di ALBERTO FERRIGOLO
“Come si è comportata in questi dieci mesi la famiglia Ladisa? Gli va sicuramente riconosciuto di aver messo un grande impegno nel ristrutturare e risanare un’azienda che aveva debiti per 40 milioni, ha investito energie, risorse economiche e umane per rivedere tutti i costi, ma il pezzo che è mancato è stato l’accordo con i lavoratori per strutturare un percorso che andasse oltre il contratto d’affitto”. La pensa in questo modo Bepi Martellotta, presidente dell’Associazione stampa pugliese e anche vice caporedattore del quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno. La famiglia Ladisa, che si è sempre occupata di ristorazione, s’è fatta carico della crisi pregressa dello storico editore Mario Ciancio Sanfilippo e il primo agosto ha annunciato che il giornale non sarà più nelle edicole fino a che il tribunale non risolve la contesa sul piano di concordato presentato dalla Ledi stessa per l’affitto della testata. Il giornale è uscito con una pagina tutta bianca con su scritto solo “Arrivederci”.
“Sarebbe sufficiente – ha scritto nell’editoriale il direttore Michele Partipilo – che il Comitato dei creditori esprimesse subito, magari domani stesso, la sua valutazione delle due proposte in campo. Dopodiché al giudice non resterebbe che prenderne atto e procedere all’assegnazione della testata. Anche in attesa della procedura di omologa, l’assegnatario avrebbe tutte le carte in regola per riportare la Gazzetta in edicola”.
la testata e i costi
La vicenda è complicata. In origine ci sono due società, la Mediterranea, proprietaria della testata Gazzetta del Mezzogiorno e dell’immobile dove si confeziona e stampa il giornale, e la Edisud, l’editrice a cui fanno riferimento le attività editoriali e quindi solo i costi. Cioè il costo del lavoro, i dipendenti, grafici, giornalisti, il costo della rotativa, della stampa, il costo dei contratti per la raccolta pubblicitaria. “Queste due società – spiega Martellotta – furono sequestrate assieme agli altri beni di Mario Ciancio Sanfilippo nel 2018 e sono passate al tribunale fallimentare di Bari”.
Da quel momento l’esercizio provvisorio è andato avanti per la Edisud fino a dicembre dell’anno scorso. Un mese prima – a novembre 2020 – è stato indetto un bando dalla curatela fallimentare dell’Edisud per affittare le sue attività editoriali. A questo bando si è presentata soltanto la Ledi srl, società del gruppo Ladisa, che il 18 novembre “ha chiuso un accordo con le rappresentanze sindacali per mantenere tutti i posti di lavoro, di giornalisti e poligrafici”. La Ledi della famiglia Ladisa si è aggiudicata il bando e il 10 dicembre si è insediata “subentrando nelle attività editoriali della Gazzetta come un inquilino”, chiosa Martellotta. Cioè, pagando un regolare affitto e prendendosi tutto il ramo di azienda: i lavoratori, i contratti di lavoro, le attività editoriali, le attività di stampa, i contratti per la pubblicità e per la distribuzione. Spiega ancora il giornalista: “Da quel 10 dicembre siamo passati alle dipendenze della Ledi, che ha avviato una serie di operazioni per ridurre i costi. Ha collocato in cassa integrazione a zero ore oltre a 14 giornalisti, articoli 2 e articoli 12. Per poi collocarne però ancora altri 11, “sostenendo che avrebbero potuto maturare nel biennio successivo i requisiti per il prepensionamento”.
guardare al futuro
Questo passaggio “non è però mai stato supportato da un accordo di natura sindacale e, soprattutto, non è mai stato notificato alla Fieg e al ministero, proprio in quanto azienda in affitto, quindi non titolata a gestirlo strutturalmente”, sottolinea il vice caporedattore. In ogni caso il contratto d’affitto della Ledi si esaurisce il 31 luglio 2021, perché quel giorno decade il rapporto che c’è tra Edisud, che gestisce le attività editoriali, e Mediterranea, proprietaria della testata. Quindi a partire dal 31 luglio formalmente la Mediterranea ritorna in possesso della testata e la può offrire a chi vuole.
Ad aprile 2021, in virtù di queste misure adottate dalla Ledi, il sindacato prova in tutti i modi a convincere la stessa Ledi a sottoscrivere degli accordi che guardino al futuro del giornale. Senza esito. A quel punto, però, accade qualcosa. Siccome nel frattempo anche la Mediterranea, come la Edisud, è sottoposta a procedura fallimentare, la Ledi presenta un piano di concordato nel fallimento della Mediterranea per estinguere tutti i debiti della stessa società e diventare così a tutti gli effetti proprietaria della testata Gazzetta del Mezzogiorno. Questo piano viene presentato nel mese di aprile e nello stesso mese viene anche predisposto un piano identico di concordato a quello di Mediterranea, da parte della Ecologica spa, un’azienda pugliese che si occupa di bonifiche ambientali e smaltimento di rifiuti industriali. Un piano in concorrenza con quello presentato da Ledi.
situazione azzerata
Che succede? Il giudice a metà giugno decide di mettere in votazione, presso il comitato dei creditori del fallimento Mediterranea, solo il piano di concordato presentato dalla Ledi. Quindi non ammette in votazione quello di Ecologica. Il piano di Ledi viene valutato dai creditori e viene bocciato ai primi di luglio. Il risultato? Si azzera tutta la situazione della proprietà della testata, mentre Ledi prosegue con il contratto di affitto della Edisud per le attività editoriali sino al 31 luglio. Dopodiché Ledi nei giorni successivi presenta un nuovo piano. E la Ecologica, che non era stata ammessa al voto del concordato Mediterranea, integra il suo piano non ammesso al voto e il giudice si riserva di decidere se mandare entrambi i piani in votazione.
Ma non finisce qui. Sempre a luglio, Ledi ufficializza alla curatela della Edisud – che si rende disponibile, nonostante i tempi ristretti, cioè la scadenza del 31 luglio – a prorogare il suo affitto con la Edisud per proseguire le attività editoriali almeno fino al 31 agosto. Un mese in più a disposizione per salvare il salvabile. Ma accade che dopo il 20 luglio il giudice emette il decreto con cui manda in votazione al comitato dei creditori Mediterranea tutti e due i piani di concordato, sia quello di Ledi sia quello di Ecologica. E il 27 luglio, solo una settimana più tardi, Ledi annuncia ufficialmente alla redazione e alla direzione che avrebbe in ogni caso utilizzato la proroga dell’affitto sino al 31 agosto, in attesa della votazione di entrambi i piani da parte dei creditori. “Ma il 30 luglio – racconta Bepi Martellotta – Ledi ci convoca e ci comunica che ha cambiato idea e che non intende più proseguire con la proroga dell’affitto. Il risultato è che il 31 luglio è l’ultimo giorno nel quale esiste un soggetto imprenditoriale che può utilizzare la testata Gazzetta del Mezzogiorno al posto della curatela Edilsud”.
proroga dell’affitto
Così dal primo agosto La Gazzetta non è più in edicola, perché non c’è nessuno titolato a editare il giornale al posto della Edisud in fallimento. La Edisud, che non ha più soldi in cassa, ma solo passività da gestire nei confronti dei creditori, conclude l’esercizio provvisorio e di conseguenza non può più editare la Gazzetta, pur godendo della proroga perché non può sostenere i costi industriali.
Il giornale rischia di non essere più in edicola fino a quando non si concludono le procedure di votazione del comitato dei creditori sui due piani di concordato su Mediterranea. E una volta che si saranno concluse le votazioni o vince Ledi, e diventa la destinataria definitiva della testata Gazzetta del Mezzogiorno, e un minuto dopo può riprendere le sue attività, oppure vince Ecologica e diventerà proprietaria del giornale, prendendosi in carico anche le attività della Edisud per editare il giornale. E Ledi sarà fuori.
bad company
Il punto da capire è: perché Ledi e i Ladisa si sono comportati così? Martellotta una spiegazione ce l’ha: “Perché Ledi si è resa conto che, dopo aver sostenuto i costi dell’affitto a Edisud, spendendo soldi e tenendo in piedi i costi industriali delle attività editoriali, non è riuscita a ottenere una prelazione sulla testata Gazzetta del Mezzogiorno. La Famiglia Ladisa si è perciò bloccata perché ha gestito la bad company nella convinzione di andare poi a prendere la good company, ma il tribunale non gli ha riconosciuto il valore di aver gestito la bad company… Da quando è stato fatto il bando per la gestione delle attività, la prelazione comunque non era prevista. I Ladisa si sono preoccupati quando hanno capito che il concorrente presentava un piano dello stesso valore, se non addirittura superiore al loro, sul concordato della Mediterranea, con il serio rischio di perdere la testata che è il vero bene mentre, nel frattempo, avevano buttato via mesi sostenendo costi inutilmente”.
Conclusione? “A quel punto si sono detti: chi ce lo fa fare di proseguire per un altro mese e spendere soldi nell’incertezza? Tanto vale che ce ne andiamo”. Le responsabilità, per Martellotta, “stanno da tutte le parti”. Ovvero, da una parte c’è il tribunale “che invece di dare per scontato che questa proroga sarebbe andata avanti avrebbe dovuto preventivamente accelerare le procedure in modo da concludere le votazioni sul piano concordato Mediterranea già entro il 31 luglio”: in modo che già dal primo agosto si sarebbe capito se aveva vinto Ledi oppure Ecologica. Dall’altra, ci sono le responsabilità dell’azienda – cioè Ledi – “perché se ha preso l’impegno con il tribunale di farsi carico della proroga di un mese, non può 24 ore prima dire: no, adesso lascio e me ne vado”.
Previsioni? “Auspico che le procedure di votazione finiscano il prima possibile, per mettere nelle condizioni il giornale di tornare in edicola”, dice Bepi Martellotta. Poi annuncia: “Da domani i giornalisti sono pronti a lavorare. Resta però solo il problema che essendoci costi industriali da sostenere , questi vanno in ogni caso coperti”. Chi mette i soldi?