(A.G.) 1. La legge che vieta ai giornalisti di pubblicare i testi delle ordinanze di arresto? “Non ho preso io l’iniziativa, ma mi pare una norma di equilibrio tra diritto di informazione e diritto dei cittadini a proteggere la loro onorabilità prima della condanna”.

2. La riforma della professione giornalistica? “Il Parlamento sta elaborando una proposta, ma se ci saranno eccessive lungaggini non ho problemi a ragionare su un intervento del governo”.

3. L’Intelligenza artificiale? “Rischia di sostituire molti lavori di alto profilo. Con i giornalisti ragioniamo e lavoriamo insieme per affrontarla”.

4. L’inchiesta su Tommaso Verdini e Anas? “Mi stupisce un po’ e mi preoccupa un po’ quando leggo su tre quotidiani, virgolettate, dichiarazioni che non ho mai fatto, neanche in privato. Con questo meccanismo si può inventare qualunque cosa”.

5. La Rai è diventatata “Tele Meloni”? “Quando Fratelli d’Italia erano da soli fuori dal governo Draghi, si è verificato l’unico caso in cui un partito d’opposizione non era presente in Consiglio d’amministrazione. In quell’occasione non ho sentito parlare di regime”.

6. L’informazione di qualità? “Scrivere norme è competenza nostra. Dimostrare che è utile informarsi sui quotidiani anziché sui social dipende da voi”.

Per sei volte in tre ore, cinque minuti e sette secondi -tanto è durata la conferenza stampa di fine/inizio anno della Presidente del Consiglio- Giorgia Meloni ha toccato temi che riguardano il mondo dell’informazione.

Vediamo in maggiore dettaglio.

BAVAGLIO. Il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Bartoli, ha introdotto l’evento, spiegando che la Fnsi, sindacato dei giornalisti, per la prima volta non era presente, per protesta contro l’emendamento che vieta la pubblicazione delle ordinanze di arresto e che  “rischia di far calare il sipario sull’informazione in materia giudiziaria”. Meloni risponde che “la cosiddetta ‘legge-bavaglio’ è frutto di un emendamento di un esponente di un partito di opposizione. Ha avuto -è vero- il parere favorevole dal governo, ma Fnsi avrebbe dovuto manifestare non sotto Palazzo Chigi, ma di fronte al Parlamento”. Inoltre, l’emendamento “riporta l’articolo 114 del Codice cdi procedura penale al suo perimetro originario, poiché  nel 2017 fu la ‘riforma Orlando’ a permettere la pubblicazione in parte o in toto dell’atto di carcerazione. Non vedo dunque bavaglio, a meno che non si dica che la stampa era imbavagliata fino al 2017. E non ricordo che in passato sia stata disertata questa conferenza stampa perchè non c’era questa norma”.

Secondo Meloni resta il diritto dei giornalisti di scrivere che qualcuno è stato arrestato, perché e i capi di imputazione formulati: “Non avrei preso l’iniziativa, ma parliamo di una norma di equilibrio tra il diritto all’informazione e il diritto del cittadino, prima che sia condannato, a non ritrovare sui giornali particolari che possono non essere rilevanti e che ledono la sua onorabilità”.

PROFESSIONE. L’Ordine dei giornalisti ha presentato una proposta di riforma del giornalismo al Parlamento. Si è formato un intergruppo parlamentare che su quella base sta elaborando un testo. Meloni ha ricordato che la legge attuale è del 1967 (in realtà è del 1963), ha detto di sapere che la riforma sta a cuore alla categoria, “in particolare il sistema di voto dell’Ordine” (che non è proprio il tema centrale). Ha aggiunto: “Il mondo è cambiato ed è giusto cambiare le regole. Sarebbe più bello che l’iniziativa arrivasse dal Parlamento, ma se dovessimo ravvisare eccessive lungaggini, non ho problemi a ragionare di intervenire”.

TRASPARENZA. Bartoli ha parlato dell’esigenza di rendere noto ai lettori quando i contenuti dei media sono costruiti con l’Intelligenza artificiale. Meloni si è detta molto preoccupata in particolare dagli effetti che IA avrà sul mercato del lavoro e che sta lavorando a un’iniziativa specifica su questo, in occasione della presidenza italiana al G7: “Saranno necessarie sempre meno persone. E non so se siamo ancora in tempo per intervenire, dati la velocità del progresso e i tempi delle decisioni politiche”.

Ai giornalisti propone di “ragionare e lavorare insieme”.

VIRGOLETTE. Beniamino Cappelleri dell’Ansa fa una domanda sull’inchiesta Verdini-Anas. Meloni inizia così: “Visto che siamo tra noi… Mi stupisce e un po’ mi preoccupa quando vedo su uno, due, perfino tre quotidiani miei virgolettati su dichiarazioni che non ho mai fatto. Neanche in privato. Mi scuserete se provo a sottolineare questa tendenza che mi è capitato di incontrare alcune volte in questo anno. Un po’ mi preoccupo: con questo meccanismo, volendo, si può inventare qualsiasi cosa”.

SERVIZIO. Roni Gasparri, La Presse, chiede se è contenta del nuovo corso della Rai, chiamata dall’opposizione “TeleMeloni”. Meloni dice che l’obiettivo è “migliorare la qualità del servizio pubblico, garantire maggiore pluralismo, maggiore obiettività e limitare alcuni sprechi visti nel passato”. Si dice soddisfatta “del percorso intrapreso per ridurre il pesante indebitamento costruito dalle gestioni precedenti”. Ricorda che durante il governo Draghi il suo partito, unico d’opposizione, fu tenuto fuori dal Cda, e che in quel caso -unico- non si pose il problema del pluralismo del servizio pubblico. Che durante quel periodo Fratelli d’Italia veniva “coperta” solo dalle edizioni notturne dei Tg. Che la sinistra con il 18 per cento dei consensi esprimeva il 70 per cento delle posizioni in Rai. Che sono state chieste le dimissioni di un giornalista Rai perché alla manifestazione Atreju ha criticato il segretario di un partito: “Io sono stata criticata per una vita e non ho mai detto una parola e sono d’accordo che non si dica una parola: si chiama libertà di stampa anche quella”.

Insomma, “stiamo cercando di fare un lavoro di riequilibrio di ciò che si è visto in questi anni”.

QUALITA’. Carlo Parisi di Giornalistitalia chiede quanto è importante e come sarà incentivata l’informazione di qualità. Meloni risponde che “il combinato disposto tra AI e social media rischia di avere un impatto di livello di approfondimento culturale, soprattutto verso le giovani generazioni. Tutti noi che siamo qui dobbiamo lavorare al meglio per esercitare la responsabilità”. Quindi invita i giornalisti “con la deontologia e con il lavoro fatto con estrema serietà a dimostrare che è più utile informarsi sui quotidiani che sui social”.

Il presidente Bartoli aveva posto altre tre questioni, che Meloni non raccoglie. La riforma della diffamazione in discussione al Senato “che non disincentiva in maniera seria le liti temerarie nei confronti dei giornalisti”. Il principio sacrosanto della presunzione d’innocenza che interpretato dalla legge Cartabia ha prodotto “l’oscuramento di molte notizie di cronaca”. Il troppo lavoro povero, i compensi da elemosina più che retribuzioni pagati da alcuni editori. Ha aggiunto che il governo si è mosso in maniera efficace a sostegno degli editori, in particolare nel comparto delle agenzie di stampa.

(nella foto, Giorgia Meloni durante la conferenza stampa)

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