C’è una prima protesta per la confusione sui giornali italiani fra giornalismo e pubblicità. Non arriva dal sindacato nazionale, non arriva da un Comitato di redazione, ma dal servizio Interni di un grande quotidiano, la Repubblica.
Con parole molto nette e molto dure.
“Cari colleghi -scrivono i redattori degli Interni al Cdr- in allegato troverete dei post e articoli pubblicati sui nostri social e sul nostro sito. Sono contenuti che confondono i lettori, con poco giornalismo e molta pubblicità, e che dequalificano il nome, il marchio “Repubblica”.
pantaloni slim
Esempio, da repubblica.it su Facebook: “Per la sua performance sul palco dell’Ariston, ha indossato pantaloni slip 5 tasche in pelle nera di Gucci. Make-up Gucci Beauty con occhi bistrati di nero, capelli biondi corti, busto nudo, decorato dai molti tatuaggi e piedi scalzi. A completare il suo look essenziale il cantante romano per la sua prima esibizione al Festival ha indossato anelli e orecchini della Collezione Bulgari B.zero1: un anello Bulgari B.zero1 a una fascia in oro rosa e orecchini Bulgariu B.zero1 in oro giallo e diamanti”. Si parla di Achille Lauro. Esempio numero due, Repubblica Roma su Instagram: “Aiutare gli investitori nel mondo della finanza è l’obiettivo di Erika e Daniele, che hanno deciso di unire le loro skills ed esperienze lavorative in un progetto fatto di informazione finanziaria e consulenza dando vita a @plus.advisor”.
“Li riteniamo -prosegue la lettera- deontologicamente scorretti e oltretutto, temiamo, anche passibili di provvedimenti esterni proprio per la confusione e commistione che generano. Stiamo assistendo da tempo a un decadimento qualitativo e informativo dei contenuti che vengono pubblicati sui social (e anche sul sito), ma qui siamo di fronte a réclame vere e proprie.
strategia miope
Ci chiediamo se sia questa la giusta strada per crescere e rafforzarci e non invece una strategia miope. Repubblica.it è stata per molti anni leader dell’informazione online ed è avvenuto grazie ad un rigoroso lavoro giornalistico, alla sua qualità e indipendenza, trattando i lettori come tali e non trasformandoli in consumatori.
Nella nostra organizzazione interna infine notiamo una totale assenza di coordinamento con le redazioni social, ormai sganciate dalla vita e dalle priorità giornalistiche, le quali rimangono la nostra missione. Ma il marchio ‘Repubblica’ è uno, il suo buon nome è – anche dal punto di vista imprenditoriale – il miglior proprio asset, il quale vive grazie al lavoro e a all’autonomia giornalistica della nostra intera comunità. Non possiamo consentire che venga dissipato sotto i nostri occhi né possiamo rinunciarvi”.
Per ora il Cdr ha scelto la strada di diffondere la lettera in redazione. Certe volte movimenti iniziano da un gesto laterale e coraggioso.
Professione Reporter