Simone Toscano, 39 anni, da dodici anni a Mediaset, dice che ha visto “come il giornalismo possa davvero fare qualcosa di buono, contribuire a cambiare le cose, migliorare il mondo”.
Su Facebook ha raccontato perché. Si tratta della morte di Valentina Salamone, una ragazza di 19 anni, avvenuta ad Adrano, un piccolo paese in provincia di Catania, nel luglio 2010.
Con alcune inchieste di Quarto Grado (Rete 4), Toscano ha iniziato a parlare di quella vicenda quasi sconosciuta. I genitori della ragazza non credevano alla tesi del suicidio, ma la Procura aveva chiesto l’archiviazione del caso.
promessa ai genitori
“Ho letto le carte -scrive Toscano- ho visto quello che era sotto gli occhi di tutti e che l’avvocato e un investigatore privato stavano iniziando a mettere in fila, inascoltati. Unica volta nella mia vita, ho detto una frase da film a quei genitori: ‘Vi prometto che arriveremo a farvi avere Giustizia’”.
Per mesi sono andati in onda servizi sulle cose non tornavano nelle ultime ore di Valentina. Parlavano i testimoni, venivano messe in luce le contraddizioni, emergevano “scoperte da brividi”.
“La più clamorosa? In una intervista, la dottoressa che aveva scritto sul certificato di morte ‘il corpo non presenta segni di colluttazione’ (mentre dalle foto era palesemente pieno di lividi), alla fine cede e ammette: ‘Non l’ho visto da vicino… Me lo hanno detto, di scrivere così’. Non si era avvicinata alla povera ragazza perché le ‘faceva impressione’ e si era affidata a quegli stessi uomini che avevano aspettato ore e ore prima di avvertire i genitori di lei, facendogli trovare la figlia già in una bara, con un cappio al collo”.
sangue sotto la scarpa
Dopo quella intervista, lo scenario cambia. La Procura Generale di Catania toglie l’indagine alla Pm che (non) aveva fatto l’inchiesta. Entra in gioco una procuratrice, vengono chiamati i Ris che, a distanza di due anni dal fatto, individuano sangue sotto la scarpa di Valentina: è di un uomo, l’uomo con cui la ragazza aveva una relazione.
Il 28 gennaio, dopo anni di processi, la Cassazione ha decretato in maniera definitiva che quello di Valentina non era un suicidio, e ha condannato all’ergastolo chi le ha tolto la vita: “Quello che avevamo sostenuto già nelle prime inchieste, quando la famiglia (e noi) eravamo presi per pazzi. Il processo non lo fanno i giornalisti (nonostante le male parole che ho ricevuto in aula): lo fanno e davvero lo hanno fatto stavolta gli avvocati, i magistrati, i Ris, i consulenti. Sono loro ad avere portato alle svolte che hanno permesso questo risultato. Ma la scintilla che accende il fuoco, il giornalismo può ancora darla. Possiamo essere utili, almeno un pochino. A Valentina che purtroppo non ho conosciuto e alla sua splendida famiglia, esempio di dignità, l’ultimo pensiero prima di andare a dormire”.
Il condannato si chiama Nicola Mancuso, 35 anni. All’epoca era sposato e non voleva lasciare la famiglia. Nell’ultimo incontro Valentina gli aveva detto di essere incinta di lui. Mancuso l’aveva uccisa stringendole un cappio al collo e aveva poi simulato il suicidio.
Professione Reporter
(nella foto, Simone Toscano)