di ELETTRA BERNACCHINI
Il racconto del nuovo conflitto tra Hamas e Israele mette alla prova le testate giornalistiche italiane. Dopo la vicenda dei bambini decapitati nel kibbutz di Kfar Aza (ancora non completamente chiarita), è interessante osservare quali scelte abbiano fatto i quotidiani in termini di titolazione, immagini o tono del linguaggio per parlare di un evento – il massiccio attacco in territorio israeliano delle Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato del gruppo palestinese Hamas, del 7 ottobre 2023 – che si inserisce in un fenomeno complesso e stratificato come la questione israelo-palestinese.
Per farlo, selezioniamo otto testate, che a livello di pubblico coprono a grandi linee tutto l’arco di pensiero, dalla destra più conservatrice alla sinistra più progressista, e osserviamo le prime pagine relative da domenica 8 a domenica 15 ottobre, la prima settimana di conflitto.
corriere e repubblica
Un primo confronto va fatto tra Corriere (Rcs) e Repubblica, rispettivamente al primo e secondo posto in termini di vendite secondo gli ultimi dati Ads. Pur vantando due orientamenti tradizionalmente differenti, più moderato e istituzionale il Corriere, di “laica e riformista” Repubblica, in questo caso le scelte editoriali risultano piuttosto simili. Domenica 8 ottobre, primo giorno in cui il conflitto è al primo posto dell’agenda mediatica, entrambi i giornali aprono con la stessa fotografia scattata ad Ashkelon (Israele), raffigurante un uomo che si allontana di corsa da un’auto in fiamme. Solo il Corriere però appone in sovraimpressione la data 7/10/2023, inizio dell’offensiva di Hamas. Il giorno dopo, il Corriere in apertura punta sul dato delle vittime (“Israele, oltre 700 morti”), mentre Repubblica sulle persone rapite dai miliziani palestinesi (“Il dramma degli ostaggi”); tutti e due però al posto di una singola immagine preferiscono optare per un collage di fotografie degli ostaggi.
Il 10 ottobre, le due prime pagine sono quasi identiche: “Assedio totale a Gaza” e foto notturna di edifici colpiti da missili per il Corriere, “Assedio a Gaza” e foto diurna di edifici coperti da un’alta nuvola di fumo post esplosione per Repubblica. Il distacco formale maggiore si ha nell’apertura di venerdì 13 ottobre. Il Corriere torna sulla vicenda dei kibbutz assaltati da Hamas con il titolo “La prova dell’orrore” e una fotografia di due soldati israeliani colti dall’emozione, mentre la prima pagina di Repubblica è divisa a metà: la vicenda delle scommesse nel calcio occupa la metà superiore, la guerra la metà inferiore con il titolo “Ostaggi, prove di trattativa” e nessuna immagine a supporto. Tono e linguaggio sono in linea con il taglio scelto dai due giornali, più incentrato sulla cronaca dal campo e sugli avvicendamenti in ambito diplomatico che non sui retroscena geopolitici.
domani e manifesto
Riconducibili all’area di centro-sinistra ed entrambi con un target di pubblico piuttosto preciso e circoscritto, ci sono il giornale edito da Carlo De Benedetti, Domani, e il manifesto. Nel primo caso, la narrazione del conflitto è fatta portando avanti parallelamente la cronaca e una riflessione più ampia tramite analisi di vari esperti, un taglio che sposa la linea adottata da Domani dal numero uno. Fin dal primo titolo, “La guerra che cambierà Israele e il medio oriente”, l’attacco di Hamas verso lo stato ebraico è collocato in un contesto spazio-temporale più ampio e complesso, e al lettore vengono subito proposti interventi di approfondimento in cui si mette in discussione la posizione israeliana. Il 10 ottobre nel sottotitolo c’è un virgolettato del politologo Arie Kacowicz: “L’attacco è un fallimento di Netanyahu”. Domenica 15 direttamente nel titolo si legge: “Grave errore attacco via terra”, estratto dall’intervista all’ex-consigliere antiterrorismo del premier israeliano, Ygal Carmon. A livello di scelta di immagini, notiamo che quando l’attenzione si comincia a spostare sul controattacco ai danni della Striscia di Gaza e sulle conseguenze per i civili, Domani pubblica due foto che ritraggono bambini (14 e 15 ottobre) senza sfocarne i volti.
Una prima differenza rispetto al manifesto, che sceglie invece di “blurare” tutte le facce dei minori nella foto d’apertura di domenica 15. Per il resto, il “quotidiano comunista”, come da tradizione, all’asciutto racconto della cronaca bellica affianca da subito quello della crisi umanitaria, che è il tema principale su cui si concentrano le prime pagine. I titoli scelti, in ordine cronologico, sono: “La sorpresa della guerra”, “Sangue su sangue”, “Orrorismo”, “Nel buio”, “Tutti ostaggi”, “Senza ritorno”, “I civili”. Originale il taglio adottato nell’apertura dell’11 ottobre, quando all’ordine del giorno c’era la scoperta del massacro avvenuto nei kibbutz israeliani: laddove gli altri quotidiani hanno pubblicato foto con sacchi contenenti i cadaveri, il manifesto ha optato per l’immagine di una porta bianca con tracce di sangue, e invece di riportare esplicitamente la notizia incerta dei bambini decapitati, si mantiene più oggettivo, scrivendo nel sottotitolo “Racconti di atrocità”.
il giornale e la verità
Dalla parte opposta troviamo due quotidiani dell’area di destra: Il Giornale, alla cui guida è tornato da poco Alessandro Sallusti (con Vittorio Feltri direttore editoriale), e La Verità, diretto fin dalla nascita (2016) da Maurizio Belpietro. Per quanto riguarda il primo, salta all’occhio un tono spesso esagerato del linguaggio, la presa di posizione netta a favore dello Stato ebraico e la narrazione che mette insieme cronaca dal campo e reazioni politiche italiane. Alcuni dei titoli più forti e divisivi: 8 ottobre, “Forza Israele. Palestinesi come i nazisti: caccia all’ebreo porta a porta”; 10 ottobre, “Zaki sputa sull’Occidente. Frase choc contro Israele: Netanyahu serial killer”; 11 ottobre, “Decapitano i bambini ma la sinistra si divide. Opposizione spaccata sulle mozioni pro Israele”. Inoltre venerdì 13 l’immagine del corpicino insanguinato di un neonato (foto condivisa sui social ufficiali israeliani come testimonianza di quanto avvenuto nei kibbutz per mano di Hamas) è pubblicata in prima pagina, con il solo volto del piccolo oscurato (Il Corriere pubblica la stessa foto, ma in formato molto ridotto e solo a pagina 6). Il Giornale si rivolge a un lettore con caratteristiche precise, e il taglio editoriale ne risponde di conseguenza, con scelte che in qualche modo confermano il pensiero, già estremizzato, del pubblico di riferimento.
Discorso simile può essere fatto per La Verità, che ripropone in chiave moderna le categorie descrittive dei tempi della Guerra Fredda: Israele nella sfera d’influenza degli Usa, mentre i palestinesi – e gli altri popoli arabi dell’area – in quella dell’Urss. Perciò, semplificando molto, Palestina uguale “comunisti”. Alcuni esempi: “Gli amici della sinistra distruggono Israele” (8 ottobre), “Ora li chiamano ‘fascisti’ ma sono comunisti islamici” (10 ottobre), “Piazze piene di amici dei terroristi” (15 ottobre), in quest’ultimo caso la fotonotizia ritrae il presidente russo Vladimir Putin accompagnato dal richiamo all’articolo firmato da Francesco Borgonuovo, “Il Medio Oriente scoppia e Putin torna buono”. Il linguaggio utilizzato presenta toni generalmente allarmistici e sentenziosi, e gli approfondimenti proposti non escono molto fuori dal tracciato, come si nota ad esempio nel virgolettato dell’intervista a Magdi Allam nella prima pagina del 14 ottobre: “Israele non usurpa nulla. Sono gli arabi che da sempre cercano di cancellarla”.
il foglio
Sui generis, rispetto al resto del panorama editoriale, la linea del giornale fondato da Giuliano Ferrara, Il Foglio, diretto a un target di pubblico di area liberale e garantista. La scelta di schieramento netta, filo-israeliana, fa capo a un tipo di narrazione connotata dalla tematica religiosa. Il titolo di lunedì 9 ottobre è “Israele, attacco alla libertà”, martedì 10 “Non si negozia sulla difesa di Israele”, e giovedì 12 “Il dovere di difendersi dagli stati islamici”. Un altro elemento di differenziazione è la call to action che il giornale propone ai suoi lettori. Il 9 ottobre esce con una sovracopertina in cui si legge: “Il Foglio lancia un appello straordinario in difesa di Israele. Mandate qui le vostre firme, i vostri pensieri, il vostro sostegno. Spieghiamo insieme perché, oggi più che mai, Israele siamo noi”. Nei giorni successivi fa seguito la pubblicazione dei messaggi firmati recapitati alla redazione. Su questa linea, il 10 ottobre esce in sovracopertina la foto della bandiera israeliana e mercoledì 11 uno scatto della fiaccolata a sostegno dello stato ebraico, promossa sempre dal giornale: nell’immagine si vede l’Arco di Tito illuminato di blu e con la stella di Davide proiettata nella parte alta. Sabato 14, quando il racconto della guerra si concentra maggiormente sulla rappresaglia nei confronti della Striscia di Gaza, Il Foglio del weekend presenta questo titolo centrale: “I civili di Gaza sono tutti sulla coscienza di Hamas”, a rimarcare nuovamente la presa di posizione editoriale, ma con una scelta di lessico sobrio e misurato. Anche in questo caso si tratta di una pubblicazione che, tendenzialmente, viene acquistata da una fetta di pubblico precisa, che sa cosa cerca e vuole una serie di conferme a livello di storytelling; il giornale risponde bene a queste richieste, mettendosi anche in prima fila nel dibattito pubblico, per dare voce a una delle due parti in causa.
il fatto quotidiano
In termini di pulizia della comunicazione e completezza delle informazioni, un lavoro interessante è stato svolto da il Fatto Quotidiano. Il primo titolo sul conflitto è “La guerra mondiale a rate: ora tocca a Israele e Hamas”. La fotografia di accompagnamento mostra una donna con in braccio una bambina scortata via dai militari (la stessa selezionata dal Giornale) e nel sottotitolo si legge: “Deif, la primula rossa. Il capo terrorista, zoppo e sfuggito 7 volte alla morte, guida i suoi dai tunnel. Netanyahu invia i caccia. Molti ostaggi, fra cui il generale Aloni”. Aloni è un’alta carica dell’esercito israeliano, il suo nome viene citato in apertura di edizione solo dal Fatto. Già dalla sola prima pagina è possibile mettere insieme tutti i pezzi del racconto, che vengono poi approfonditi all’interno: la cronaca di quanto avvenuto, i personaggi più importanti coinvolti, il macro-contesto geopolitico in cui inserire l’avvenimento. Fuori dal coro anche la prima pagina del 12 ottobre, che riconduce il discorso sulla guerra a quello sulle relazioni del governo italiano. La foto della stretta di mano tra la premier Meloni e il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune si accompagna al titolo: “L’Algeria tifa Hamas e fa shopping in Italia” e al sottotitolo: “Pure amico di Putin. Macché ‘piano Mattei’: Tebbuone si comprerà partecipazioni statali”. Il linguaggio è quello affilato che caratterizza il quotidiano fin dalla fondazione, il racconto dei fatti e l’aggancio con il quadro geopolitico d’insieme risulta chiaro al lettore.
Da questa carrellata appare abbastanza evidente, pur con gradazioni differenti ben in evidenza, la tendenza dei giornali italiani a fare “opinionismo” più che cronaca, anche in tema di esteri, e di praticare lo storytelling sensazionalista. Un monito forte e chiaro è arrivato direttamente dall’Ordine nazionale dei giornalisti che il 16 ottobre 2023 ha diffuso una nota in cui si legge: “L’esecutivo del Cnog ribadisce ancora una volta la necessità e l’importanza di raccontare i fatti delle guerre in atto senza censure, ma con umanità e professionalità, evitando di cadere nello show dell’orrore. Non occorrono aggettivi ad effetto o immagini che spettacolarizzano il dolore. Le norme deontologiche dei giornalisti indicano regole precise: verifica delle fonti, verità sostanziale dei fatti, nei limiti del possibile e delle fonti, e continenza nel linguaggio e nell’uso delle immagini”.