di MICHELE MEZZA
Mentre divampano gli incendi nei pressi delle centrali nucleari in Ucraina, diventa davvero paradossale ricordare lo scenario internazionale di 30 anni fa, quando ancora si parlava di guerra fredda e di confronto fra le due super potenze come un’età dell’oro.
Eppure a questo ci costringe, nel florilegio di notizie terribili che arrivano dal fronte ucraino, anche la notizia della chiusura di Eco di Mosca, la radio libera che dai lontani giorni della perestroika gorbacioviana aveva sempre informato la capitale russa con un piglio sbarazzino e autonomo.
Ritrovarmi a parlare di quella radio, che avevo archiviato nel cassetto di una memoria impolverata da un cambio di epoca e di civiltà, mi porta proprio a quell’autunno del 1992, quando, inviato del Gr1 di Livio Zanetti, mi aggiravo per una Piazza Rossa in cerca di identità: da epicentro del sovietismo rivoluzionario, nell’iconografia retorica di un immaginario cementato dal turismo politico, a palcoscenico di una improvvisata e avventurosa transizione guidata da un Boris Eltsin ancora eccitato dalla sua impresa di aver fermato il golpe del luglio del ‘91.
corvo bianco
Un’eccitazione che porta Corvo Bianco, come era soprannominato l’irrequieto e imprevedibile nuovo presidente della Federazione russa, ad infierire nei confronti di Michail Gorbaciov che da prima vittima del colpo di mano tentato dall’apparato più ottuso e oscuro del Cremlino, si era poi trovato sul banco degli accusati a rispondere di 70 anni di errori e delitti di un regime che proprio lui aveva smantellato.
Era una Mosca strana quella, in cui pulsioni democratiche, alimentate da una non meglio identificata spinta all’occidentalizzazione, si mischiavano con le prime apprensioni per il ruolo e il destino della grande Russia.
In questo primo gioco delle ombre l’unico capro espiatorio per chi voleva più democrazia o più potenza era sempre e solo l’ex presidente con la voglia sulla testa.
possibile arresto
Si parlava del ritiro del suo passaporto proprio nei giorni in cui era in preparazione un viaggio di Gorbaciov in Italia. Poi comincia a correre la notizia di un suo possibile arresto, di una reclusione ai domiciliari di tutta la famiglia. Ad aggiornarci sono giovani colleghi che hanno improvvisato una Radio, proprio dietro ai mitici Gum, i magazzini, noti soprattutto per essere sempre sguarniti di merci, che chiudono di fronte al Cremlino la Piazza Rossa. Con loro, che hanno un filo diretto con casa Gorbaciov, cerchiamo di trovare il modo per dare spazio alla voce dell’ex presidente. Sarebbe un bel colpo, ci diciamo, organizzare una trasmissione nella radio moscovita con la partecipazione dei giornalisti esteri. Riporto a Livio Zanetti l’opportunità, proponendogli che sia il Gr1 ad organizzarla, magari -azzardo- collegandoci in diretta con la nostra programmazione. Livio si illumina e mi semplifica un’idea che non osavo nemmeno formulare: facciamo a Mosca Radio Anch’io e ci colleghiamo in diretta con Gorbaciov. Di più, rilancio: portiamo Gorbaciov in trasmissione con i nostri partner di Eco di Mosca. Non avevo nemmeno finito di completare la frase che al telefono Zanetti mi impone il silenzio: non dirlo nemmeno a tua moglie, di cui conosceva la loquacità.
Era evidente che il direttore di razza aveva timore sia che le autorità moscovite ci impedissero in vari modi di portare in porto il progetto, magari proprio isolando Gorbaciov, e sia, soprattutto -mi viene da dire- conoscendo la competitività di Livio, che qualcuno della concorrenza potesse vanificare l’esclusiva.
febbre organizzativa
In poche ore a Roma monta la febbre organizzativa. Ma in punta di piedi e fingendo di nulla. Due tecnici ricordo sicuramente, Diego Panbianco e Walter Cometti, ma non vorrei dimenticare qualcuno. Sarebbe grave perché sono loro che fecero un vero miracolo. Al telefono si metteva a punto il progetto: con i responsabili di Eco di Mosca, ragazzi che avevano solo qualche esperienza di radio amatore, si pensò di prevedere due uscite audio: in italiano verso il nostro paese, in russo per la città di Mosca. Un vero virtuosismo per uno studiolo con un mixer con solo 4 piste e senza Revox. Il giorno dopo, siamo all’11 ottobre, arrivano i “marines”. Sbarca all’aeroporto Shremetievo il gruppo del Gr1, con le valige tecniche. In aereo incontrano i colleghi corrispondenti della sede Rai e devono mentire spudoratamente: “Ragazzi cosa fate, qui non sappiamo niente”, chiedono i corrispondenti. “Niente”, risponde spudoratamente Diego, avendo avuto ordini tassativi da Zanetti: mentire, mentire, mentire. E aggiunge per dare un senso a quello spiegamento: sapete come è Mezza, ogni tanto si inventa qualche collegamento di costume più ambizioso e bisogna dargli spago.
parmigiano da roma
Evito di farmi vedere all’aeroporto, proprio per evitare un eventuale interrogatorio. Incontrati i tecnici, andiamo subito nello sgabuzzino di Eco di Mosca. Appena entrati, i due responsabili della trasmissione del Gr1 si mettono le mani nei capelli: “E qui dentro che facciamo? Al massimo una telefonata”. Poi comincia il ping pong con i ragazzi della radio e tutti si elettrizzano, nel senso letterale del termine: fili scoperti e prese pendenti erano una vera minaccia per l’incolumità generale. Per tutta notte si lavora creando dal nulla un perfetto bonsai dello studio di Saxa Rubra. Un capolavoro. Intanto, io, l’interprete Natalia Terechova e i due coordinatori editoriali della radio, ci barrichiamo a casa di Gorbaciov, entrando da una porticina laterale, per evitare di essere intercettati dai piantoni. Con il parmigiano che avevo chiesto a Panbianco di portare da Roma per la golosità della signora Raissa, la moglie del presidente, entriamo fiduciosi. Per ore si alternano docce scozzesi: si fa. Non si fa. Si fa. Non si fa più.
Usciamo all’alba, affacciandoci sulla Collina dei passeri, dove viveva la famiglia Gorbaciov, da cui la vista della capitale russa fa concorrenza al Gianicolo.
Incrociamo le dita. Tutto può essere. Uno dei due colleghi di Eco di Mosca resta a casa di Gorbaciov, per marcarlo stretto e accompagnarlo fisicamente in radio il giorno dopo.
cabina telefonica
Alle 11 del mattino, le 9 ora di Roma, siamo tremanti, schiacciati nella cabina telefonica che è lo studiolo: insieme a me, alcuni colleghi della stampa italiana, come Giulietto Chiesa de La Stampa e Paolo Valentino del Corriere della Sera. Parliamo nervosamente per ingannare l’attesa: una staffetta si informava su quanto accadeva al portone. Siamo quasi alla sigla di Radio anch’Io. Zanetti, per prudenza, non aveva fatto lanciare l’evento, parlando genericamente di un filo diretto con Mosca, in vista di una drammatizzazione della crisi per il destino di Gorbaciov. Finito il meteo, siamo in attesa dell’inizio della trasmissione e ancora niente. Esattamente mentre Carla Mosca, la grande giornalista della cronaca della Radio Rai a cui Zanetti aveva affidato la conduzione a Roma, inizia a parlare – non senza imbarazzo – perché ancora non ha capito cosa stia accadendo a Mosca, vedo un balucinio sulla porta: è la pelata di Gorbaciov, lucida e scintillante, che si curva per entrare. Un applauso di tutti i presenti, tecnici e giornalisti. Quasi accasciandomi per il calo brusco di pressione, prendo la linea da Carla e lancio l’evento straordinario.
In attesa di venire in Italia, e nonostante le minacce alla sua libertà – scandisco non senza forse qualche enfasi – il presidente Gorbaciov sceglie il Gr1 per lanciare il suo messaggio di pace e riconciliazione e chiedere all’Italia di aiutarlo nella sua missione che continua.
ingrao e agnelli
Cominciamo con un fitto botta e risposta, tradotto magistralmente da Natalia e suo marito Nikolai, due russi che sanno l’italiano meglio di me.
Insieme a me a fare le domande i colleghi che sono in studio a Mosca e poi, da Roma, sento sgomitare in parecchi attorno a Zanetti per segnarsi sul registro dei presenti. Tutto scorrre imprevedibilmente senza alcun intoppo. L’unico problema viene dai centralini Rai, ingolfati da centinaia, migliaia di telefonate: tutti vogliono parlare con Gorby. Infiniti cittadini comuni e, con loro, le autorità: il presidente della Camera Ingrao si mette in fila e riesce a rivolgersi al suo interlocutore a Mosca, assicurandogli che l’Italia lo aspetta, e poi parlamentari, ministri, sindaci, persino Gianni Agnelli chiede di intervenire, annunciando che ha fatto accostare la sua auto, mentre stava viaggiando. Varie radio americane chiedono di potersi collegare. È un uragano. Solo chi ricorda quel tempo, l’entusiasmo, la passione, l’amore per quell’uomo che cancellava la paura e smantellava gli arsenali potrà farsi una ragione di quella frenesia .
La radio mostrò al meglio la sua potenza e pervasività. Soprattutto la collaborazione fra Eco di Mosca e il Gr1 anticipava quella connessione che oggi permette all’emittente di reagire alla chiusura spalmandosi sul web e sfidando Putin a scovarli nei meandri digitali.
(nella foto, Aleksei Venediktov, direttore di Radio Eco di Mosca)