Trent’anni fa, la rivista bimestrale Belfagor, allora diretta da Carlo Ferdinando Russo, pubblicava il “Manifesto Democratico 1994”, primi firmatari Raffaele Fiengo, Cesare Segre e Corrado Stajano.
Il documento ebbe l’adesione di centinaia di intellettuali, docenti, professionisti, giornalisti, che esprimevano preoccupazioni e ponevano interrogativi di fronte all’evoluzione della democrazia e della società italiane, in coincidenza con la discesa in politica di Silvio Berlusconi.
panorama cambiato
Nei trent’anni trascorsi, il panorama informativo mondiale e italiano è profondamente cambiato, con la generalizzazione di internet e l’avvento dei social networks. La televisione, che catalizzava allora i timori dei firmatari, quanto alla possibilità di un monopolio e di uno spregiudicato utilizzo della pubblicità, ha lasciato spazio alla società in rete prima, e a quella delle piattaforme ora.
Anche lo scenario politico è radicalmente mutato: in Italia, si sono susseguiti per un lungo periodo un bipolarismo “de facto”, poi la rivoluzione della meccanica tripolare e, infine, il ritorno alla più tradizionale contrapposizione destra-sinistra.
interventi di polizia
Ma alcune delle preoccupazioni e degli interrogativi di quel ‘94 restano – o tornano – attuali, fra cui quelli dell’articolo 4 del Manifesto Democratica, che tocca i temi della libertà di manifestazione e d’espressione e della libertà d’informazione. Episodi recenti, come interventi di polizia piuttosto violenti a sedare manifestazioni studentesche, in particolare a Pisa e a Firenze; forme d’intolleranza del dissenso; tentativi di controllo e di omogeneizzazione dell’informazione sono tutti segnali d’allarme che vanno colti e segnalati e cui bisogna opporre una convinta ferma civile resistenza.
“Attentato quotidiano”
L’articolo 4 del Manifesto Democratico recita: “La libertà della parola parlata e della parola scritta è alla base di tutte le altre libertà. Fondamento concreto della democrazia è l’esercizio effettivo della libera espressione del pensiero e dei diritti d’informazione. Costituisce un attentato quotidiano contro di essa il monopolio dei mezzi potentissimi con cui può essere limitata, falsata, influenzata o conculcata.
Le antenne con le quali milioni di uomini sono usciti dall’isolamento costituiscono per ciascun cittadino un bene prezioso e delicato, di cui nessuno può avere il dominio assoluto. Lo stesso vale per la pubblicità, strumento pericoloso di potere e di propaganda politica se ne è consentito il monopolio a chicchessia. Nel momento stesso in cui il cittadino è ammesso ai nuovi consumi rischia di essere fatto prigioniero di propaganda politica totale ed esclusiva”.
risposte dell’opposizione
Dice ad esempio Giulio Ferroni, professore emerito di Letteratura italiana alla Sapienza che rispetto ad allora “è cresciuta l’indifferenza, mancano prospettive e risposte adeguate da parte dell’opposizione”. Secondo lui, i nuovi mezzi di videocomunicazione “danno l’illusione di una disponibilità assoluta dell’informazione, ma agiscono con un’invasività che la svuota di senso, cancella ogni gerarchia tra vero e falso, tra ciò che vale e ciò che non vale: hanno creato una democrazia del nulla e dell’apparenza. Sparisce il senso critico, si cancella la ragione delle cose”.
E la professoressa di Geografia Politica ed Economica Teresa Inseburg: “Il grado di libertà di espressione è oggi formalmente grande, ma nella pratica c’è una situazione molto asimmetrica, perché i mezzi tecnologici e chi li detiene hanno una potenza di comunicazione che le realtà minori non hanno”. Ai suoi intervistatori dice: “Il futuro del nostro Paese dipende dalle vostre generazioni e quasi interamente dalla capacità di elaborare progetti che abbiano respiro, interesse e contenuto elevato, venendo inseriti in strutture organizzative durature. Fino a quando si va avanti con modalità maggioritarie, non ci sarà una forma democratica che presupponga un confronto tra diversità con un punto di mediazione”.
libertà d’espressione
Sotto lo stimolo di Raffaele Fiengo, e con il coordinamento dei loro docenti Christian Ruggiero e Giampiero Gramaglia, studentesse e studenti del CoRiS – Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale – e del corso di Agenzie e Nuovi Media del corso di laurea in Editoria e Scrittura della Facoltà di Lettere della Sapienza hanno chiesto ad alcuni dei firmatari di allora e ad alcuni altri intellettuali attivi nell’ambito della comunicazione politica se e in che misura quel documento resti valido e se e in che misura la libertà d’espressione e di informazione siano evolute nel nostro Paese.
sintesi dei pareri
Nel video e nel file allegati, una sintesi dei pareri espressi da Paolo Ambrosi, Alberto Burgio, Giancarlo Consonni, Paolo Di Stefano, Giulio Ferroni, Teresa Isenburg, Mario Isnenghi, Silvana La Spina, Gianfranco Pasquino, Carla Riccardi, Vittorio Roidi e Francesco Saverio Vetere.
Autori di questo lavoro sono stati le studentesse e gli studenti Francesca Arcese, Martina Capozzi, Nicolò Cozzolino, Mattia D’Aloja, Alessia De Rinaldis, Andrea D’Uva Cifelli, Gemma Fellas, Nathalie Fiorillo, Cosimo Gasparro, Irene Giammatteo, Raffaele Leso, Giorgia Marini, Francesca Mastrovito, Manuel Palumbo, Alessandro Pasini, Diletta Rainone, Marta Raponi, Chiara Romano, Rachele Russo, Shania Sargentoni, Giada Sereni, Anastasia Ulino, Luca Valentini, Antonietta Vassallo e Francesco Zega.
Professione Reporter
(nella foto, Giulio Ferroni)