Città di Milano. Nel corso di un incidente con un tram la Polizia Locale dice ai giornalisti di non essere più autorizzata a parlare. Consiglia di rivolgersi all’ufficio stampa dell’assessore competente. Si trattava di un caso avvenuto in strada, sotto gli occhi di tutti, con l’investimento di una studentessa, senza alcun indagato da proteggere. Quanta gente c’era a bordo? La risposta è stata: non si può dire.
In zona Città studi, a Milano, un ragazzo di nazionalità algerina viene ucciso con una coltellata da un uomo marocchino: i carabinieri seguono le tracce di sangue per alcuni metri e arrivano all’appartamento dell’aggressore. I cronisti restano ore in attesa di avere informazioni e dopo un giorno ancora non ottengono il nome dell’assassino, mentre quello della vittima emerge per vie traverse (giusto, sbagliato? Chissà). Un omicidio in cui l’uomo era stato fermato in flagranza, quindi senza misteri investigativi.
diritto dei cittadini
Sono alcuni dei tantissimi casi raccontati nel “Press Report 2023”, curato da 4 anni dal Gruppo cronisti lombardi, quest’anno con il supporto di colleghi di altre regioni. Il “Press Report 2023” è dedicato in gran parte alla riforma Cartabia sulla presunzione d’innocenza e agli sbarramenti che ha creato fra Procure e Forze dell’ordine da un lato e organi d’informazione dall’altro. “Un vulnus al diritto dei cittadini ad essere informati”, dice Fabrizio Cassinelli, presidente del Gruppo. I cronisti lombardi poi allargano il campo e segnalano che in molti altri settori -politica, sport, economia- si alzano ostacoli all’esercizio della informazione libera.
Continuiamo con gli esempi sugli effetti della riforma Cartabia. Assoluta mancanza di informazioni in occasione di un incidente stradale con due morti in un tratto milanese dell’autostrada, ma sui cui era competente la Stradale del Piemonte. Che però ha avuto disposizioni dal magistrato di non parlare. A 72 ore dagli eventi la Stradale diffonde un comunicato stampa con le stesse informazioni già pubblicate dalle agenzie, dai quotidiani e dalle televisioni nei giorni precedenti.
corrispondente convocato
In Procura a Bergamo Carabinieri, Gdf e Polizia hanno alzato un muro. Non si va oltre a scarni comunicati stampa. Un ufficiale dei carabinieri avrebbe risposto: “Per gli arresti andate in direttissima”. E per i casi che non vanno in giudizio direttissimo la risposta sarebbe stata: “Chiamate in carcere”.
Daniele De Salvo, corrispondente da Lecco del Giorno viene indagato per aver scritto che una persona trovata morta nella sua macchina ripescata nel lago di Como si era suicidata: lo confermava l’autopsia e la presenza di acqua nei polmoni. Non omicidio, come si era ipotizzato. Il collega è convocato al Comando della Sezione Carabinieri di Merate (Lecco) per la notifica dell’apertura di indagini preliminari nei suoi confronti, disposte a fronte alla “pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale”.
paese sudamericano
Ha scritto De Salvo sul “Press Report”: “Essere giornalisti e proporre notizie verificate in molte province della Lombardia è sempre più difficile. Con il pretesto della legge Cartabia, molti procuratori hanno chiuso tutti i canali informativi. Non viene data più comunicazione degli arresti effettuati, nemmeno dopo le udienze di convalida: gli indagati sottoposti a misure di custodia cautelare semplicemente ‘spariscono’, come se fossimo in un Paese sudamericano. Nulla neppure delle risultanze di indagini che coinvolgono personaggi con incarico pubblico o in settori che riguardano tutti i cittadini, come la salute, le società, il fisco, i contributi statali. Nulla su omicidi, aggressioni, rapine, furti, truffe e altri reati che rivestono interesse pubblico, specie in comunità medio-piccole. I comunicati, le poche volte che vengono diramati, sono senza nomi né cognomi, né età, quasi si riferissero a fantasmi o personaggi di fantasia. Non vengono più comunicati i nomi delle vittime di incidenti stradali, infortuni sul lavoro e sciagure varie, come se non si trattasse di persone reali. Le rare volte che vengono fornite fotografie, gli occhi delle persone ritratte sono mascherati, come le fotografie delle riviste pornografiche che venivano esposte nelle edicole. Certo, ci si arrangia, è il nostro lavoro, ma senza riuscire ad avere riscontri formali, perché non ci si può rivolgere più a interlocutori ufficiali. Il rischio è inoltre di mettere a repentaglio le fonti, perché in caso di ‘fuga di notizie’ non autorizzate, i procuratori cominciano la caccia alle streghe”.
recinto distante
Non solo legge Cartabia. Il diritto di cronaca viene conculcato in molti ambiti. Nel corso dell’inaugurazione della nuova linea metropolitana M4, decine di giornalisti di carta stampata, televisioni, siti web, fotografi e cineoperatori vengono costretti in un “recinto” distante diversi metri dal palco delle autorità. Al momento dei discorsi (presenti il ministro Salvini e il sindaco Sala), molti non vedono neppure i volti di chi parla. Arduo anche scattare foto e registrare video.
A Roma i cronisti ricordano il caso delle due turiste belghe, entrambe di 25 anni, travolte e uccise, lo scorso ottobre, da un auto pirata sulla bretella autostradale A/24. La tragedia si verifica di sera, gli operatori dell’informazione non sanno nulla per due giorni e il caso viene alla luce quando parenti delle due vittime scrivono sui social. Le due turiste, in vacanza in Italia, si trovavano a bordo di una vettura a noleggio e sono scese dall’auto per prestare soccorso ai feriti di un incidente stradale; sono state travolte da un auto pirata fuggita dopo l’impatto. Il responsabile dell’investimento è poi stato rintracciato e denunciato.
notizie da israele
A fine anno una turista israeliana è accoltellata davanti alle biglietterie elettroniche della stazione Termini. La notizia, allarmante per le migliaia di persone che ogni giorno frequentano lo scalo ferroviario, si viene a sapere 24 ore dopo, perché la riporta il sito di un quotidiano d’Israele.
Un caporal maggiore dell’Esercito picchiato a morte nel quartiere di Centocelle: la stampa sa qualcosa il giorno dopo, a più di 24 ore dai fatti.
Napoli. “Per la seconda volta in poche settimane la Polizia di Stato non ha diffuso la notizia di un agguato di camorra che ha determinato la morte di un uomo. Era già successo alle Case Nuove e lunedì 3 aprile 2023 è avvenuto a Ponticelli, dove è in corso una sanguinosa faida tra clan”. Lo denuncia il Sindacato unitario giornalisti Campania: “Esprimiamo forte disappunto per le scelte della Polizia, che viene meno al dovere di informazione che spetta alle forze dell’ordine. Dovere invece garantito dai Carabinieri, che forniscono informazioni e comunicazioni in tempo reale”.
modo estensivo
La riforma Cartabia, sulla “presunzione d’innocenza” è entrata in vigore il 14 dicembre 2021 e ha recepito la Direttiva europea 343 del 2016, che indicava la necessità di non esprimere giudizi e affermazioni di colpevolezza in caso di indagini in corso e non giunte a sentenza definitiva, per non creare ferite all’immagine e all’onorabilità della persona. Di fatto -in modo estensivo- è stato trasferito alle procure della Repubblica il potere di decidere ciò che è “notiziabile” e ciò che non lo è.
Nel “Press Report” Cesare Giuzzi del Corriere della Sera ricorda l’esempio pratico delle 21 righe con cui la procura di Bergamo ha annunciato la chiusura dell’indagine sulla gestione della pandemia, con importanti figure politiche, istituzionali e tecniche indagate: “Un comunicato che non conteneva alcun dettaglio sulle imputazioni e sulla differenziazione tra gli indagati. Su quella base sarebbe stato impossibile anche realizzare un breve articolo. Vicenda sulla quale il Gruppo cronisti è intervenuto, insieme all’Associazione lombarda dei giornalisti, seguito poi dalla Federazione nazionale della stampa e dall’Ordine dei giornalisti”.
uscire dai corridoi
E Fabrizio Gatti, direttore editoriale approfondimenti di Today.it: “La riforma, pur nel tentativo condivisibile di affermare la presunzione di innocenza nei procedimenti penali, come tutte le norme proibizioniste rischia di ottenere l’effetto opposto: favorire il mercato nero delle notizie e, con questo, rafforzare certe sintonie tra lobby giudiziarie e giornalistiche, che in Italia hanno accompagnato la storia dell’informazione dal 1992. Noi giornalisti dovremmo, ancor di più, saper distinguere i fatti accertati da una sentenza da quelli soltanto presunti da un’informazione di garanzia. E magari uscire più spesso dai corridoi delle Procure per tornare a frequentare le aule pubbliche, dove accusa e difesa si affrontano quotidianamente nei processi”.
Roberto Pacchetti, condirettore del Tar Rai sul “Press Report” fa una proposta: “Proviamo a non dare spazio e a non pubblicare le veline per una settimana e a spiegare su ogni quotidiano, in ogni telegiornale, su ogni sito web come viene gestita una notizia di cronaca, da quando viene commesso un fatto a quando e come viene raccontato. Forse basterebbe un giorno, il No Cartabia Day”.
editori e capistruttura
Il Gruppo cronisti lombardi allarga poi lo sguardo: “Il diritto di cronaca si esercita in spazi sempre più ristretti, ormai non solo nella cronaca nera e giudiziaria, ma anche nella politica, nello sport, nell’economia; la situazione precipita, nel silenzio irresponsabile e persistente delle istituzioni e nell’inconsapevolezza dei cittadini, che pensano di essere informati mentre vengono travolti da una ben costruita propaganda a tutti i livelli: commerciale, lobbistico e istituzionale. Un colpo pesantissimo al diritto di cronaca è stato dato dalla Riforma Cartabia. Molti avvenimenti vengono divulgati quando ormai sono terminati o risolti, creando una evidente distorsione della realtà sociale, dove tutto sembra che vada bene. Una narrazione falsata verso la quale si stanno allineando molti editori, capistruttura e giornalisti. Questi ultimi evidentemente senza più la forza di ribellarsi a causa di una precarietà economica e contrattuale ormai generalizzate, ma anche di una non piena consapevolezza del ruolo. Convinti, probabilmente, che non disturbando i manovratori e stando lontani da ogni contrattazione collettiva e rappresentanza professionale si verrà trattati con benevolenza, finendo invece per mettersi nelle mani dei poteri forti. Senza una presa di coscienza dei giovani colleghi e senza il coinvolgimento dei cittadini sarà difficile far fronte alle circostanze e agli attori che schiacciano l’informazione”.
comune e 118
Quindi il Gruppo esamina le criticità gravi, a Milano, nelle relazioni con le istituzioni e con gli enti privati a funzione pubblica. “Si segnala il rapporto con la Prefettura, che dopo aver avocato i dati sulla Criminalità (prima venivano diffusi in autonomia da Questura, Carabinieri e Pdf), ha poi mutato la cadenza della loro presentazione, depotenziandone l’effetto di consuntivo e di riflessione sullo stato della Sicurezza. Sul fronte del 118 si segnalano continue pressioni e ingerenze esterne per diminuire la ricchezza di contenuti e la tempestività degli interventi di soccorso segnalati sul sito online dedicato ai giornalisti. Il Comune di Milano, dal canto suo, applica una comunicazione fortemente social, promuovendo di fatto un sistema da ‘taglia e incolla’ e non a stabilire una linea di comunicazione attiva con i media, che permetta un contraddittorio. Tra gli enti privati, gli uffici stampa di società di trasporti, enti ospedalieri e università risultano più preoccupati a difendere gli interessi delle aziende che li gestiscono che a permettere all’informazione di avere notizie sugli avvenimenti che li hanno coinvolti. Le tardive segnalazioni, le esclusioni e limitazioni ai servizi e agli accessi colpiscono in particolar modo i colleghi fotoreporter, che sempre con più difficoltà riescono a giungere sul posto in tempo utile e spesso si vedono negare il diritto alla scena, salvo poi trovare la stessa – selezionata in modo opportuno – diffusa dagli uffici stampa e addetti stampa presenti sugli avvenimenti. Con la complicità degli editori e dei giornalisti con ruoli di capistruttura e graduati, ma anche di alcuni giornalisti e collaboratori, per nulla interessati – come la deontologia professionale invece imporrebbe – a privilegiare fonti giornalistiche invece delle fonti private, di parte e social. Tutto questo senza che gli Enti giornalistici preposti al controllo della professione siano intervenuti in modo efficace contro richieste sempre più lontane dall’esercizio deontologico della professione; come sui colleghi professionisti e pubblicisti assunti negli uffici stampa, che dovrebbero agevolare il lavoro dei cronisti”.
Nel Press Report è citato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “La comunicazione istituzionale non va in alcun modo confusa con la propaganda politica e non può ridursi all’esaltazione acritica dell’attività delle singole amministrazioni. Si tratta di rendere un servizio ai cittadini e non di farsi pubblicità.”
(nella foto, al centro, Fabrizio Cassinelli, presidente del Gruppo cronisti lombardi)