Agenzia Dire, brutta storia in cinque atti. E non si intravede la parola fine. Nè lieto, né drammatico. E’ la china in cui si trova un’agenzia di informazione che ha avuto una storia importante, nata a sinistra.
Atto primo: Settembre 2023, l’Agenzia Dire annuncia il licenziamento di 14 giornalisti. L’Agenzia, fondata da Tonino Tatò segretario di Enrico Berlinguer, fu acquistata da Federico Bianchi di Castelbianco, arrestato nel 2021 ed poi rinviato a giudizio per aver pagato tangenti alla dirigente del Miur, ministero dell’Istruzione e del Merito, Giovanna Boda. Boda, a seguito delle accuse, tentò il suicidio. Da marzo 2022 editore è l’imprenditore Stefano Valore di Villanueva de Castellòn, presidente di SiliconDev, azienda di servizi informatici. I 14 licenziamenti permettono comunque alla Dire di mantenere l’organico appena sopra i 50 redattori, numero limite per ottenere i finanziamenti pubblici in base alla riorganizzazione delle agenzie varata dal sottosegretario all’Editoria Alberto Barachini.
Atto secondo: la Federazione della Stampa, a seguito dell’annuncio dei licenziamenti chiede il blocco dei contributi pubblici alla Dire.
Atto terzo: nonostante scioperi e proteste, il 28 dicembre 2023 Dire consegna le 14 lettere di licenziamento. Il Cdr proclama tre giorni di sciopero: 29 dicembre, 4 e 8 gennaio.
Atto quarto: esce la notizia che il ministero dell’Istruzione ha disposto il fermo amministrativo sui contributi pubblici alla società editrice dell’Agenzia Dire, la Com.e. Il fermo si riferisce a un importo ingente che riguarda i pagamenti (circa 6 milioni) effettuati dal ministero alla società Com.e. Pagamenti che sono oggetto del procedimento penale – scrive il Fatto quotidiano – “quello che vede coinvolta Giovanna Boda, ex capo dipartimento del ministero, e l’imprenditore Federico Bianchi di Castelbianco, ex editore della Com.e”.
Atto quinto: nel pomeriggio del 29 dicembre, a poche ore dall’avvio della nuova procedura negoziata per l’acquisto dei servizi giornalistici dell’Agenzia Dire da parte del Dipartimento Editoria di Palazzo Chigi, il nuovo contratto (da 4 milioni) che doveva partire il primo gennaio 2024, viene bloccato.
Atto sesto: Valore, proprietario della Dire, a causa della “perdita inaspettata e immotivata del nuovo contratto”, aggiunge la sospensione di altri 17 giornalisti. Un braccio di ferro: i posti di lavoro messi sul piatto, di fronte al contratto che non viene stipulato.
Cerchiamo di allargare le spiegazioni.
Il governo non ha bloccato i fondi dopo la richiesta della Fnsi, ma a seguito di un provvedimento del ministero dell’Istruzione relativo dall’inchiesta giudiziaria su Bianchi di Castelbianco. Il fermo impedisce il versamento dei contributi pubblici pregressi e futuri alla società Com.e e blocca quindi l’accesso alla procedura negoziata prevista per gli iscritti all’elenco delle agenzie di stampa di rilevanza nazionale. Il fermo amministrativo consiste nella richiesta da parte di un’amministrazione dello Stato che abbia, a qualsiasi titolo, ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni, di sospensione di ogni pagamento da parte delle altre amministrazioni fino al provvedimento definitivo del giudice.
Il 28 dicembre il Comitato di redazione dell’agenzia Dire ha espresso “rabbia e preoccupazione dopo l’arrivo delle lettere di licenziamento a 14 colleghi nell’ambito della procedura di licenziamento collettivo avviata dall’azienda nel settembre scorso”. Le lettere sono arrivate tre giorni dopo Natale. Il Cdr chiede l’immediato ritiro dei licenziamenti, che definisce “illegittimi e ingiustificati”.
Il Cdr aveva ricordato “la contraddizione evidente tra questi licenziamenti e l’imminente arrivo del cospicuo contributo della Presidenza del Consiglio legato al nuovo decreto fondi per le agenzie di stampa, concepito proprio nello spirito di salvaguardare la forza lavoro nelle Agenzie”. Inoltre, il Cdr “esprime grande preoccupazione per la tenuta organizzativa delle redazioni e per il mantenimento della qualità del nostro lavoro. Qualità che è stata sempre garantita, a costo di enormi sacrifici, anche per tutti i quasi due anni di solidarietà che i giornalisti dell’agenzia Dire hanno accettato proprio per scongiurare eventuali licenziamenti di colleghi e per mantenere l’organico nella sua interezza. Ora, invece, i nostri sforzi vengono vanificati con il licenziamento dei colleghi, che si aggiungono a svariati collaboratori con contratto a termine che non sono stati mantenuti nel corso dei due anni di ammortizzatore sociale”. Gran parte dei lavoratori della Dire si sono costituiti parte civile al processo contro Bianchi di Castelbianco.
“Nel pomeriggio del 29 dicembre, a poche ore dall’avvio della nuova procedura negoziata per l’acquisto dei servizi giornalistici dell’agenzia Dire da parte del Dipartimento Editoria di Palazzo Chigi, ci siamo ritrovati senza il nuovo contratto”. Così l’editore Valore ha spiegato le 17 sospensioni . “Abbiamo subito provato a contattare gli uffici il 29, 30 e 31 dicembre, purtroppo senza esito, inoltrando tutte le informazioni richieste e chiedendo una interlocuzione finalizzata a far rientrare la decisione. Questo è successo a pochi giorni dall’avvio della ristrutturazione necessaria a salvaguardare la sostenibilità dell’azienda e il livello occupazionale. Una decisione sofferta che ha costretto ad interrompere il rapporto di lavoro con 14 giornalisti. Ora ci troviamo di nuovo costretti a sospendere altri 17 giornalisti. Confidiamo e speriamo che lo stallo possa essere superato al più presto. Diversamente ci appelleremo anche al Presidente del Consiglio, onorevole Giorgia Meloni, chiedendo il suo intervento per garantire il futuro dell’Agenzia Dire e dei 120 dipendenti (e loro famiglie) che ogni giorno lavorano per garantire l`informazione primaria e a tutela del pluralismo”.
Una nota del Dipartimento della Presidenza del Consiglio precisa che “in presenza di un provvedimento di fermo amministrativo adottato dal ministero dell’Istruzione e del Merito, il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio è tenuto per legge a sospendere il pagamento dei compensi 2023 all’Agenzia di stampa Dire, nonché l’accesso alla nuova procedura negoziata relativa all’elenco di rilevanza nazionale, come confermato anche dal parere reso dall’Avvocatura Generale dello Stato che il Dipartimento ha interpellato. Si tratta, quindi, di un atto dovuto”.
Dire fu fondata nel 1988 da Antonio Tatò, responsabile dell’Ufficio stampa del Pci e segretario di Enrico Berlinguer dal 1969 al 1984. Il Direttore responsabile è Nico Perrone dal 29 luglio 2011. Nei primi anni Dire si è concentrata sulle dinamiche politiche parlamentari.
Oggi produce notiziari d’agenzia multimediali, con foto e video. Le notizie raggiungono un network di testate nazionali e locali. Ha un giornale on line dire.it, una TV On-demand, Dire TV e una Radio streaming Radio Dire. Realizza Tg, Gr, Newsletter e Podcast. Diffonde le news anche sui canali social ufficiali. È presente in tutte le regioni italiane, con 11 sedi operative e corrispondenze.
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(nella foto, Stefano Valore di Villanueva de Castellòn)