La storia atroce di Giulia Tramontano è al centro della “rassegna stampa sui generis”, curata dall’associazione di giornaliste GiULiA. La giovane, incinta al settimo mese, uccisa dal compagno dopo che aveva scoperto la sua doppia vita, ha preso molto spazio in tutti i giornali. Una premessa sui dati: “Abbiamo letto che i femminicidi dall’inizio dell’anno sono stati 39, 45, 47. La verità è che ancora non esiste un registro dei femminicidi, ed è uno scandalo”. Dal punto di vista della cronaca giudiziaria “abbiamo imparato la differenza tra ‘premeditazione’ e ‘preordinazione’: secondo la gip Angela Minerva quello che a tutti noi e ai pm sembrava un omicidio premeditato sarebbe stato solo preordinato, cioè progettato sì, ma all’ultimo minuto, così come non ci sarebbe stata crudeltà”.
Tutti i giornali si sono molto interrogati sul che fare per contrastare queste morti. La rassegna di GiULiA ha individuato due linee di pensiero: una che punta su quello che devono fare le donne per difendersi dalla violenza maschile e un’altra che ribalta il ragionamento e si chiede cosa devono fare gli uomini per smettere di essere violenti: “Sulla prima linea si è creato un singolare cortocircuito tra social e informazione che ha colpito La Stampa, giornale sempre attento alle questioni di genere. Sui social è diventato virale l’hashtag #losapevamotutte, ossia tutte appena si è saputo della scomparsa di Giulia abbiamo dato per scontato che a farla sparire fosse stato il fidanzato. All’hashtag si è agganciata anche la vicedirettrice Annalisa Cruzzocrea con un editoriale uscito su Stampa.it e rilanciato su twitter con il titolo: ‘Al paese serve un’opera di educazione profonda: dobbiamo insegnare alle ragazze a salvarsi’. Un titolo che lasciava intendere che quelle da educare fossero le ragazze e non i maschi e che ha scatenato molte critiche, anche da parte di GiULiA e che poi è stato cambiato. Ma Cuzzocrea il giorno dopo nel suo podcast ha tenuto il punto: nell’attesa che siano gli uomini ad essere rieducati a relazioni mature e paritarie è un fatto che le ragazze corrono dei rischi e devono imparare a leggere i segnali”. 

Ultimo incontro. Un tema che ritorna nell’appello della procuratrice aggiunta di Milano Letizia Mannella : “Non andate all’ultimo incontro chiarificatore”, come a dire che non si deve essere imprudenti. Una linea capovolta da un altro magistrato, Fabio Roia, da sempre impegnato nel contrasto alla violenza di genere e intervistato da Repubblica: secondo lui la prevenzione non significa dire alle donne cosa devono fare per proteggersi, ma “la prevenzione è far capire agli uomini che non devono aggredire e insultare le donne, che devono rispettare la loro autonomia”. Per Roia alla violenza degli uomini sulle donne “manca la condanna sociale, anche tra i giovani c’è l’idea del predominio maschile”, sottolineando che la fascia d’età di chi commette questi reati va dai 18 ai 35 anni.

Lasciati in pace. Insomma il patriarcato non è una roba da vecchi, come ricorda su Avvenire Stefano Ciccone, presidente dal 2007 di Maschile Plurale. “La violenza nasce nella normalità, non è frutto di patologie. È quella normalità che va cambiata. MP fa incontri nelle scuole. In una prima media un ragazzino ha detto: vorrei una donna che mi lasci in pace. Questa è una frase che sentiamo dagli adulti, che la dica un ragazzo ci dice quanto sia radicato il modello maschile: avere relazioni che non vincolino, ma mantenere il controllo sulle donne. Qualsiasi altro modello viene sminuito a livello sociale”. In questo i media danno il loro contributo, come ricorda la sociologa Flaminia Saccà, responsabile di Step, osservatorio sulla rappresentazione sociale della violenza di genere, intervistata dal Fatto: “Da un’analisi condotta su più di 16.715 articoli di stampa su casi del genere emerge che troppo spesso la violenza viene rappresentata come una reazione in qualche modo comprensibile”. Una riflessione critica sul racconto morboso che spesso viene fatto dei femminicidio lo ha fatto il sociologo Massimiliamo Panarari in un commento sulla Stampa intitolato “Se il delitto diventa uno spettacolo pulp“.

Il peso dei titoli. A questo proposito la rassegna stampa nota come cambia titolare una notizia in un modo o nell’altro. In questo caso si tratta dell’altro femminicidio della settimana, quello di Pierpaola Romano. Il Corriere ha titolato “Poliziotta assassinata da un collega. Lo aveva lasciato da pochi giorni“. La Stampa: “Pierpaola, poliziotta assassinata dal collega che non accettava la fine della relazione“. 

Sul caso di Giulia Tramontano si è poi innestata un’altra questione: le ipotesi di reato parlano, oltre che di omicidio, di interruzione non volontaria di gravidanza. Per i giornali della destra e per il cattolico Avvenire si dovrebbe parlare invece di duplice omicidio. Avvenire, tra l’altro, mostra come dai dati dei centri antiviolenza emerga che sono il 12 per cento le donne per cui le violenze del partner aumentano durante la gravidanza. E per il 5 per cento iniziano proprio con la gravidanza.

Quante firme. La rassegna di GiULiA riguarda la settimana dal 29 maggio al 3 giugno 2023 ed esamina Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Giornale, Libero, Il Messaggero, Avvenire, Domani, Il Fatto quotidiano, Il Sole 24 ore, Il Manifesto, La Verità, Qn, La Gazzetta dello Sport, Tuttosport, più un’occhiata al web.

Le firme in prima pagina sono state 907 di uomini, 231 di donne. Editoriali e commenti in prima pagina, 180 di uomini, 29 di donneì. Le interviste: 224 a uomini, 64 a donne.

Maternità surrogata. Altro tema incandescente della settimana, il primo via libera in Commissione Giustizia alla Camera all’introduzione del reato universale per la maternità surrogata, applicabile però solo per i cittadini italiani. I giuristi mettono tutti l’accento sul pasticcio giuridico. Su Qn la giurista Carla Bassu ragiona sulle contraddizioni del testo e sottolinea come, rispetto a omicidi, stupri, schiavitù, persecuzione, sterminio e tortura, la Gpa ( Gestazione per altri) non sia assimilabile, per obiettiva mancanza di requisiti. Basti pensare che in alcuni Paesi la pratica non solo è permessa, ma addirittura incentivata. Su questo fa un lungo ragionamento Concita De Gregorio sulla Stampa, partendo da un’analisi della Fondazione Veronesi che si è dichiarata a favore della Gpa e smonta il fatto che le donne gestanti per altri siano tutte povere, deboli, fragili, schiavizzate. “La realtà è che nei 40 Paesi in cui la pratica è consentita, sovente rimborsata dal servizio sanitario nazionale, le regole a tutela delle gestanti sono chiare e fermissime”.  De Gregorio cita studi che mostrano che le madri per altri sarebbero spesso in condizioni economiche migliori delle coppie richiedenti.

Su Domani Maria Grazia Giammarinaro, giurista, sostiene  che l’intento del governo è in realtà colpire le famiglie arcobaleno e negare l’autodeterminazione delle donne in campo riproduttivo. Secondo lei la parte di femminismo e sinistra che si assesta su posizioni proibizioniste non ne valuta appieno le implicazioni.

Sinistra divisa. La questione, infatti, divide la sinistra, con Elly Schlein favorevole alla Gpa, ma una parte del partito che aderisce alla petizione della Rete NoGpa, su cui ha aperto Avvenire intervistando Silvia Costa, direzione del Pd, che sostiene: non ci si può “appiattire sui diritti adultocentrici e individualistici”. Molto intervistato anche Aurelio Mancuso, ex presidente Arcigay e fondatore di Equality Italia, che ha firmato l’appello e liquida la faccenda come la “più odiosa forma di mercimonio capitalistico”. 

E’ stata la settimana nera di Elly Schlein, dopo la batosta del Pd delle amministrative e le divisioni interne sul voto europeo su armi e Pnrr. Critiche da destra, ovviamente, ma anche da sinistra, con i consigli ad essere meno vaga e più presente, mentre lei ha tenuto un profilo basso, salvo uscire su Instagram con uno slogan “Mettetevi comodi, siamo qui per restare”. Almeno fino alle europee, si legge un po’ dappertutto.

Letizia Moratti, dopo il pessimo risultato alle regionali lombarde, racconta al Corriere che prova a rimettere insieme una “cosa” al centro in vista delle europee con Renzi, Calenda, Quagliarello, Fioroni, Mauro. 

Meloni vittimista. Naturalmente i giornali sono pieni di Giorgia Meloni. Su Domani il sociologo Marco Marzano definisce quella della leader Fdi una strategia basata sul vittimismo per ottenere i pieni poteri. “La Meloni dà lavoro a 52 mila donne. Senza quote rosa”, titola Libero del 2 giugno. Tutti hanno in effetti sottolineato i dati Istat secondo i quali l’occupazione femminile ad aprile è passata al 52,3 per cento, ma il divario con gli uomini resta di 17,5 punti.  Linda Laura Sabbadini, direttora dell’Istat ricorda in un’intervista al Sole 24 ore che siamo sempre gli ultimi in Europa: in Germania e Francia il tasso di occupazione femminile è al 70%, ma dappertutto, anche in Grecia, va meglio che da noi. Bankitalia spiega anche che per le donne con i figli i salari sono più bassi del 50% e il 90% del divario si spiega con meno servizi e meno ore lavorate.

Intellettuali africane. Solo il Manifesto ha dato ampio spazio alla morte  a 81 anni di Ama Ata Aidoo, femminista, accademica, per un breve periodo anche ministra ghanese, ma soprattutto scrittrice, che ha influenzato generazioni di intellettuali africane, tra cui  Chimamanda Ngozi Adichie. Ha istituito una fondazione per promuovere le scrittrici africane. Si è sempre opposta “alla percezione occidentale secondo cui la donna africana è una disgraziata oppressa”.

Piccole influencer. Sul Corriere parla la ragazzina di 11 anni che ha criticato Chiara Ferragni per una foto su Instagram dove si mostrava in slip. Ferragni ha risposto male e il profilo della bambina, gestito dalla madre, è stato chiuso da Instagram, perché sotto i 13 anni non si può. “La sua risposta mi ha delusa -dice la piccola- Qual è il messaggio per noi ragazzine? Che per farci notare dobbiamo metterci nude?”.

Disfida delle tette. La rassegna di GiULiA segnala anche la “disfida delle tette”, registrata con interesse da tutti i giornali e segnala come “pezzo più divertente” quello di Valeria Braghieri sul Giornale”. Trattasi di un contenzioso lungo 30 anni tra le soubrettes Sabrina Salerno e Angela Cavagna: quest’ultima accusa la prima di essersi rifatta il seno in gioventù, ma Salerno ora ha fornito perizia definitiva del contrario, su carta intestata di un chirurgo plastico.

La rassegna stampa di GiULiA è frutto del lavoro di squadra di  Caterina Caparello, Gegia Celotti, Barbara Consarino, Laura Fasano, Paola Rizzi, Luisella Seveso e Maria Luisa Villa.

(nella foto, Ama Ata Aidoo)

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