E’ intitolato “Stato di guerra” il numero di maggio di Voci di dentro. Settantadue pagine dove viene affrontato il rapporto tra la contrazione dello stato sociale e l’avvicinamento dello stato di guerra. In apertura Francesco Blasi scrive: “Se i diritti e le garanzie diminuiscono, la salutare biodiversità delle opinioni e delle visioni del mondo si estingue per fare posto a parole d’ordine che schiacciano tutti in nome di una emergenza indiscutibile, di un allarme che individua nemici da odiare e combattere”.
In questo numero Vincenzo Scalia centra il suo discorso sullo “stato di polizia” : “È uno Stato, il nostro -scrive Scalia- che manda in soffitta definitivamente lo Stato sociale, così come lo abbiamo conosciuto dal dopoguerra agli anni Ottanta, che si prefiggeva di integrare strati sempre più vasti della popolazione nel godimento delle prerogative della cittadinanza”. Roberto Reale in “Cosa c’è dietro le guerre” esamina la correlazione tra l’economia e la politica, fra riarmo galoppante e taglio della spesa sociale. Andrea Cozzo invoca la svolta verso un “giornalismo di pace”, centrato sugli interessi di tutti. Sul legame tra guerra e carcere interviene Giuseppe Mosconi, che analizza le interazioni tra diritto e violenza, citando giuristi come Jacob e Schmitt, enunciatori rispettivamente del “diritto penale del nemico” e del paradigma “amico-nemico”.
Il giornale racconta, come sempre, il mondo carcerario attraverso le testimonianze dei detenuti e di quanti al carcere dedicano impegno. Claudio Bottan intervista l’ex ministro della Giustizia Paola Severino sulle prospettive di un ritorno al carcere come luogo di rieducazione e premessa di reinserimento nella società. Tema affrontato da Antonio Gelardi, già dirigente Dap, che ricorda le indicazioni dell’ex capo Renoldi: “Polizia fuori dal carcere, al loro posto personale di relazione”.
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