto attiene il rapporto tra testo e pubblicità. A tal fine i direttori ricevono periodicamente i pareri dei comitati di redazione”.
(nella foto, Enzo Marzo)
Ho letto, indignandomi, alcuni degli “articoli’ citati e condivido pienamente la denuncia di Marzo e Alberizzi.
Rileggetevi lo stupendo saggio di Giorgio Bocca “Il padrone in redazione”, uscito nel 1989… C’è già scritto tutto. 😩