È di quattro giornaliste l’inchiesta vincitrice del primo Premio nazionale Fnsi “Dov’è Tina Merlin oggi?”. Tina Merlin era l’inviata de l’Unità che per prima, alla fine degli anni ’50, denunciò con i suoi articoli il pericolo rappresentato dalla diga del Vajont, dando voce alle denunce degli abitanti di Erto e Casso, frazioni della omonima valle, dove la notte del 9 ottobre 1963 dal vicino Mont Toc si distaccò una roccia che cadde dentro l’invaso d’acqua producendo un’onda che si abbattè come un violento schiaffo sui paesi sottostanti, provocando distruzione e morte: 347 le vittime.
Il premio, assegnato in una cerimonia pubblica che si è svolta a Longarone il 16 dicembre nella sala consigliare del Municipio, alla presenza della segretaria generale della Fnsi Alessandra Costante, è andato a un’indagine sullo sfruttamento del lavoro nella raccolta dei kiwi dell’Agro Pontino, che ha seguito a ritroso la filiera: dalla grande distribuzione ai campi in cui vengono coltivati. Il servizio, pubblicato su IrpiMedia, è di Stefania Prandi e Francesca Cicculli, con la collega danese Charlotte Aagaard e la giornalista indiana Kusum Arora.
Il Premio Giovani è andato invece a Sofia Centioni, praticante della Scuola di giornalismo di Bologna, che con lo strumento del podcast si è focalizzata sullo sfruttamento del lavoro nella ristorazione (“Ristoranti da incubo, il dietro le quinte della City of food”). Menzioni per Laura Fasani (che con la collega Nuri Fatolahzadeh ha firmato un podcast prodotto da IrpiMedia e Il Giornale di Brescia dal titolo “Caffaro, l’ultima barriera. I veleni nel cuore della città”), per Marco Grasso (giornalista del Fatto Quotidiano che ha approfondito la strage del Ponte Morandi), e per Andrea Lattanzi, autore di un’indagine video sui danni alla salute da long Covid, (pubblicata sui siti de la Repubblica e La Stampa).
Stefania Prandi e Francesca Cicculli si sono dichiarate “molto onorate di ricevere questo premio, che rende onore e merito alla figura di Tina Merlin”, per un’inchiesta che vuole “mostrare le condizioni di lavoro dei Sikh nella zona dell’Agro Pontino”, anche se non è stato possibile svelare tutti i nomi delle aziende coinvolte, per la minaccia di querele bavaglio: “Ci siamo dovute fermare, mentre la collega danese ha potuto fare tutti i nomi, perché in Danimarca c’è una tutela garantita per i giornalisti”, ha spiegato Prandi. Alle vincitrici, oltre al premio in denaro di 5mila euro, è stato consegnato un libro scolpito nel legno di cirmolo, un pezzo unico realizzato dall’artista bellunese Mauro “Lampo” Olivotto, che ha cesellato il logo Fnsi e il profilo di Tina Merlin.
“Tina Merlin è ancora tra noi, perché è il giornalismo d’inchiesta italiano. E la qualità dei lavori candidati al premio – ben 74 – lo dimostra”, ha detto la segretaria Fnsi Alessandra Costante. “Questo è il primo premio che Fnsi organizza direttamente. L’obiettivo è ribadire un concetto chiaro: non c’è informazione senza il racconto dei territori; e senza i colleghi che lavorano sul campo non c’è giornalismo. Crediamo fortemente che sia questo il lavoro che va premiato: quel giornalismo che incarna i valori costituzionali e che resisterà all’assalto dell’intelligenza artificiale”.
La cerimonia di premiazione è stata anche l’occasione per ricordare la figura di Tina Merlin, cronista della redazione de l’Unità veneta, con la collaborazione dell’associazione culturale che ne porta il nome. È stato poi proiettato anche un video che propone una riflessione sul ruolo del giornalista, immaginando che sia stata partorita dalla penna di Tina, “voce del Vajont” ma non solo, impersonificata da Anna Olivier, attrice e consigliera comunale di Longarone.
(nella foto, Tina Merlin)