Nella lunga e approfondita intervista sul Corriere della Sera che Walter Veltroni ha fatto a Roberto Vecchioni c’è un’innovazione giornalistica. L’intervista non si chiude con una risposta, l’ultima risposta dell’intervistato, ma con un neretto riservato di solito alle domande dell’intervistatore. Non si tratta di una domanda senza risposta, ma di una considerazione di Veltroni, appunto.
L’intervista è uscita nelle pagine 26 e 27 del Corriere di domenica 25 giugno. Al termine Vecchioni dice: “Non prendermi per lamentoso, ma quando si deve pubblicare una notizia su di me qualsiasi giornale dice, per spiegare chi sono: ‘Il cantautore Roberto Vecchioni’. Il giorno che scriveranno Roberto Vecchioni senza nessun titolo davanti, questo assillo sarà un po’ sparito. Guarda che non è soltanto il fatto di essere più o meno popolare, è che non sono riuscito ad arrivare alla cultura media, o medio alta, di tanti italiani. Non sono mai riuscita ad avere successo all’estero, forse per la lingua, non so. Mi dispiace perché tutto quel bailamme che ho dentro speravo che avesse un po’ più di accoglienza. E’ una confessione presuntuosa? Spero di no…”. E Veltroni: “Roberto, quanti conoscono Buzzati, Olmi o Balla e Boccioni? Però se non ci fossero stati, il mondo sarebbe più povero. Devi essere orgoglioso di quello che hai fatto, nei tuoi primi ottant’ami. E comunque ti prometto che sul Corriere ci sarà scritto solo Roberto Vecchioni”. Fine.
L’intervista si intitola “A 80 anni ho capito che Dio esiste. Sento dentro di me il figlio che ho perso”. Si parla, fra l’altro, delle prime disastrose lezioni di musica, di Battisti e di Fossati, del libro autobiografico in preparazione, di valori e di ideali, dell’amore per la moglie, degli amici perduti.