Nel salone romano dell’Ordine nazionale dei giornalisti, è cominciato il dibattito sul futuro della professione, con il primo di una serie di “talk”. Con il presidente Carlo Bartoli erano presenti tre direttori: Massimo Martinelli, Maurizio Molinari e Agnese Pini. L’uditorio era formato dagli allievi della scuola di giornalismo della Lumsa. Poiché pochi minuti prima dell’inizio era giunta la notizia della morte di Silvio Berlusconi, tutti e tre gli ospiti lo hanno ricordato e hanno spiegato quale secondo loro è stato il ruolo del “Cavaliere” nel sistema dell’informazione. La discussione sul futuro del giornalismo si è così limitata a poche considerazioni e non sono emerse indicazioni concrete sulle possibili modifiche alla legge istitutiva dell’Ordine. Dalla diretta streaming trasmessa sui canali social dell’Ordine, Professione reporter ha tratto alcune riflessioni dei tre direttori.

Massimo Martinelli (il Messaggero): “Voi ragazzi imparate tante cose alla Lumsa, ma poi scoprirete che lavorare è un’altra cosa. Questo mestiere non lo si può insegnare, perché ‘va rubato’, è un esercizio di vita, come nel servizio militare. La scuola vi insegna le tecniche diverse per presentare e pubblicare le notizie. Oggi vedo che i giornalisti prendono le notizie dai social e poi le accertano. Invece i buoni giornalisti – come alcuni dei miei che Molinari si è preso a Repubblica – sono invece quelli che trovano le notizie, ciascuno nel proprio campo: la politica, l’economia, la cronaca, lo sport. Io ho fatto il giornalista di giudiziaria. La fonte è quella fiduciaria, che vi dà le informazioni, perché si fida di voi. Sui social non si fa giornalismo”.

Maurizio Molinari (la Repubblica): “Viviamo in un’epoca di transizione. Vincerà chi garantirà la qualità delle proprie informazioni. Il giornalismo gratis non va bene, le notizie vanno retribuite, non si possono regalare. Ma sono ottimista sul futuro. L’innovazione è decisiva, bisogna però allargare il raggio d’azione, purché però nelle aziende si capisca che la catena di comando deve essere unica: carta, web, e altre piattaforme. Le decisioni vanno prese da chi è alla testa dell’intero comparto dell’informazione”.

Agnese Pini (Il Giorno, la Nazione, il Resto del Carlino): “Anch’io sono ottimista. Molti anni fa, quando ho cominciato qualcuno mi diceva che il giornalismo era finito. Invece, non è così. Siamo in un momento storico per l’umanità, l’informazione non è mai stata così accessibile a tutti, mai una generazione è stata così informata come la nostra. Dobbiamo uscire da una visione ottocentesca e novecentesca. E non dobbiamo lavorare per conquistare dei click. Il nostro articolo, il titolo, la foto, devono essere i migliori, ma per i lettori. E’ vero che le notizie di carta non spostano le vendite, come era invece una volta, bisogna lavorare bene e mai remare all’indietro, cioè contro la storia”.

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