Meta (Facebook), Google, Twitter e TikTok non si impegnano a tutelare i propri utenti fornendo informazioni sull’affidabilità delle fonti che citano sulle loro piattaforme.
E’ questo il risultato (negativo) del lavoro che ha portato alla pubblicazione del nuovo Codice di buone pratiche dell’Ue contro la disinformazione. Nell’annunciare questa revisione, la Commissione europea ha sottolineato che le grandi piattaforme, in particolare, dovrebbero fare di più per fornire ai consumatori le informazioni di cui hanno bisogno per giudicare l’affidabilità delle fonti che compaiono nei loro feed dei social media e nei risultati di ricerca. “Gli utenti dovrebbero avere accesso a strumenti per individuare e segnalare la disinformazione e per navigare in sicurezza”, ha affermato la Commissione.
“possibilità, non dovere”
La Commissione ha incoraggiato le piattaforme a fornire ai propri utenti l’accesso a “indicatori di affidabilità basati sull’integrità della fonte”, come si legge nelle sue Linee guida. Tra le grandi piattaforme soltanto Microsoft si è impegnata ad adottare questa misura. Nelle loro dichiarazioni di intenti, Meta (Facebook), Google, Twitter e TikTok non hanno manifestato l’intenzione di tutelare i propri utenti fornendo informazioni sull’affidabilità delle fonti.
Secondo quanto affermato dalle piattaforme, la Linee guida menzionavano soltanto la “possibilità” di mettere in atto misure di questo tipo per responsabilizzare i propri utenti, e dunque non rendevano obbligatoria questa iniziativa.
“Morta e sepolta”
“Nell’utilizzare giochi di parole e appellarsi al fatto che la Commissione abbia usato il termine ‘potrebbero’ anziché ‘dovrebbero’, queste piattaforme stanno riconoscendo che, da quando il Codice del 2018 è stato stilato, la loro adesione a questa misura fondamentale, e di facile messa in pratica, che potrebbe fornire agli utenti informazioni sull’affidabilità delle fonti, è stata soltanto di facciata. Queste piattaforme preferiscono continuare a sommergere i propri utenti di contenuti scelti da algoritmi segreti e poco trasparenti, tesi a potenziare il loro modello di business, piuttosto che offrire strumenti utili alle persone a cui dovrebbero prestare servizio. Questa misura cruciale del Codice sembra ormai essere morta e sepolta, perlomeno fino a quando la Commissione non smetterà di dipendere ingenuamente dalla volontà di queste piattaforme di agire nell’interesse pubblico”, ha affermato Steven Brill, co-CEO di NewsGuard, l’organizzazione che monitora l’attendibilità dei siti d’informazione.
duecentoventinove siti
Le piattaforme hanno di fatto consentito un’ampia circolazione della disinformazione russa. Ad esempio, la testata gestita dal Cremlino RT è diventata la principale fonte di notizie su YouTube, piattaforma di proprietà di Google.
“L’aggressiva opera di disinformazione russa sull’invasione dell’Ucraina ha rafforzato la necessità di fornire ai consumatori le informazioni di cui hanno bisogno su chi sta fornendo loro le notizie che trovano sulle piattaforme digitali. Ad oggi, gli analisti di NewsGuard hanno identificato 229 siti che pubblicano disinformazione russa, molti di più dei due (RT e Sputnik News) finora sanzionati dalla maggior parte delle piattaforme digitali su indicazione della Commissione europea”, ha affermato il co-CEO di NewsGuard Gordon Crovitz.
“Il Codice considera le piattaforme e gli altri firmatari responsabili quando si tratta di evitare il posizionamento di pubblicità programmatica su siti che pubblicano costantemente disinformazione, attraverso l’uso di indicatori di affidabilità come quelli forniti da NewsGuard. Come NewsGuard e Comscore hanno rilevato lo scorso anno, il settore della disinformazione è in piena espansione: si stima che chi pubblica disinformazione riceva 2,6 miliardi di dollari di entrate pubblicitarie ogni anno dai principali marchi a causa di come funziona la pubblicità programmatica o quella guidata dagli algoritmi, in cui i marchi non sanno esattamente dove vengono pubblicati i loro annunci. Ridurre la pubblicità sui siti che pubblicano disinformazione è un passo cruciale. Gli inserzionisti che utilizzano strumenti di sicurezza del marchio come il nostro smettono di finanziare la disinformazione e vanno a supportare il giornalismo di qualità”, ha spiegato Brill, co-CEO di NewsGuard.
Le piattaforme hanno ora sette mesi per presentare alla Commissione europea la prima serie di relazioni sulle proprie prestazioni e dimostrare che le nuove azioni intraprese nel rispetto del Codice possano essere considerate iniziative di “attenuazione del rischio”, e cioè quelle misure che dovranno mettere in atto ai sensi del Digital Services Act, il regolamento che definisce gli obblighi dei servizi digitali che fungono da intermediari nel connettere i consumatori a beni, servizi e contenuti.
società civile e fact checker
“Il nuovo Codice è solo il primo passo”, ha affermato Virginia Padovese, Managing Editor e Vice President Partnerships per l’Europa di NewsGuard. “Per assicurarci che abbia un impatto reale dobbiamo monitorarne l’attuazione: è fondamentale che le grandi aziende mettano in atto queste misure in modo tempestivo ed efficace. Tra i firmatari del nuovo Codice ci sono attori della società civile, fact-checker, organizzazioni che valutano e analizzano le fonti delle notizie e diverse realtà che si occupano di contrastare la disinformazione”.
Fondato nel marzo 2018 dall’imprenditore dei media Steven Brill e dall’ex publisher del Wall Street Journal Gordon Crovitz, NewsGuard fornisce valutazioni di affidabilità e schede informative per migliaia di siti di notizie e informazioni. NewsGuard ha analizzato i siti di notizie che rappresentano il 95% dell’engagement online negli Stati Uniti, in Canada, nel Regno Unito, in Germania, Francia e Italia. NewsGuard si serve di un team di giornalisti e redattori di grande esperienza per analizzare e valutare i siti di notizie e informazioni, verificando, ad esempio, se il sito pubblica ripetutamente contenuti falsi, se corregge gli errori con regolarità e se evita titoli ingannevoli. Sulla base di questi criteri, ogni sito riceve una valutazione complessiva di affidabilità, un punteggio da 0 a 100, un punteggio associato a ogni criterio e una scheda informativa che spiega nel dettaglio la valutazione e fornisce alcuni esempi delle pratiche editoriali del sito.
Ulteriori informazioni, incluso come scaricare l’estensione del browser e approfondire il processo di valutazione, su newsguardtech.com/it.
(nella foto, Steven Briull, co-CEO di NewsGuard)