“Cari tutti, scusate il disturbo collettivo”. Cominciava così la mail interna di una redattrice del Corriere della Sera di Milano. Era il 4 marzo scorso.
Raccontava poi la storia della tata dei suoi figli. Ucraina.
Una signora con due figli, un maschio di 17 anni e una femmina di 20, che si trovavano a Sumy, città bombardata, vicinissima alla Russia. Ospiti di amici, in una cantina. Senza riscaldamento, né elettricità.
scuola-calcio
Cittadini italiani, nati in Italia da padre italiano (sparito da 15 anni), dall’infanzia residenti in Ucraina. Non parlano italiano e hanno i documenti italiani scaduti, quelli ucraini invece sono in regola. La ragazza faceva l’università a Kiev. Il ragazzo era in una scuola calcio, vicino a Kiev. La giornalista scriveva che la mamma era disperata e voleva farli arrivare in Italia: “Abbiamo scritto al consolato, all’ambasciata, senza fortuna. I problemi sono tanti: viaggio lungo e pericoloso, c’è un minore, i documenti italiani scaduti. Ci vuole per forza – immagino -un salvacondotto o comunque che qualche autoritá si prenda in carico i due ragazzi. Vedo giorno e notte questa donna piangere disperata. I figli la chiamano terrorizzati da bombe e sirene. Non oso disturbare i nostri inviati, perchè immagino in che situazione si trovino. Ringrazio fin d’ora chiunque di voi possa darmi un suggerimento, un contatto utile, una dritta”.
contatto prezioso
Il 12 marzo, nuova mail a tutta la redazione: “Un’ora fa, mamma Yulia ha riabbracciato i suoi ragazzi all’areoporto di Malpensa”.
Sono arrivati con un volo da Budapest, dopo un lunghissimo viaggio tra i bombardamenti, soprattutto in Ucraina in macchina. La giornalista ringrazia i colleghi per esserci stati, per aver scritto o telefonato, e aver sperato insieme a Yulia e a lei di farcela.
Poi, “un grazie speciale agli inviati, uno specialissimo a Francesco Battistini per aver creato un contatto a Sumy, che si è rivelato prezioso per scappare con una macchina da lì. E un grazie, che in realtà è un monumento, a Fiorenza Sarzanini, che – con l’unità di crisi e l’ambasciata – ha seguito passo passo i ragazzi, di giorno e di notte, rendendo possibile il rientro con tutte le difficoltà, prima della guerra e poi della burocrazia, tra documenti scaduti e lasciapassare”.
bozzetti perduti
Ora -conclude la giornalista- c’è da disegnare il futuro di questi ragazzi sradicati di colpo dalla loro terra, dagli studi, dagli amici. Dovranno trovare un alloggio, documenti, tessera sanitaria, imparare la lingua: “Piano piano… Daniele ha 17 anni, ha un talento: il calcio. Era in un collegio-scuola calcio e ha la faccia e i piedi di Sheva… proveró a contattare la stella rossonera… Magari ci indica una scuola calcio nei pressi di Milano. Anastasia ha 19 anni e studiava all’universitá di Kiev, un corso di moda. È disperata perchè aveva un computer pieno di vita e bozzetti nel suo monolocale di studentessa. L’ha lasciato, scappando”.
(nella foto, Daniele, Yulia e Anastasia, all’aeroporto)