Libertà d’espressione, d’informazione e di stampa: se n’è discusso in un convegno organizzato, presso la Fondazione Murialdi, a Roma, in coincidenza con la Giornata mondiale della Libertà di Stampa, il 3 maggio.
Era il 30° anniversario del Manifesto Democratico del 1994.
Alcuni firmatari di quel documento, giornalisti e accademici, hanno fatto riferimenti a vicende di attualità, dalla repressione di manifestazioni studentesche, all’emarginazione delle voci critiche, alla confusione fra censura e dissenso, facendo emergere i rischi che corre la libertà di stampa. Sono stati anche affrontati i temi di Internet e dell’Intelligenza artificiale, delle proposte di riforma della Costituzione e del quadro politico attuale.
Il Manifesto, pensato nel 1994 da Raffaele Fiengo, Cesare Segre e Corrado Stajano, raccolse le firme di quasi duecento intellettuali italiani, con l’obiettivo di enunciare dieci principi fondamentali al di là dei quali “non si può più parlare di democrazia”.
Il mese scorso, studenti della Sapienza hanno condotto interviste ad alcuni dei firmatari, per riflettere sull’attualità del documento e sulle azioni da svolgere per difendere la libertà di espressione.
L’evento alla Fondazione Murialdi è stato organizzato dal segretario generale Giancarlo Tartaglia, da Raffaele Fiengo e dai docenti della Sapienza Christian Ruggiero e Giampiero Gramaglia. Ecco una sintesi dei contributi degli interventi.
SPIRITO: “NON ABBIAMO BISOGNO DI GUARDIANI”. Giampiero Spirito, neo-presidente della Fondazione Murialdi, enfatizza come “la libertà di stampa sia l’ossigeno della democrazia”.
Spirito solleva l’importanza di comprendere se oggi i limiti e i confini della libertà di stampa, che trent’anni fa furono ridisegnati dal Manifesto Democratico, siano ancora attuali: “Non credo che noi giornalisti abbiamo bisogno di guardiani o di sanzioni. La nostra sentinella sono i nostri valori, la coscienza di ognuno, il rispetto dell’altro, ma anche il diritto di fare informazione e di fare giornalismo e poi la nostra deontologia”.
FIENGO: “OPINIONE PUBBLICA E I FATTI STRAORDINARI”. Raffaele Fiengo ricorda come il Manifesto fosse nato per contrastare l’arrivo al potere di Berlusconi, nel cui governo c’erano tre ministri di formazione post-fascista. Il giornalista sottolinea l’importanza dell’opinione pubblica nella difesa dei valori costituzionali, evidenziando che eventi straordinari come la guerra a Gaza o gli episodi di violenza a Pisa possano “formare un’opinione pubblica larghissima, che va al di là degli schieramenti e anche del ping pong dei talk show tra il governo e l’opposizione e ha a che fare proprio con i valori costituzionali”.
Ciò evidenzia l’importanza di un dibattito pubblico che metta al centro i valori costituzionali, offrendo un’occasione unica per discutere e rafforzare la base comune della società italiana.
PASQUINO: “CI SONO TANTE OPINIONI PUBBLICHE”. Gianfranco Pasquino, professore emerito, riflette su come “sia venuto meno il protagonista di questi trent’anni, Berlusconi, ma ciò non toglie che ci siano ancora moltissimi conflitti di interesse”. Pasquino riflette su come il governo di destra, non liberale, rifiuti il conflitto di interessi tra il potere economico e il potere politico e agisca nel suo solo interesse. La riflessione prosegue sul ruolo della televisione, diminuito drasticamente: “Quello che è successo è una frammentazione estrema delle fonti di informazione, con la nascita di ciò che gli esperti chiamano bolle. Ci sono più opinioni pubbliche”. Il rischio è una chiusura: le bolle non sono fra di loro competitive; anzi, rifiutano il confronto.
Il politologo racconta di aver subito la sospensione del suo account X senza motivo: un caso che induce a una riflessione ben più ampia su quanto i social e chi controlla le piattaforme possano influire sull’informazione.
ROIDI: “TUTELARE IL GIORNALISMO”. “La domanda non è se il Manifesto Democratico del ’94 è ancora attuale. Forse oggi siamo in una situazione peggiore”. Inizia così l’intervento di Vittorio Roidi, docente di Etica e deontologia della comunicazione alla Scuola di giornalismo di Perugia. “Sono pessimista perché in realtà questo governo e questa maggioranza sono peggio di Berlusconi. Oggi ci dobbiamo preoccupare ancora di più”.
L’invito, diretto ai giovani presenti alla conferenza, è ad agire concretamente. Non bastano i manifesti, ripetitivi, di fronte alla situazione attuale. La riforma deve partire dall’alto, dal Parlamento. “Si scriva nella Costituzione che il giornalismo è un bene pubblico e che la libertà è la base di questo mestiere”. Al fine di avere una democrazia solida, oltre all’articolo 21, dobbiamo costruire ciò che invece non è stato fatto dalle classi politiche e dai politici negli ultimi 60 anni.
ZACCARIA: “DOPO BERLUSCONI, QUADRO PEGGIORATO”. “Ho guardato il Manifesto con interesse -esordisce il professor Roberto Zaccaria- L’arrivo di Berlusconi fu preoccupante, ma la vera invasività arrivò nel 2001 con l’‘editto bulgaro’, lo vissi drammaticamente: fino a due mesi prima ero presidente della Rai. Oggi il quadro è peggiorato: c’è una pluralità di editti contro la stampa. Quella nei confronti di Scurati è una censura clamorosamente goffa, ben diversa dai casi precedenti, non meno pericolosi ma almeno fatti con riservatezza”. I fattori sono molteplici: “Lo squilibrio parlamentare della legge elettorale Rosatellum bis, la proposta del ‘premierato’ che azzera il Parlamento e limita il Presidente della Repubblica. Serve quindi capire quali piccole mosse possiamo fare per mettere in crisi un meccanismo che tende a privarci dell’aria che dobbiamo respirare. Ricordando che l’articolo 21 è pietra angolare della nostra democrazia: senza la sua piena operatività, la democrazia va in crisi, e con essa il diritto all’informazione di ogni cittadino. Il diritto a pretendere determinate notizie, evitare censura e oscuramento, e avere la garanzia del pluralismo”.
MENDUNI: “CON INTERNET TUTTI EDITORI”. Il professor Enrico Menduni esprime accordo con il Manifesto, ma evidenzia tre punti che oggi dovrebbero essere rafforzati. Innanzitutto, sottolinea il rovesciamento della gerarchia dell’informazione, passando dall’egemonia del testo scritto a quella del video, di maggiore impatto.
In secondo luogo, analizza la trasformazione dell’informazione da editoriale a non editoriale, dove chiunque può diventare un editore grazie a Internet e ai social network. Cita il ‘Telecommunication Act’ del 1995 come esempio di questo cambiamento: “Il paragrafo 230 sostiene che chi mette a disposizione i servizi online, i futuri social network, è semplicemente fornitore di connessione e quindi non ha le responsabilità di un editore. Ciascuno è editore di se stesso”.
In terzo luogo, Menduni affronta l’impatto dell’Intelligenza artificiale sull’informazione, evidenziando la capacità di generare video e testi falsi in modo sempre più sofisticato e accessibile.
FERRONI: “POTERE ALLA PUBBLICITA’ E AGLI INFLUENCER”. Il professor Giulio Ferroni inquadra “il potere eccessivo della pubblicità, su cui non c’è stata sufficiente riflessione critica nel ’94. Anzi, la cultura – in primis la comunicazione giornalistica – si è piegata agli influencer, amplificandone il rilievo. La pubblicità agisce allontanando la coscienza critica: è un orizzonte su cui servirebbe riflettere”.
Il tutto in una stampa radicalmente mutata: “L’avvento dei social e di Internet ha provocato la frantumazione dell’informazione in bolle separate. Scenario anticipato dal Manifesto, che segnalava delle esigenze, a cui l’orizzonte comunicativo non ha risposto”.
Secondo alcuni filosofi, il vincitore di lungo corso è stato proprio Berlusconi. “Ma – conclude Ferroni – oggi stiamo facendo un passo in avanti, ancor più pericoloso: stampa, università e scuola (a loro volta delegittimate) hanno bisogno di indipendenza, resistenza e spirito critico”.
MANAGO’: “L’INCERTO FUTURO DELL’AGI”. Il giornalista dell’Agi Andrea Managò, cronista e membro del Comitato di redazione dell’Agenzia, ha espresso le proprie preoccupazioni sulla vendita dell’agenzia di stampa. Posto che è legittimo che un editore venda un media, le modalità dell’operazione sollevano dubbi su imparzialità e indipendenza dell’agenzia di stampa, fondamentali per il suo ruolo informativo primario.
La vendita potrebbe portare l’Agi a diventare parte di un gruppo editoriale con una forte connotazione politica, minando la libertà editoriale e la capacità di informare in modo imparziale il pubblico. I giornalisti si trovano ad affrontare un futuro incerto, con poche informazioni sulla loro prossima proprietà e sulle garanzie per la loro indipendenza editoriale.
Nonostante l’attenzione internazionale su questa vicenda, la situazione rimane irrisolta, mettendo in discussione il pluralismo dell’informazione in Italia.
(A cura di Andrea D’Uva Cifelli, Francesca Mastrovito, Manuel Palumbo e Rachele Russo, con il supporto di Mattia D’Aloia)
(nella foto, Corrado Stajano, uno dei promotori del Manifesto Democratico del ’94)
Il 1° aprile 2022 – la guerra in Ucraina era appena cominciata – abbiamo pubblicato questo documento firmato da un migliaio di persone. Purtroppo nessuno l’ha raccolto e soprattutto pubblicato, tranne “Il Fatto Quotidiano”. Non ha avuto un gran seguito, perché la propaganda ci ha azzittito. Eppure le firme di chi l’ha stilato sono di giornalisti che la guerra l’hanno descritta e vissuta.
Corrispondenti di guerra
1° aprile 2022
Osservando le televisioni e leggendo i giornali che parlano della guerra in Ucraina ci siamo resi conto che qualcosa non funziona, che qualcosa si sta muovendo piuttosto male.
Noi siamo o siamo stati corrispondenti di guerra nei Paesi più disparati, siamo stati sotto le bombe, alcuni dei nostri colleghi e amici sono caduti durante i conflitti, eravamo vicini a gente dilaniate dalle esplosioni, abbiamo raccolto i feriti e assistito alla distruzione di città e villaggi.
Abbiamo fotografato moltitudini in fuga, visto bambini straziati dalle mine antiuomo. Abbiamo recuperato foto di figli stipate nel portafogli di qualche soldato morto ammazzato. Qualcuno di noi è stato rapito, qualcun altro si è salvato a mala pena uscendo dalla sua auto qualche secondo prima che venisse disintegrata da una bomba.
Ecco, noi la guerra l’abbiamo vista davvero e dal di dentro.Proprio per questo non ci piace come oggi viene rappresentato il conflitto in Ucraina, il primo di vasta portata dell’era web avanzata.
Siamo inondati di notizie ma nella rappresentazione mediatica i belligeranti vengono divisi acriticamente in buoni e cattivi. Anzi buonissimi e cattivissimi. Ma non è così. Dobbiamo renderci conto che la guerra muove interessi inconfessabili che si evita di rivelare al grande pubblico.
Inondati di notizie, dicevamo, ma nessuno verifica queste notizie. I media hanno dato grande risalto alla strage nel teatro di Mariupol ma nessuno ha potuto accertare cosa sia realmente accaduto. Nei giorni successivi lo stesso sindaco della città ha dichiarato che era a conoscenza di una sola vittima. Altre fonti hanno parlato di due morti e di alcuni feriti. Ma la carneficina al teatro, data per certa dai media ha colpito l’opinione pubblica al cuore e allo stomaco.
La propaganda ha una sola vittima il giornalismo.
Chiariamo subito: qui nessuno sostiene che Vladimir Putin sia un agnellino mansueto. Lui è quello che ha scatenato la guerra e invaso brutalmente l’Ucraina. Lui è quello che ha lanciato missili provocando dolore e morte. Certo. Ma dobbiamo chiederci: ma è l’unico responsabile?
I media ci continuano a proporre storie struggenti di dolore e morte che colpiscono in profondità l’opinione pubblica e la preparano a un’inevitabile corsa verso una pericolosissima corsa al riarmo. Per quel che riguarda l’Italia, a un aumento delle spese militari fino a raggiungere il 2 per cento del PIL.
Un investimento di tale portata in costi militari comporterà inevitabilmente una contrazione delle spese destinate al welfare della popolazione.
L’emergenza guerra sembra ci abbia fatto accantonare i principi della tolleranza che dovrebbero informare le società liberaldemocratiche come le nostre. Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin e quindi, in qualche modo, di essere corresponsabile dei massacri in Ucraina.
Noi siamo solidali con l’Ucraina e il suo popolo, ma ci domandino perché e come è nata questa guerra. Non possiamo liquidare frettolosamente le motivazioni con una supposta pazzia di Putin.
Notiamo purtroppo che manca nella maggior parte dei media (soprattutto nei più grandi e diffusi) un’analisi profonda su quello che sta succedendo e, soprattutto, sul perché è successo.
Questo non perché si debba scagionare le Russia e il dittatore Vladimir Putin dalle loro responsabilità ma perché solo capendo e analizzando in profondità questa terribile guerra si può evitare che un conflitto di questo genere accada ancora in futuro.
Massimo Alberizzi ex Corriere della Sera
Remigio Benni ex Ansa
Giampaolo Cadalanu – Repubblica
Tony Capuozzo ex TG 5
Renzo Cianfanelli Corriere della Sera
Cristano Laruffa Fotoreporter
Alberto Negri ex Sole 24ore
Giovanni Porzio ex Panorama
Amedeo Ricucci RAI
Eric Salerno ex Messaggero
Giuliana Sgrena Il Manifesto
Claudia Svampa ex Il Tempo
Vanna Vannuccini Ex Repubblica
Angela Virdò ex Ansa
A questa lettera aperta si può aderire semplicemente lasciando un vostro commento qui sotto. Abbiamo ricevuto centinaia di adesioni inviate via whatsapp al numero 345 211 73 43. Abbiamo inserito le prime e pian piano cercheremo di pubblicarle tutte. Scusateci se non riusciano a gestire tutte le adesioni con la rapidità che sarebbe necessaria. Ecco i primi firmatari.
Maria Acqua Simi giornalista
Augusto Adipietro
Alberto Airola senatore della Repubblica
Giuliano Alcalosi libero professionista
Carlo Amabile giornalista
Maria Vilma Angioni
Claudio Annetta libero professionista
Jacopo Antolini libero professionista
Monica Antonetti
Claudio Arzani giornalista
Cecilia Asso
Anna Assumma giornalista
Patrizia Avoledo giornalista
Silvia Bagni universitaria
Marco Baldo infermiere
Alessandro Balestrazzi
Daniele Balicco docente
Ondina Baradel ex Ministero degli Esteri
Franca Baraldi pensionata
Patrizia Baratiri
Paolo Baratta tecnico informatico
Francesco Barba professore
Roberto Barbera ex Misna, ex Peace Reporter
Eleonora Barbieri
Andrea Bartoli
Alessandro Bastasi autore di narrativa noir
Adriana Bax
Fiorenza Belardi
Stefano Bellani
Fabio Beltrame giornalista
Sara Benedetti
Elena Bertoldi
Tiziana Bertoldin
Mariella Bogliacino artista
Leopoldo Bon professore
Giuseppe Bonavolontà
Elisa Bonin
Maurizio Bonino scrittore e regista
Francesca Boniotti
Danila Bonito giornalista
Giuliana Bortolozzo giornalista
Carloamedeo Bosio architetto
Francesco Bozzetti giornalista
Anna Maria Bruni giornalista
Giancarlo Burzagli
Paolo Butturini giornalista
Giorgia Caivano
Alberto Calcinai fotoreporter
Mauro Calisti
Claudia Caloi
Laura Calosso giornalista
Luigi Candreva insegnante
Fausto Cangelosi
Antonio Cannone giornalista
Cecilia Canziani storica dell’arte
Marco Canzoneri curatore artistico
Alessio Capone pacifista
Fabrizio Carbonera libero professionista
Claudio Cardelli scrittore documentarista
Michele Carlino giornalista
Marco Carnevale
Onofrio Carone pensionato
Giovanna Casagrande
Laura Casati interprete di guerra
Roberta Casella
Fulvio Casi
Lucia Castagnoli medico
Michele Castegnaro
Emiliana Casu
Adriana Cavestro
Patrizia Cecconi
Anna Celata insegnante
Riccardo Ceriani
Marco Cerini
Alessandro Cerminara
Simone Ceroti
Franco Chiarello
Antonello Ciccozzi antropologo culturale
Domenico Michele Cifù disoccupato
Patricia Cifuentes
Cosimo Antonio Ciliberto insegnante
Alessandro Cirillo fotografo
Alessandro Cisilin giornalista
Luisella Claotti insegnante (ex)
Pasquale Clarizia
Marino Clemente tecnico di laboratorio
Maria Cristina Cobianchi
Andrea Cognetta
Maria Cristina Coldaglielli traduttrice
Marco Collepiccolo
Diana Colongi ex dirigente scolastica
Francesca Comandini
Mariagrazia Comunale attrice
Patrizia Cordone attivista
Giuliana Corsini
Anna Elisabetta Costa
Davide Costamagna
Paolo Costantino
Marco Crimi giornalista e avvocato penalista
Giandranco Criscenti giornalista
Rosa Maria Crusi insegnante (ex)
Fiammetta Cucurnia giornalista
Meris Cuscini
Gianfranco D’Attorre giornalista pubblicista
Maria D’Onofrio
Pio D’Emilia giornalista
Claudio D’Esposito ambientalista
Giulietta D’Ettole
Chiara Dallera biologa
Roberto Damiani
Ivan De Francesco ex ufficiale dell’esercito italiano
Veronica De Gregorio sociologa ex giornalista
Francesco De Iorio
Piero De Luca dirigente scolastico
Marina De Marchi
Roberto De Nart giornalista
Elena Degli Angeli insegnante
Pietro Gonsalez Del Castillo
Claudio Della Volpe pensionato
Bruno Demetz
Marco Di Castri film-maker e musicista
Massimo Di Domenica pensionato
Pino Di Maula giornalista
Almerico Di Meglio giornalista
Carla Di Pietrantonio impiegata
Augusto Di Pietro
Enzo Di Stefano
Gino Domenici
Gigliola Donadio
Sergio Durante
Christian Eccher docente e reporter
Emiliano Elia insegnante
Edi Ellero
Enrico Enrichi pensionato
Chiara Falchi dipendente CNR Pisa
Paola Falcicchio
Raffaella Fanelli giornalista
Massimiliano Fanti emigrato economico
Giuliana Maria Farina
Marcello Ferrari operaio
Gabriella Ferrari Bravo
Nadia Fini
Michele Finizio giornalista (direttore)
Franco Forlini
Claudia Forzano
Marilena Frilli
Daniele Fusari comunicatore
Maria Grazia Gagliardi
Giuseppe Gaglioti medico
Giorgio Galleano giornalista
Francesco Gallo
Diego Maria Garzone giornalista
Silvana Gazzola
Grazia Gerbi
Davide Giacopino
Andrea Giannelli psichiatra
Domenico Gigno giornalista
Paola Gioiro pensionata
Michele Giordano giornalista
Claudio Girardi
Tina Giudice
Rosa Giudici commercialista
Marco Giuiot
Chiara Giunti bibliotecaria
Francesca Gomez psichiatra
Licia Granello giornalista
Claudio Grassi fotoreporter
Enrico Graziani
Gabriella Greco
Rosario Grillo
Marco Grossi
Maria Guccione
Cristina Infantino
Domenico Laforgia
Fabio Lamberti
Stefano Landucci
Egle Leoni
Luca Lepone
Silvio Lettich
Diego Lo Piccolo direttore centro culturale
Barbara Longobardo giornalista (direttrice)
Donatella Lovison
Andrea Luli direttore teatro comunale
Amelia Madonia pensionata
Enzo maggio
Marinella Malacrea medico e psicoterapeuta
Roberto Mandirola
Caterina Manente insegnante
Dana Mantovan pensionata
Paolo Manzo giornalista
Claudio Marabotti medico
Rosalia Marcantonio giornalista
Costantino Marceddu
Manfredo Marchi artigiano impiantista
Massimo Marcolin
Guido Maregatti
Marko Marincic giornalista
Max Marletti
Nicola Marras
Stefania Marruchi insegnante (ex)
Eleonora Martinelli
Francesco Martingano avvocato
Donatella Martini
Gabriella Martis
Maria Dolores Masé psicologa
Annamaria Massa
Simone Massetti giornalista
Francesco Masut
Maria Luigia Meazza
Luciano Medici
Lea Melandri giornalista
Giovanna Melis pensionata
Massimo Menichetti
Cecilia Meregalli insegnante
Cristina Merlino giornalista
Maurizia Migliorini docente
Patrizia Minella insegnante
Roberta Minozzi
Diego Minuto geologo
Elia Mioni
Donata Mljac Milazzi scrittrice
Amanda Montanari
Gianni Monti
Luisa Morgantini ex vicepresidente del Parlamento Europeo
Sergio Morozzi
Carlo Maria Mosco
Paola n.d.
Vito Nanni
Vinicio Nannini pensionato
Massimo Nava giornalista corrispondente da Parigi Corriere della Sera
Oscar Nicodemo giornalista
Luca Maria Nicolussi
Gabriella Nocentini
Maso Notarianni
Daniele Ognibene consigliere regionale Lazio
Maria Antonietta Oppo
Ivana Ortelli
Antonio Ortolani pensionato
Rossella Ortolani insegnante
Antonio Ortoleva giornalista
Paola Pacetti
Manuela Pagan Lettich
Alighiero Palazzo giornalista
Ilva Palchetti
Lodovico Palermi pensionato
Yuri Palermo Crea
Daniele Palmi
Patrizia Palumbo
Valeria Pancioli funzionario
Luigi Panebianco cassintegrato Alitalia
Carlo Panzetta insegnante
Fulvio Paolazzi
Luigi Parisi
Giovanni Pascoli giornalista
Maria Elisabetta Pasquali
Ferdinando Pellegrini giornalista
Rossella Perugi
Claudio Perugini cameraman
Nadia Peruzzi pensionata
Giancarlo Perrotta Notaio Roma
Mario Pesola
Maria Pierri neuropsichiatra infantile
Ferdinando Pierri fotografo
Franco Pignotti pensionato ex docente
Benedetta Piola Caselli avvocato
Onella Pittarello
Marco Pozzi docente e regista
Antonio Prete scrittore
Orsola Privitera
Maria Pugliatti casalinga
Marika Puicher fotografa
Elena Rampello
Giovanna Ranieri
Patrizia Ravera pensionata
Cristina Re giornalista
Francesco Ria medico fisico
Marco Rinaldi commerciante
Stefano Santo Ristagno ingegnere
Amalfia Rizzi
Alessandra Rizzo insegnante (ex)
Enrico Rondelli
Giulio Rosa
Fiammetta Rossi
Annalisa Ruffo
Marino Ruggeri
Luciano Salsi giornalista
Michele Santoro direttore
Cristiana Scandolara medico
Ernesto Schember
Maurizio Schiano Di Cola
Vauro Senesi vignettista
Sabrina Signorelli
Maurizio Silvestri giornalista
Luana Sisani
Barbara Spampinato giornalista (direttrice)
Christian Spinozzi titolare brand multiservice
Cristina Stasi
Guido Stori pensionato
Giuseppe Stori pensionato
Maurizio Taborelli
Riccardo Tacconi
Mara Tagliavini
Valeria Tancredi
Stefania Tarabella
Anna Maria Targioni Violani psicoanalista
Rosa Tavella medico
Giovanni Termite lavoratore
Stefano Tesi giornalista
Gemma Tisci
Adriana Tisselli giornalista pubblicista
Dorotea Cristina Tobia mamma
Nora Toccafondi pensionata
Federico Tovoli fotoreporter
Anna Trotta sociologa e docente
Valentina Tua
Loredana Turatto
Fabio Vagnarelli
Cosima Venneri
Claudia Vezzi
Giovanna Vietri pensionata
Leonardo Vigorelli insegnante
Giancarlo Vitali
Mauro Zammataro
Marina Zauli
Astrid Zei docente
Ci sono state molte altre adesioni che non siamo stati i grado di registrare
Caro Alberizzi, veramente Professione Reporter pubblicò il documento: https://www.professionereporter.eu/2022/04/ucraina-dodici-inviati-di-guerra-contro-il-pensiero-dominante-servono-analisi-profonde/