di MARIO MORCELLINI*

Si avvia al tramonto la più anomala delle campagne elettorali della storia repubblicana e si moltiplicano analisi e bilanci prematuri, troppo spesso basati sull’emotività o, peggio ancora, sul pregiudizio ideologico.

E’ in corso da anni, non certo da ieri, un processo tutt’altro che graduale di sostituzione della politica con la comunicazione in tutte le sue declinazioni. Un fenomeno prorompente che si potrebbe definire “di lunga durata” secondo la fortunata formula dell’École des Annales, ma i ritmi onnivori del cambiamento tecnologico inducono a ripensare persino le coordinate cartesiane dello spazio e del tempo. 

dimensione comunicativa

Gli studi condotti negli ultimi anni testimoniano che ad una lunga fase storica in cui i mezzi di informazione si ponevano in un atteggiamento di narrazione e mediazione di temi e discorsi politici, si è avvicendata una stagione in cui essi diventano la piattaforma vincente di interazione con la domanda ‘dal basso’ e con gli stessi pubblici. Si ha così la riprova di quanto sia più centrale che mai, nell’esperienza sociale degli uomini moderni, la dimensione comunicativa e in particolare quella virtuale, divenuta il terreno privilegiato di conflitto nel mercato dell’influenza e nell’economia dell’attenzione. 

Gli aspetti più critici di tale scenario dipendono in buona misura dalla difficoltà di aprire gli occhi sull’accelerazione quasi compulsiva dei processi in atto e sulla conseguente difficoltà nel governarli. Se non si temesse l’irriverenza culturale, si potrebbe tranquillamente adattare la citazione di Seneca all’anomia e alla sregolatezza che caratterizzano ogni giorno di più la Rete e il suo “imperialismo della disintermediazione”: Ducunt volentem fata, nolentem trahunt. In altre parole, il filosofo ci insegna che si può opporre al destino solo chi trasforma la volontà in uno strumento di azione e di lotta. Tutti gli altri saranno trascinati dagli eventi, come può accadere ai moderni di fronte alla voracità di cambiamenti che allontanano l’orizzonte di una politica intesa come progetto di uomo e società. 

utopia egualitaria

Combinandosi con l’inedita centralità che il digitale pone sull’individuo e con la forza dell’interconnessione abilitata dalle piattaforme, si delinea un processo di trasformazione e “decomposizione” della politica così come l’abbiamo finora conosciuta. Non va trascurato, inoltre, il rischio di una potenziale perdita di autonomia di movimenti e soggetti collettivi, mascherata dall’ipertrofia di una comunicazione politica sempre più polarizzata e personalizzata e spesso ispirata all’ipertensione.

Ciò che è avvenuto, con sorprendente velocità e senza che nessuno levasse gli scudi o alzasse ponti levatoi, è ormai evidente: in un contesto di globalizzazione dei media e dei relativi immaginari, la rivoluzione di Internet ha regalato agli uomini una nuova utopia egualitaria e democratica fondata stavolta sul potere smisurato della parola, della sua apparente gratuità e illimitata libertà. Tutti possono dire tutto, o quasi, senza il fastidio di insopportabili quanto indesiderabili “ministeri della verità”. 

impar condicio

Il risultato è quello che Marco Biffi, docente di Linguistica italiana all’Università di Firenze, ha riassunto magistralmente in un’efficace epigrafe: “La post-verità finirà con il coincidere con ‘la verità dei post’”. Una profezia sempre più vicina alla realtà, con evidenti conseguenze non soltanto sul piano euristico ed epistemologico, ma assai più banalmente sulla vita quotidiana e sulle sue routinés. Tradotto nella cronaca di questi giorni c’è da chiedersi chi vincerà in uno scenario di impar condicio e strabismo mediatico in cui si invocano regole basate su equilibrati “spazi comunicativi” resi sempre più difficili dalla drammatica esitazione normativa contro i latifondi digitali.  Dum Romae consulitur, sulle autostrade della Rete, prive di limiti di velocità e di qualunque segnaletica, si svolge la vera competizione: quella social.

I dati dovranno essere confermati ed analizzati adeguatamente, ma ad oggi, secondo i numeri pubblicati su PrimaonLine, essi evidenziano che al primo posto del ranking interaction si colloca Giorgia Meloni (rilevazione dal 21 agosto al 3 settembre). Secondo in classifica sul fronte dei video visti è Giuseppe Conte, ma con un distacco di quasi 4 milioni di visualizzazioni. Terzo, ma non distante, è Matteo Salvini. E’ significativo della nuova “vetrinizzazione politica” che anche l’altro leader del Centrodestra Silvio Berlusconi, in chiara rimonta dal punto di vista delle visualizzazioni, segua la Meloni “con oltre 17,6 milioni di views ai suoi video”. Lo squilibrio di questa campagna consiste nel fatto che Enrico Letta, Segretario del Partito democratico, al secondo posto nella mistica figurativa costruita dai media sui sondaggi, non risulta fra i primi dieci politici italiani, a differenza di quanto avviene nella copertura televisiva. 

rapide parabole

In questo scarto tutt’altro che marginale si può intravvedere il segno che la campagna digitale privilegia, rispetto ai media tradizionali e all’informazione, una personalizzazione portata fino al divismo. Sotto tale profilo sarà interessante riconoscere l’analogia tra questa filosofia comunicativa e la polarizzazione che domina troppo spesso i talk show politici, mentre sarebbe necessaria un’informazione sui progetti più che sulle persone, e dunque il recupero di una significativa capacità di mediazione come peraltro era avvenuto durante il Covid. 

E’ plausibile che ci troviamo di fronte a criticità legate a diverse strategie di comunicazione multipiattaforma, ma resta il fatto che l’impatto sulla cosmologia della campagna elettorale risulta sicuramente dissonante. Finora le attenzioni di tutti i sistemi comunicativi per il Centrodestra e la Meloni configurano un caso di strepitus fori interrotto solo dalla morte di Elisabetta II.

Non insegna nulla il fatto che la sintassi politica sincopata sui “capi” ha prodotto voti, ma non certo un’assicurazione di durata al futuro. E resta un motivo di meditazione, per studiosi ed elettori, la rapidità della parabola con cui leader che hanno incassato dividendi elettorali ingenti, in parte riconducibili all’emotività del voto, abbiano dovuto risalire in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza. 

*Presidente del Consiglio scientifico della Fondazione Sapienza

(nella foto, Mario Morcellini)

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