Innocente. Dopo dieci anni. Vissuti con l’ansia di una rovina economica.
E’ la storia di Claudio Lazzaro, giornalista dell’Europeo, poi del Corriere della Sera.
La Cassazione, prima sezione civile, con sentenza depositata il 3 febbraio del 22, ha decretato la sua assoluzione.
Di cosa era accusato Lazzaro? Di aver arrecato grave danno economico a un esponente di Forza Nuova, che nel 2011 lo aveva citato in giudizio, chiedendo 25.000 euro di risarcimento. Se si aggiungono le spese legali si arriva a una cifra notevole, che diventa una spada di Damocle per chi come Lazzaro, in quegli anni, produce e realizza documentari indipendenti, a basso costo, su temi non comodi, come Lega Nord, Berlusconi, sdoganamento politico della destra estrema.
pregiudicato e candidato
Il documentario di cui stiamo parlando si chiama “Nazirock”, distribuito in DVD nel 2008 da Feltrinelli, trasmesso più volte da Sky. “Nel film -racconta Lazzaro- a un certo punto, nel corso di un’adunata di Forza Nuova, si esibiva sul palco un pessimo cantante, che era anche un pregiudicato finito in carcere per l’aggressione a uno studente che aveva difeso in pubblico i valori della Resistenza. Aveva anche precedenti per porto abusivo di armi, violenze a pubblico ufficiale, fabbricazione di ordigni esplosivi, discriminazione razziale, ed era stato rinviato a giudizio per associazione a delinquere. Forza Nuova lo aveva candidato sia alla Camera, nel 2008, che alle comunali, nel 2007”.
Lazzaro inserisce l’intervista al cantante nel racconto di questa Woodstock della destra estrema, organizzata da Forza Nuova, in cui si alternano gli interventi di un condannato per la strage di Bologna, come Luigi Ciavardini, a quelli di nostalgici del nazifascismo provenienti da tutta Europa e dal Libano, con le esibizioni di gruppi rock che inneggiano alla Repubblica di Salò.
proiezioni cancellate
“Quando Nazirock viene distribuito -prosegue Lazzaro- arrivano minacce e intimidazioni, ci sono librerie che nascondono il Dvd di Feltrinelli e sale cinematografiche che cancellano le proiezioni annunciate. Il cantante decide di farmi causa. Dice che gli ho rovinato l’immagine, gli ho compromesso la carriera. Si tratta, con ogni evidenza, di una delle tante azioni giudiziarie, la sesta senza contare gli appelli, che viene intentata contro di me a scopo intimidatorio, a volte con pretesti stravaganti, da esponenti di Forza Nuova come di Casa Pound. In mia difesa prendono posizione Articolo 21 e l’osservatorio Ossigeno per l’informazione, che mi inserisce nella lista dei giornalisti minacciati”.
Nel maggio 2015 il Tribunale di Roma, sezione proprietà industriale e intellettuale, decide che ha ragione il cantante. Racconta Lazzaro: “Tradotta dal ‘legalese’, la motivazione della sentenza dice grossomodo così: ‘Tu hai fatto informazione correttamente, non ti si può rimproverare nulla, ma siccome le notizie che dai finiscono per danneggiare tizio, allora tu tizio lo devi risarcire'”.
battaglia e resistenza
Lazzaro deve versare al querelante, in solido con Feltrinelli, la somma di 15.000 euro, più gli interessi maturati, più 4.000 euro di spese legali, più altri 4.000 euro per quelle sostenute da Feltrinelli (nel contratto la casa editrice si è messa al riparo dalle questioni legali).
Lazzaro decide di dare battaglia, non paga, resiste.
Nel giugno del 2016, gli arriva una raccomandata da Feltrinelli, che gli dà 15 giorni per saldare un debito di 25.393,70 euro più interessi. L’editore ha pagato il cantante e ora chiede il rimborso. Lazzaro decide di non pagare neanche Feltrinelli.
A tirarlo fuori dai guai, interviene un giovane avvocato romano, Andrea Sangiorgio, che si impegna a fondo e fa vincere Lazzaro in appello e adesso in Cassazione.
“Ma dieci anni di attesa sono troppi, vivi con l’ansia -dice Lazzaro- E con le leggi vigenti chi ha denaro da spendere, se gli dai fastidio, può bombardarti con procedimenti giudiziari pretestuosi. Per lui le spese legali non sono un problema, per te sono un bagno di sangue. C’è un disegno di legge, del senatore Primo Di Nicola, un ex giornalista, che vuole introdurre una penale per chi cita in giudizio a scopo intimidatorio, senza solidi motivi. Ma questa legge non riesce a passare. Sarebbe fondamentale la possibilità, per giornalisti indipendenti, di indagare e raccontare stando fuori dai grandi gruppi editoriali. Ma questa possibilità non esiste se non si fa una legge su queste cause in malafede, che nel linguaggio giuridico vengono definite “temerarie”.
Professione Reporter
(nella foto, Claudio Lazzaro)