Sull’esplosione all’ospedale Al Ahli a Gaza, lo scorso 17 ottobre il New York Times ha effettuato un lavoro in tre atti (finora).
In un primo momento ha raccolto -citandola- la versione del governo di Hamas, unica fonte sul territorio. Quindi, bombardamento israeliano e 500 vittime.
In un secondo momento ha chiesto scusa ai lettori per non avere chiarito abbastanza che queste informazioni venivano da una fonte interessata, Hamas. Qui si è fatta strada la versione del razzo palestinese che colpisce il bersaglio sbagliato.
Terzo atto, il quotidiano statunitense, grazie al lavoro di un team di cronisti applicato sui video dell’evento, dichiara l’incertezza della partenti del lancio, ma che questo è avvenuto da territorio israeliano.
situazioni precarie
Le ore successive all’esplosione all’ospedale Al Ahli hanno posto problemi a tutti i giornali. Molte testate hanno cambiato più volte titoli e ricostruzioni sulla vicenda. I giornalisti che stanno lavorando nella Striscia sono molto pochi e si trovano continuamente in situazioni precarie (in generale la stampa internazionale non può entrare a Gaza, e alcune testate fanno affidamento a corrispondenti o collaboratori palestinesi). Anche verificare video e immagini pubblicate online è diventato sempre più complicato, visto il proliferare sui social network di account di analisi militare di dubbia autorevolezza e un progressivo deterioramento della qualità del dibattito su X (l’ex Twitter).
Tutto è iniziato intorno alle 18,30 di martedì sera 17 ottobre, ora italiana, quando un’esplosione è stata osservata e registrata da diverse telecamere puntate sulla Striscia di Gaza, per via dei pesanti bombardamenti israeliani iniziati dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre.
governo locale
Secondo il resoconto dettagliato de Il Post, alle 18,49 ora italiana il liveblog in lingua inglese sulla guerra fra Israele e Hamas tenuto da Al Jazeera –uno dei media più diffusi nei paesi arabi, finanziato dal Qatar, Paese vicino ad Hamas- ha dato conto del fatto che c’era stata un’esplosione nel cortile dell’ospedale di Al Ahli, uno dei più grandi della città di Gaza. La fonte della notizia era un portavoce del governo locale della Striscia, che dal 2006 è controllato da Hamas.
Alle 19,32 nel suo liveblog Al Jazeera ha stimato che i morti fossero almeno 500, attribuendo la notizia direttamente al Ministero della Salute di Hamas.
Poco dopo le principali agenzie internazionali fra le quali Associated Press, e il New York Times e il Wall Street Journal hanno pubblicato la cifra usando come unica fonte il ministero. Le edizioni online di tutti i principali giornali occidentali hanno dato la notizia in questi termini: hanno parlato di “bombardamento” e molti hanno scritto direttamente “bombardamento israeliano”, pur attribuendo l’informazione ad Hamas (come ha fatto il New York Times). Quasi tutti hanno considerato il numero delle persone uccise diffuso da Hamas, “almeno 500”.
possibili cause
Anche uno dei corrispondenti di Bbc dalla Striscia di Gaza, Jon Donnison, ne ha parlato in termini simili durante un intervento in diretta. “È difficile dire che l’esplosione non sia stata causata da un bombardamento israeliano, o da più bombardamenti, date le sue dimensioni”. In un comunicato diffuso qualche giorno più tardi, Bbc ha scritto che Donnison “ha sbagliato a fare delle speculazioni in questo modo sulle possibili cause, e ce ne scusiamo”.
L’ipotesi alternativa di un razzo palestinese comunque era iniziata a girare fin da subito, perché è da anni che capita che una parte dei razzi lanciati dai gruppi armati palestinesi dalla Striscia di Gaza verso il territorio israeliano cada per errore dentro la Striscia.
Anche sul numero dei morti, poi, la ricostruzione di Hamas non è stata confermata.
divieto di passaggio
Hamas controlla la Striscia di Gaza in maniera capillare, a tutti i livelli, e di fatto non esistono autorità o istituzioni indipendenti a cui rivolgersi per avere conferme. Dal 7 ottobre in avanti Israele ha circondato la Striscia con un “assedio totale” e non permette nemmeno ai giornalisti di passare. L’ordine di evacuazione del nord della Striscia arrivato dall’esercito israeliano due settimane fa poi ha costretto i pochi media presenti come le agenzie Associated Press e Agence France-Presse e i rispettivi dipendenti a lasciare gli uffici a Gaza, e spostarsi più a sud.
Nella concitazione di quelle ore -scrive Il Post- la ricostruzione di Hamas è semplicemente sembrata la più verosimile. Lunedì 23 ottobre il New York Times ha pubblicato un articolo firmato dalla direzione del quotidiano in cui condivideva alcune riflessioni sulla propria copertura dell’esplosione nell’ospedale al Ahli, a Gaza. Il New York Times ha raccontato come nelle ore successive all’esplosione abbia fatto alcune scelte sbagliate e come avrebbe dovuto indicare con maggiore chiarezza quali informazioni fossero state verificate, e quali no. Nel giornalismo statunitense e britannico le rettifiche e le ammissioni di errori -spiega Il Post- sono piuttosto frequenti, per via di un’attenzione alla trasparenza nei confronti dei lettori.
verifiche indipendenti
Il New York Times è sembrato riconoscere alcune critiche già in un primo articolo di ricostruzione della copertura dell’esplosione, pubblicato il 18 ottobre. Nell’articolo del 23 ottobre a nome della direzione, si legge: “Il primo articolo del New York Times attribuiva ai palestinesi l’accusa di un coinvolgimento degli israeliani, e faceva notare che l’esercito israeliano stava indagando sull’esplosione. Tuttavia la prima versione faceva troppo affidamento sulla ricostruzione di Hamas, e non spiegava con chiarezza che non era possibile verificare quelle informazioni in maniera indipendente”.
Diversi altri giornali che nelle ore successive all’esplosione avevano fatto scelte simili al New York Times, come per esempio il Wall Street Journal, non hanno dato spiegazioni ai propri lettori. Altri hanno difeso il proprio lavoro di quei giorni.
Un portavoce di Reuters ha detto che l’agenzia non ha individuato errori nella propria copertura, nonostante in uno dei suoi primi articoli avesse dato molto risalto a una stima di almeno 300 morti citando una non precisata “fonte della difesa civile palestinese”. “Per Reuters è la prassi pubblicare dichiarazioni e ricostruzioni fatte da alcune fonti su fatti di interesse pubblico, e al contempo lavorare per verificarle e cercare informazioni da tutte le parti coinvolte. Diciamo chiaramente ai nostri lettori che si tratta di una versione attribuita a una fonte, piuttosto che verificata da Reuters”.
cinque riprese
Passano poche ore e il New York Times dà conto del lavoro effettuato dal suo team di Visual Investigation al termine di un’inchiesta condotta da sette persone – Aric Toler, Haley Willis, Riley Mellen, Alessandro Cardia, Natalie Reneau, Julian E. Barnes e Christoph Koettl – con il supporto di altri tre cronisti (Hiba Yazbek, John Ismay e Yousur Al-Hlou). Quello che l’esercito israeliano ha identificato come un “razzo puntato su Israele” che “ha fatto cilecca ed è esploso” quasi in contemporanea con l’esplosione dell’ospedale Al-Ahli di Gaza in realtà “non è mai stato vicino all’ospedale”. Non solo: “È stato lanciato da Israele, non da Gaza, e sembra essere esploso sopra il confine tra Israele e Gaza, ad almeno due miglia” dalla struttura. La conclusione dell’autorevole quotidiano statunitense non entra nel merito di cosa (e lanciato da chi) abbia provocato l’esplosione, ma sottopone a verifica la ricostruzione ufficiale fornita dalle Forze armate israeliane, basata sui video disponibili dei momenti immediatamente precedenti all’esplosione. Il Times -si legge nella lunga inchiesta, citata dal Fatto Quotidiano- “ha sincronizzato le riprese di Al Jazeera con altri cinque video girati contemporaneamente, comprese le riprese di una stazione televisiva israeliana, Channel 12, e di una telecamera Cctv a Tel Aviv”. I video “fornivano una visione del missile da nord, sud, est e ovest”. A quel punto il team investigativo del Nyt ha usato “immagini satellitari per triangolare il punto di lancio” e “ha stabilito che il proiettile è stato lanciato verso Gaza da vicino alla città israeliana di Nahal Oz poco prima” dell’esplosione nel parcheggio dell’ospedale. Il quotidiano statunitense “non è in grado di identificare in modo indipendente il tipo di proiettile che è stato lanciato da Israele, sebbene sia stato lanciato da un’area nota per avere un sistema di difesa Iron Dome”, si legge nell’inchiesta. Secondo l’esercito israeliano gli intercettori dell’Iron Dome non vengono lanciati su Gaza e “in effetti il missile visto nel video potrebbe non essere entrato” nella Striscia. L’esercito ha anche “dichiarato che l’Iron Dome non ha sparato ad alcun intercettore nel momento e nell’area in questione”. Il Times specifica che quel missile “molto probabilmente (…) non è quello che ha causato l’esplosione in ospedale” e la scoperta “non spiega cosa abbia effettivamente causato l’esplosione all’ospedale Al-Ahli Arab, o chi ne sia responsabile”. Quindi le accuse lanciate da Israele e dall’intelligence Usa “secondo cui la colpa è del fallito lancio di un razzo palestinese rimane plausibile”, ma l’analisi “mette in dubbio una delle prove più pubblicizzate che i funzionari israeliani hanno utilizzato per sostenere la loro causa e complica la narrativa semplice che hanno portato avanti”.
(nella foto, l’ospedale Al-Alhi dopo l’attacco)