I contributi previdenziali dovuti da giornalisti dipendenti da uffici stampa pubblici e privati non potranno essere versati all’Inps, ma dovranno essere pagati all’Inpgi, l’ente di previdenza dei giornalisti.

“Può essere certamente definita “storica” -scrive Pierluigi Franz, sindaco Inpgi e presidente del Sindacato Cronisti Romani – la sentenza-trattato con cui le Sezioni Unite Civili della Cassazione, presiedute da Giacomo Travaglino, hanno definitivamente affermato che in presenza di svolgimento di attività giornalistica l’iscrizione all’Inpgi 1 ha portata generale, a prescindere dalla natura pubblica o privata del datore di lavoro e dal contratto collettivo applicabile al rapporto”. L’importante decisione (numero 21764 del 29 luglio 2021) è stata emessa dal supremo organo interpretativo del diritto in Italia. Nella sentenza viene  ricostruita passo passo l’intera storia dell’Inpgi a cominciare dalle casse pie di previdenza di fine Ottocento alla nascita ufficiale dell’ente nel 1926 da una “costola” della Fnsi, alle leggi Rubinacci del 1951 e Vigorelli del 1955, che hanno riconosciuto l’Inpgi come unico ente previdenziale privatizzato sostitutivo dell’Inps.

portata generale

Sono due -spiega Franz- i principi di diritto fissati: 1) “deve essere considerata giornalistica l’attività svolta nell’ambito dell’ufficio stampa di cui alla L. 150/2000 per il quale il legislatore ha richiesto il titolo dell’iscrizione all’albo professionale e previsto un’area speciale di contrattazione con la partecipazione delle organizzazioni sindacali dei giornalisti”; 2) “in presenza di svolgimento di attività giornalistica l’iscrizione all’Inpgi ha portata generale a prescindere dalla natura pubblica e privata del datore di lavoro e dal contratto collettivo applicabile al rapporto”.

La pronunzia dei giudici dovrà essere attentamente esaminata dalla speciale Commissione tecnica istituita nei giorni scorsi a palazzo Chigi, che dovrà entro il 20 ottobre prossimo trovare le migliori soluzioni per risolvere la grave crisi di liquidità che sta attraversando l’Inpgi 1. Tenendo anche conto di quanto ha affermato il 28 luglio il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “E’ ragionevole la garanzia pubblica assicurata a tutti i lavoratori dipendenti anche per le pensioni dei giornalisti iscritti all’Ordine e dunque chiamati a svolgere un’attività racchiusa nell’ambito di specifiche regole deontologiche”.

boccata d’ossigeno

Il verdetto della Cassazione può costituire potenzialmente un’enorme boccata di ossigeno per le casse dell’Inpgi 1 con il trasferimento dall’Inps – in molti casi anche con 5 anni di arretrati per ogni giornalista – dei contributi erroneamente incassati.

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava il ricorso proposto dall’Asl di Pescara che aveva contestato il verbale ispettivo dell’Inpgi con il quale erano stati richiesti contributi previdenziali per circa 140 mila euro, per il periodo 1° gennaio 2001-31 dicembre 2006, per due giornalisti pubblicisti, rispettivamente, responsabile ed addetto dell’ufficio stampa dell’Azienda ospedaliera.

Il Tribunale di Roma aveva accolto l’impugnativa dell’Asl, ma la Corte d’Appello di Roma aveva ribaltato il verdetto dando pienamente ragione all’Inpgi 1. Su ricorso dell’Asl, il caso è stato esaminato nell’autunno scorso dalla Sezione lavoro della Suprema Corte che ha ritenuto opportuno rivolgersi alle Sezioni Unite, ritenendo la questione di diritto di particolare rilievo generale.

Il 29 luglio è arrivato il responso finale.

(nella foto, sezioni unite della Corte di Cassazione)JYBKmAvWB-zmP4vHrjj8Bf0iOgFfOpIxBwett92t9oReu3PQARFHsdwDTsRolZx2B5YY-FQE1UTXNwv_xKWlFTxsi6ONXGOJLbz06tsX5LLK.gif

2 Commenti

  1. Vorrei precisare, da umile cronista, che la sentenza delle sezioni unite non ha né praticamente, nè teoricamente valore di legge. E’ un precedente autorevole, ma che non può avere alcun effetto automatico sui contratti in corso.

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