(A.G.) Roberto Seghetti ha scritto un libro per dire che “Le tasse sono utili” (Nutrimenti Editore). In realtà, ha fotografato il mondo com’è oggi. Il 10 per cento più ricco della Terra detiene l’82 per cento del reddito globale, la metà più povera della popolazione mondiale ha l’uno per cento del reddito. Il 7 per cento della popolazione mondiale vive con meno di 2,15 dollari al giorno. Secondo il World Inequality Report, redatto da Lucas Chancel, Thomas Piketty, Emmanuel Saez e Gabriel Zucman, il livello di disuguaglianza riscontrabile oggi è di fatto quasi pari a quello del 1910.
età dell’oro
Seghetti racconta come siamo arrivati a queste disuguaglianze crescenti. Spiega che dopo la Seconda guerra mondiale abbiamo vissuto “l’età dell’oro” e pagavamo tante tasse, con aliquote che raggiungevano il 70 per cento. Quasi quello che aveva fatto Roosevelt dopo la crisi del ’29, arrivando a tassare fino al 90 per cento, ma spendendo soldi pubblici per dare occupazione e far rinascere il Paese. E mentre le economie si ricostruivano nel dopoguerra, i Paesi dell’Occidente edificavano il welfare state -sanità, scuole, pensioni, assistenza sociale pubblici- un modo per proteggere i più deboli e diffondere il benessere. Di pari passo, le condizioni dei lavoratori, grazie alle conquiste sindacali, miglioravano, leggi e interventi degli Stati correggevano gli spiriti animali del profitto. Fino a quando?
classi popolari
Fino a quando tutto questo non sembrò troppo. Troppo spazio alle classi popolari, troppo poca disuguaglianza. Seghetti identifica in Margareth Thatcher nel Regno Unito e in Ronald Reagan negli Stati Uniti, anni ’80, gli artefici principali dell’inversione di tendenza. Sostenuti dalle teorie del liberismo (scuola di Chicago) fu propagandata l’idea che tagliando le tasse, l’economia avrebbe avuto giovamento e che quel giovamento sarebbe ricaduto a pioggia su tutta la società. Per la verità, Thatcher sostenne che la società non esiste, esistono soltanto gli individui, uomini, donne, la famiglia. E per la verità le tasse furono tagliate soprattutto ai signori, Reagan -per dire- ridusse l’aliquota massima dal 50 al 28 per cento.
file di giorni
Da qui una strada che prosegue fino al populismo di oggi, che sul taglio delle tasse edifica buona parte del suo consenso. Ma tagliare le tasse significa arrivare al punto che cominciamo a distinguere: meno welfare, file di giorni per accedere al pronto soccorso, scuole pubbliche fatiscenti, asili nido mancanti. Vale a dire: il pensiero anti-tasse funziona perfettamente, ma a vantaggio di chi ha più soldi e li moltiplica, condannando i poveri a essere più poveri e la classe media a slittare verso la povertà.
Sono tanti gli aspetti che il libro illumina. Una delle grandi carenze dell’Europa è che tollera regimi fiscali diversi e quindi l’Irlanda è il paradiso delle mega aziende che vogliono eludere le tasse, assieme a Olanda, Lussemburgo, lo stato Usa del Delaware. Apple, Amazon, Google, Meta, Microsoft, Pfizer, Johnson & Jonhson pagano non più del 12 per cento sui loro utili mostruosi. I 25 più ricchi del mondo, tipo Bezos, Musk, Soros e Bloomberg, pagano intorno al 3,4 per cento di tasse. Poi quando, a seguito della liberalizzazione sfrenata della finanza, scoppia la crisi del 2008, saranno i soldi pubblici a ripianare i crack delle banche.
tre manovre
Il pensiero delle “tasse cattive” freno delle economie fornisce terreno di giustificazione per il grande scandalo mondiale, quello dell’evasione fiscale, 4800 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni secondo Tax Justice Network, più di ciò che spendono tutti i paesi in un anno per la sanità. Parliamo di Italia: 90 miliardi di tasse evase ogni anno, più di tre manovre finanziarie (l’ultima è stata di 24 miliardi): ogni problema, dal debito alla sanità carente, alle scuole da rifare, alla pubblica amministrazione, ai ponti pericolanti sarebbe magicamente risolto. Tuttavia, nei primi anni 2000, quando Vincenzo Visco provò a applicare semplici misure per ridurre l’evasione (tipo al terzo scontrino mancato, si chiude il negozio) lo chiamarono Dracula e non gli fu più offerto un posto di governo. Oppure: nessuno da decenni riesce a realizzare la riforna del Catasto, che farebbe pagare a ciascun immobile il giusto tributo allo Stato, mentre oggi beni di lusso versano meno di immobili di periferia (2 milioni sono le case proprio non registrate). E tanti governi, Dini-Berlusconi-Renzi-Conte-Gentiloni, tutti firmatari di condoni fiscali, per assolvere gli evasori e far sentire idioti i cittadini onesti.
uscire dall’incantesimo
Seghetti descrive l’ingiustizia profonda del mondo attuale e dice: l’obiettivo non è pagare più tasse, ma rendersi conto che chi promette tagli taglierà l’assistenza medica e la messa in sicurezza delle scuole e quelle tasse tagliate saranno ripagate dai cittadini con gli interessi, “se paghi 60 euro in meno di tasse e poi ne devi sborsare 100 per l’assicurazione privata perché la sanità pubblica non funziona più, non hai guadagnato 60 euro, ne hai persi 40”. L’opinione pubblica, propone, esca dall’incantesimo e pretenda il ritorno a un fisco giusto ed efficace, a una società dove non decidano pochi individui ricchi per tutti, a loro esclusivo vantaggio, con la complicità della politica. Un fisco che -tra l’altro- permetta di affrontare anche l’emergenza climatica. Una lettura semplice e fondamentale.
Roberto Seghetti ha lavorato ad Agi, Paese Sera, Il Messaggero e Panorama. E’ stato portavoce per le Finanze al ministero dell’Economia dal 2006 al 2008.
Ha ragione, è proprio così, si è dimenticato di aggiungere che in Italia chi ha iniziato ad abbassare le tasse ai ricchi (dal 72% al 62%) e aumentarle ai poveri (dal 10% al 18%) è stato Craxi nel 1983…