di ROBERTO SEGHETTI
L’andamento dei prezzi delle materie prime sta mettendo a dura prova anche l’editoria. Negli ultimi mesi i rincari relativi alla carta stanno spingendo alcune testate a ridurre la foliazione. I rincari dei carburanti e quindi dei trasporti stanno mettendo sotto pressione la distribuzione, al punto da spingere altre testate a abbandonare le piazze più periferiche, con un fenomeno di pericolosa autoasfissia. Per queste ragioni la Fieg, sulla scia di quanto stanno facendo diverse associazioni imprenditoriali, si accinge a chiedere sostegni specifici al governo. Tanto più che le nuove difficoltà sono come pioggia che cade sul bagnato.
I rincari delle materie prime si sono aggiunti infatti alla crisi strutturale della carta stampata (testimoniata anche dagli ultimi bilanci aziendali sui quali ci si sofferma più avanti): una crisi di transizione, in cui ci sono gruppi editoriali che stanno tentando di aprirsi un nuovo cammino, pur se recano ancora segni di sofferenza, e molti altri che stentano ancora trovare una via per uscire dalla palude; una crisi in cui, fuori dalle aziende editoriali, si riduce ogni giorno di più lo spazio per la diffusione dei giornali stampati, perché calano gli acquirenti e perché si stanno riducendo anche i punti di acquisto: molte edicole chiudono, altre si trasformano (centro di servizi per il quartiere a Torino), altre ancora, soprattutto nei centri delle grandi città, pur restando formalmente edicole, diventano negozi di daily food, con in un angolo alcuni giornali (Milano), o spacci di souvenir con un piccolo corner di quotidiani (Roma).
diffusione strangolata
Anche in questo caso, per evitare lo strangolamento della diffusione, Fieg e associazioni degli edicolanti hanno lavorato ad un accordo per affidare a questi ultimi anche un ruolo di diffusione di vicinanza (per esempio dislocando alcune copie di quotidiani e altre testate presso tabaccai, panettieri e altri negozi di quartiere). Un tentativo di allargamento della stretta, in somma, i cui risultati, se ci saranno, riguardano il futuro.
Nel presente, quindi, restano i rincari delle materie prime e risultati economici delle imprese editoriali che, complessivamente, presentano molte ombre e solo alcune luci.
Tra queste ultime si segnalano alcuni dati della Rcs. L’ammontare dei ricavi è risultato in calo nel 2021 rispetto agli anni precedenti il Covid, ma tre fattori indicano che vi è stato uno sforzo e alcuni progressi. Il primo: il 2021 si è chiuso per il gruppo Cairo con un attivo netto di 51 milioni di euro (16,5 nel 2020) e una posizione finanziaria netta di 37 milioni, mentre nel 2020 c’era un indebitamento di 63 milioni. In questo quadro, la Rcs ha avuto un risultato netto di 72,4 milioni (32,7 nel 2020) e una posizione finanziaria netta di 16,7 milioni, contro un indebitamento di 59,6 milioni nel 2020. I numeri certificano, dunque, che Rcs migliora gli utili e riduce l’indebitamento. Il secondo fattore riguarda la raccolta pubblicitaria: nel 2021 i ricavi della Rcs sono ammontati a a 348,3 milioni rispetto ai 312,8 milioni del 2020 (+35,5 milioni). In questo contesto, la raccolta pubblicitaria complessiva sui mezzi on-line si è attestata, nel 2021, a 154,7 milioni, rappresentando così più del 44 per cento della raccolta pubblicitaria complessiva (con un progresso del 20 per cento in Italia e quasi del 30 in Spagna). Non è ancora l’approdo della transizione, ma è indubbiamente un passetto in avanti. Infine, vanno segnalati l’aumento dei ricavi editoriali e diffusionali: 375,7 milioni (343,6 milioni nel 2020) e il numero degli abbonamenti online dichiarati: 384 mila per il Corriere e 80 mila per la Gazzetta dello Sport. Non è tutto oro ciò che luccica, dentro questi numeri ci sono anche gli ingaggi sottocosto promozionali. Ma il dato dei ricavi, unito a quello degli abbonamenti, segnala che una parte delle promozioni è rimasta attaccata al giornale quando è arrivato il momento di pagare la tariffa per intero.
50 milioni di perdita
Questo significa che la crisi è superata? Che la transizione è finita con successo? No, affatto. Tant’è che i ricavi risultano contenuti rispetto agli anni pre Covid e che nelle valutazioni sul valore dei brand del gruppo c’è eccesso di fiducia. Però Rcs ha imboccato una sua via.
Anche l’altro grande gruppo editoriale, Gedi, dichiara di aver migliorato il rapporto tra abbonamenti online promozionali e abbonamenti pieni, e in certa misura è vero anche in questo caso, ma il quadro che emerge dai conti consolidati (pag. 56, 57 e 58 nell’Annual Report Exor, in cui Gedi è politicamente importante ma economicamente periferico rispetto a Stellantis, PartnerRe….) indica che dalle parti de La Repubblica e de La Stampa la via è molto, molto più difficile da trovare e da percorrere. Il 2021 si è chiuso con una perdita netta di 50 milioni (in calo rispetto ai 166 del 2020), ma anche con un aumento dell’indebitamento finanziario netto a 116 milioni di euro dai 106 del 2020 (tra l’altro spiccano per contrasto in questo contesto generale i positivi dati relativi all’Economist, che è un altro gruppo editoriale dove Exor ha investito). Altri dati consentono di guardare ancora meglio dentro questa importante realtà editoriale italiana. I ricavi diffusionali dei prodotti tradizionali sono ammontati a 218 milioni di euro, in calo del 6 per cento rispetto a dati comparabili del 2020. Gli abbonamenti digitali – sostiene il gruppo – sono cresciuti del 30 per cento rispetto all’anno precedente (ma anche qui solo in parte sono abbonamenti rimasti quando è arrivato il momento di pagarli per intero invece che quasi gratis per via delle promozioni); molte le innovazioni di prodotto e anche gli investimenti nei social (la crescita della presenza de La Repubblica e de La Stampa su Instagram è stata particolarmente significativa). Tuttavia, nonostante questi impegni, i ricavi da digitale – teniamo presente che in questo caso ci sono anche le radio e che Gedi è il secondo gruppo radiofonico italiano per quantità di ascoltatori – hanno rappresentato nel 2021, sia pure dopo una forte crescita, il 17,3 per cento del totale (22,1 per cento nel caso de La Repubblica). Le entrate da pubblicità sono ammontate a 260 milioni di euro (più 8,4 per cento nella carta stampata, più 14,9 per le radio, più 24,3 per cento per le attività su internet).
tagli al personale
Conclusione? L’impegno in termini di prodotto e di investimenti nel gruppo Gedi c’è stato, e non di poco conto; negli anni ci sono stati anche risparmi notevoli sul costo del personale; ma tutto questo non si è ancora tradotto in un altrettanto forte miglioramento dei conti o nell’accensione di una visibile luce in fondo al tunnel.
Altri gruppi non stanno meglio, continuano a tagliare il personale e mostrano i segni di una transizione ancora immatura, con un ampliamento di diffusione e di raccolta pubblicitaria digitali insufficienti.
Il gruppo Monrif, che non comprende solo aziende editoriali, ha conseguito nel 2021 ricavi per 149,5 milioni e un risultato consolidato positivo di 2,5 milioni di euro (- 5,8 milioni nel 2020). La posizione finanziaria netta calcolata secondo le raccomandazioni dell’Esma, l’istituto che vigila sui mercati finanziari europei, ha presentato un indebitamento di 96,3 milioni di euro (96 nel 2020, anno in cui il gruppo ha anche ottenuto di rimodulare a lungo termine una parte dei crediti ottenuti a breve). Quanto alla parte più strettamente editoriale, i ricavi sono ammontati a 78,8 milioni (76,7 milioni dalla vendita di copie cartacee, con una riduzione di oltre l’8 per cento, 1 milione dalla vendita di copie digitali, 1 milione dalla vendita di prodotti collaterali). I ricavi da pubblicità sono ammontati a 46,4 milioni rispetto ai 43,1 milioni registrati nell’esercizio 2020 (1,2 milioni in più dalla carta stampata e 0,2 milioni in più dall’online). L’investimento sulle attività online è stato importante, soprattutto dal punto di vista degli apporti di manager qualificati. Ma i risultati ancora non si vedono. In compenso i costi operativi sono aumentati di oltre il 3 per cento (carta, energia ecc..), nonostante la riduzione dei costi di diffusione e soprattutto la riduzione dei costi per il personale, grazie al prepensionamento di 63 dipendenti tra personale giornalistico (10) impiegatizio ed operaio, sia per l’effetto di alcune misure temporanee (solidarietà, Cassa Covid, FIS).
clienti digitali
Anche il gruppo Caltagirone ha abbattuto i costi operativi, grazie al taglio del personale e al contenimento dei costi delle materie prime (ha usato meno carta). Ma, in linea con le consuetudini di questo editore, gli effetti sui dati di bilancio sono risultati migliori, anche per la pregressa robustezza finanziaria del gruppo. In particolare, i ricavi sono ammontati nel 2021 a 122,7 milioni di euro (119,9 nel 2020); il margine operativo lordo è stato positivo per 15,5 milioni di euro (5,5 nel 2020); la gestione finanziaria è stata positiva per 13,1 milioni di euro (2,9 nel 2020); e il risultato netto di Gruppo è stato positivo per 28,7 milioni di euro (era stato negativo per 44,3 milioni di euro nel 2020). La posizione finanziaria netta è risultata pari a 45,2 milioni di euro, in diminuzione di 40,8 milioni di euro principalmente per effetto di investimenti netti in azioni quotate e per la quota di indebitamento derivante dall’applicazione del principio contabile IFRS 16 (è una nuova modalità di contabilizzare attività in leasing), al netto dei dividendi incassati su azioni quotate e del positivo flusso di cassa operativo. Dal punto di vista della transizione verso un nuovo equilibrio tra stampa e online, e a ulteriore dimostrazione della capacità di gestione economica del gruppo, va detto che questi dati di bilancio sono stati raggiunti con ricavi diffusionali, ivi incluse le vendite di copie e abbonamenti digitali, in flessione del 4,6 per cento rispetto al 2020 (nonostante quella che è stata definita una crescita “significativa” del numero dei clienti dei prodotti digitali che è andato a compensare il calo dei clienti tradizionali). La raccolta pubblicitaria nel corso dell’esercizio è stata sostanzialmente in linea con l’esercizio precedente. La contribuzione del settore internet sul fatturato pubblicitario complessivo si è attestata al 24,8 del totale.
numeri in grigio
In grigio i conti del gruppo Sole 24 Ore, nonostante vi siano stati anche in questo caso un aumento dei ricavi ( 203,5 milioni di euro contro i 191 del 2020 ) e cospicue operazioni sul personale: il 2021 si è chiuso con un Ebita (in pratica, margine operativo lordo) positivo per 11,3 milioni di euro; un Ebit (margine operativo al netto di tasse e oneri finanziari) negativo per 15,3 milioni di euro; un risultato netto negativo di 21 milioni di euro e un patrimonio netto di 13,9 milioni di euro, in calo di 21,5 milioni rispetto al 2020. La posizione finanziaria netta (indebitamento) al 31 dicembre 2021 è risultata negativa per 63,8 milioni di euro (50,9 nel 2020). Più in particolare, per avere qualche dato di riferimento in più, il margine operativo lordo era di oltre 22 milioni di euro, prima che il gruppo investisse un nutrito pacchetto di milioni di euro in incentivi per l’uscita e la ristrutturazione del personale. In ogni caso, anche per il Sole 24 Ore, da tempo uno degli esempi più avanzati di utilizzo dei prodotti online, va rimarcato che la pandemia ha lasciato il segno, avendo prodotto un rallentamento dell’attività di diverse categorie di professionisti che fanno affidamento sull’abbonamento a Il Sole. La somma delle copie cartacee e digitali è risultata infatti in calo del 5,1 per cento come compensazione tra un calo del 10 per cento della carta stampata compensato solo in parte da un incremento della diffusione digitale. Quanto alla raccolta pubblicitaria il gruppo ha chiuso il 2021 con una crescita del 10,3 per cento (netto pubblicità locale dei quotidiani) così composto: +4,5 quotidiani (netto locale), +3,6 i periodici, +10,4 la radio, +17,6 internet.
Un esempio positivo, anche se di dimensioni minori, è invece risultato il bilancio chiuso da Seif Spa, la società editrice de Il Fatto quotidiano, che ha potuto presentare un bilancio 2021 in positivo nelle diverse voci: ricavi a 38,4 milioni (+1,2 per cento); margine operativo lordo a 5,9 milioni (+12,8); ebit a 0,46 milioni di euro (+188per cento); posizione finanziaria netta positiva per 2,2 milioni (+67,1 per cento). Più in particolare, i ricavi riconducibili alle vendite in edicola del quotidiano sono ammontati a 16,2 milioni di euro (-6 per cento); quelli relativi alle vendite del magazine mensile FQMillennium a 0,5 milioni; le vendite dei libri Paper First nel canale edicola e libreria hanno permesso l’entrata di 1,4 milioni di euro e le vendite di abbonamenti dei prodotti editoriali e contenuti digitali sono ammontate a oltre 6 milioni di euro (+37 per cento). I ricavi del settore media content sono infine cresciuti del 17,6 per cento e sono stati composti essenzialmente dai ricavi di sfruttamento dei contenuti televisivi (3,4 milioni) e dalle vendite di spettacoli teatrali ed eventi.
(nella foto Urbano Cairo, presidente Rcs)