Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha approvato all’unanimità il documento per la riforma dell’ordinamento professionale, con particolare attenzione all’accesso. Nella riunione del 14 giugno tutti i consiglieri hanno convenuto sull’urgenza di ammodernare le norme che regolano la professione giornalistica, ferme al 1963. Il documento sarà oggetto di ulteriori riflessioni da parte del Consiglio nazionale e dei presidenti e vice presidenti regionali, che potranno suggerire modifiche. Il testo finale sarà messo in votazione alla riunione del Consiglio di metà luglio. Il documento dovrà essere recepito (o modificato) dal Parlamento in una legge per diventare effettivo.
Molti aspetti sono da chiarire. Alcuni esempi. Resterà il praticantato, nel senso della pratica in redazione come viene intesa oggi? Potranno continuare ad accedere all’esame freelance, video maker, precari come previsto dall’ultima correzione delle norme varata dall’Ordine?
L’innovazione principale proposta è l’istituzione di una laurea magistrale in giornalismo, obbligatoria per accedere agli esami da professionista. In alternativa, sarà richiesta una laurea triennale come requisito per poter accedere a corsi specialistici controllati e vigilati dall’Ordine. In un eventuale periodo transitorio potrebbero restare in vigore tutte le modalità di accesso attualmente operative. Nella proposta di riforma viene rivisto anche il principio di esclusività della professione giornalistica, che diventa “attività prevalente”.
Agli aspiranti pubblicisti sarà richiesta una laurea di primo livello (triennale) come requisito per iniziare il biennio di attività propedeutico all’iscrizione all’albo. Inoltre, dovranno seguire un percorso di formazione.
Nel formulare questa proposta, l’Ordine ha “cercato di tenere in conto il progressivo e imprevedibile (basti pensare alla intelligenza artificiale) evolversi della figura del giornalista. La produzione giornalistica si è allargata a piattaforme, pubblicazioni e realtà tecnologiche e social, che a determinate condizioni possono rappresentare canali di informazione professionale”. La professione giornalistica non si esercita più soltanto sui media tradizionali, ma pure su nuove piattaforme digitali, con prodotti collettivi e individuali, promuovendo nuove figure di lavoratori dell’informazione e della comunicazione.
Il documento approvato ricorda che l’iscrizione obbligatoria all’Ordine di chi esercita in forma professionale (professionisti e pubblicisti) l’attività giornalistica significa assegnare all’Ordine stesso il ruolo di garante del rispetto dei principi deontologici, a tutela del cittadino e a sostegno della libertà e della democrazia. L’Ordine richiama alcune recenti sentenze della Corte di Cassazione, che descrivono il giornalista quale mediatore intellettuale tra il fatto e la diffusione della conoscenza di esso attraverso un messaggio (scritto, verbale, grafico o visivo), con il compito di acquisire la conoscenza dell’evento, valutarne la rilevanza in relazione ai destinatari e confezionare il messaggio con apporto soggettivo e creativo… attraverso giornali, agenzie di stampa, emittenti radiotelevisive e, più in generale, ogni strumento idoneo ad assicurare la diffusione dell’informazione…”.
Professionisti. Quindi, “il primo obiettivo di una riforma dell’accesso alla professione dovrebbe essere innalzare il livello formativo delle nuove generazioni di giornalisti, creando – in proiezione futura – un percorso principale o unico attraverso studi universitari specifici. Stabilire se questo sia in futuro il solo canale grazie al quale accedere all’esame di Stato, che darà ancora diritto a esercitare la professione, sarà compito del legislatore”.
Le indicazioni dell’Ordine sono queste: una laurea magistrale in Giornalismo; in alternativa una laurea, triennale o magistrale, e in aggiunta un master biennale specialistico. In particolare il corso di laurea in Giornalismo dovrà essere organizzato in stretto raccordo tra le Università e i ministeri competenti, Istruzione (MIUR), Università (MUR), Giustizia (in quanto autorità vigilante sull’Ordine), con la diretta partecipazione dell’Ordine dei giornalisti alla ideazione, all’organizzazione e all’intero processo di gestione.
Nel caso della acquisizione di una laurea in altri indirizzi, che non siano il Giornalismo, il successivo ciclo biennale di specializzazione dovrà essere imperniato su un tirocinio teorico-pratico della durata minima di diciotto mesi nell’arco di ventiquattro, da svolgere nei diversi campi della professione e degli ambiti dell’informazione, attraverso strutture redazionali a disposizione delle Università o con strutture esterne convenzionate. Ciò al fine di acquisire competenze – tra l’altro – negli ambiti della cronaca e del linguaggio giornalistico, dell’informazione multimediale, della comunicazione digitale, delle lingue straniere e dell’analisi dei social. Un iter formativo che ovviamente non esclude il ruolo dei master e delle scuole di giornalismo.
Lavoro e retribuzione. La riforma mira a qualificare come professionista chi, nel rispetto degli obblighi formativi, esercita o eserciterà attività giornalistica “in modo sistematico, continuativo e prevalente”, attività cui va collegata una “regolare e congrua retribuzione”. La congruità e, in aggiunta, la dignità della retribuzione ricevuta e/o del guadagno conseguito attraverso l’attività professionale troveranno un loro riferimento in un valore stabilito secondo il minimo tabellare lordo previsto per il praticante con meno di 12 mesi di servizio, come indicato dai contratti di lavoro.
Verso la nuova legge. In attesa della riforma e dell’entrata a regime del nuovo sistema di accesso alla professione, si dovrà comunque considerare l’opportunità che il legislatore anticipi, con un provvedimento specifico, l’introduzione della necessità del possesso della laurea, triennale o magistrale, fissando pure un periodo minimo del percorso formativo, in sintonia con la futura modalità di accesso principale o unico (come detto: quinquennale).
Ogni Ordine regionale è chiamato a vigilare sullo svolgimento sotto qualsiasi forma del praticantato, designando un giornalista professionista con il ruolo di tutor (esclusi i casi di assunzione presso aziende editoriali), ed erogando, in collaborazione con il Consiglio nazionale, corsi gratuiti di formazione perché venga acquisito un totale complessivo di almeno 36 crediti, di cui la metà deontologici.
A conclusione del periodo di formazione e in particolare dei 18 mesi di praticantato, il presidente dell’Ordine regionale, acquisita la relazione finale del tutor e dopo aver verificato la sussistenza e la continuità dei requisiti prescritti, rilascia la dichiarazione di compiuta pratica di cui all’attuale art. 43, comma 3, del D.P.R. 115/1965.
L’esame di idoneità professionale. L’esame di idoneità professionale dovrà verificare la cultura generale del candidato e quella specifica relativa al giornalismo (norme di legge e norme deontologiche), secondo quanto già disposto dall’articolo 32 della legge 69/1963, tenendo conto delle diverse integrazioni introdotte nel tempo, oltre a verificare la preparazione del giornalista attraverso scritti, immagini e audio sui diversi mezzi di comunicazione.
Gli ambiti da approfondire saranno quelli già individuati, in particolare: cronaca e linguaggio giornalistico; informazione multimediale; comunicazione digitale; utilizzo delle lingue straniere; analisi e impiego dei social.
Pubblicisti. L’articolo 1 della legge del 1963, istituendo l’Ordine dei giornalisti, ha distinto tra professionisti e pubblicisti, riconoscendo come pubblicisti coloro che “svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni e impieghi”. Secondo il Consiglio dell’Ordine “sarebbe insensato cancellare quanto si è manifestato e consolidato in sessant’anni. Il riferimento è, ad esempio, al ruolo dei ‘collaboratori’ per tanti organi di informazione locale o minore o specialistica. Si chiederà, in parziale analogia con quanto avviene per il professionismo, almeno una laurea di primo livello. Si chiederà quindi una documentazione dell’attività pubblicistica e una dichiarazione di inizio attività, da rendere a pena di decadenza entro tre mesi dall’avvio della stessa attività, la documentazione contabile e certificata dei pagamenti ricevuti, la partecipazione ai corsi di formazione organizzati dall’Ordine di appartenenza in materia di deontologia. Al termine del percorso, della durata di due anni, il Consiglio regionale, valutata l’attività giornalistica e i relativi compensi, predispone un colloquio finale di ingresso per accertare la preparazione dell’aspirante pubblicista. Se l’esito risulterà negativo, il colloquio non potrà essere ripetuto prima di tre mesi.