Quali sono le parole giuste per raccontare malattie, disabilità, fragilità? Tema enorme che riguarda i giornalisti, perché spesso le parole giuste non vengono trovate. Se ne occupa un libro, che ha proprio questo titolo “Le parole giuste. Giornalismo e comunicazione sociale: la responsabilità delle scelte”, curato da Donatella Pacelli (Meltemi Editore), docente di Sociologia all’Università Lumsa. Un libro corale nel quale quattordici giornalisti, due sociologi e un Prefetto vaticano (giornalista) ragionano, criticano, autocriticano, fanno proposte. I testi sono una rielaborazione delle relazioni dei convegni che accompagnano il Premio Giornalistico Alessandra Bisceglia per under 35, in particolare “Fragili più fragili. Raccontare le malattie rare al tempo della pandemia e della guerra” e “Il giornalismo e le grandi paure. I media tra allarmismo e corretta informazione”. Convegni che si svolgono all’Università Lumsa di Roma, alla presenza del Magnifico Rettore Francesco Bonini. Tutto nel segno e nel vivo ricordo di Alessandra Bisceglia, giornalista che ha vissuto 28 anni con una malattia vascolare rara e ha lasciato un limpido esempio di passione. 

luoghi comuni

“Le parole giuste -dice la professoressa Pacelli nella premessa- sono quelle che risvegliano dal torpore e aiutano a pensare e a capire, a rifiutare i luoghi comuni “. Poi spiega come tutto il lavoro (che si è avvalso dell’editing di Orietta Rappolli) discute “l’importanza di raccontare il disagio con rispetto e senza generare allarmismi, anche nelle crisi e nelle continue emergenze che attraversano il mondo”. 

Ogni capitolo è un piccolo saggio, a partire da quello di Mario Morcellini, Professore emerito di Sociologia alla Sapienza. Parla di “choc communication”, oggi “la crisi prevale su uno storytelling ispirato a convivenza, razionalità, ordine” e “la retorica della paura fa perdere disponibilità a credere nell’altro”, a “individuare beni comuni”.

giovani vincitori 

Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, esamina il magistero della Chiesa sulla fragilità.  

Fuori dagli schemi sono gli interventi di due giovani vincitori del Premio negli anni precedenti. Ilaria Beretta ha inventato il podcast “Le notizie della Illy”, informazione dedicata ai ragazzi. Giorgio Saracino spiega come con un’attrezzatura leggera, un telefonino e basta, sia più facile entrare in contatto con le realtà dure. 

Lucia Goracci, inviata Rai in tutto il mondo, parla dell’esigenza di contestualizzare sempre le storie, per dare ad esse un senso. Andrea Garibaldi parla degli eccessi e delle dimenticanze del giornalismo. Carlo Chianura, Direttore del Master di Giornalismo Lumsa, dice che il messaggio per gli studenti è di non cedere alla faziosità e alla pedagogia. Roberta Serdoz, oggi vicedirettrice del Tg3, spiega come proprio le notizie dolorose vadano rese più essenziali e “fredde”. 

testo unico e convenzione

Oreste Lo Pomo, responsabile della sede Rai Campania: competenza e professionalità sono l’antidoto alle paure in rete. 

Fabio Zavattaro, già vaticanista del Tg1 e ora Direttore scientifico del Master di Giornalismo Lumsa, scrive un alfabeto della fragilità, da “ammalarsi” a “dubbio” a “egoismo” e “ricominciare”. E giustamente ricorda il Testo unico dei doveri del giornalista e la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità.

Laura Pertici, Caporedattrice de la Repubblica illustra la versatilità dei podcast. 

Vincenzo Morgante, Direttore di Tv2000 e di Radio InBlu ricorda la possibilità data ai giovani di cinque università di fare progetti per il futuro del Paese. 

Paola Severini Melograni ripercorre l’esperienza della trasmissione  Rai “Ma anche no”: “Contro la pornografia del dolore, uno dei nostri metodi è verificare tutto”. 

uso critico

Roberto Natale, Direttore Rai per la Sostenibilità, rilancia l’idea di portare l’educazione all’uso critico dei media nelle scuole, dalle elementari alle superiori.

Andrea Vianello, giornalista e dirigente Rai, parla della sua esperienza personale: “Ho capito che non sono quello dell’ictus, ho avuto un ictus. Bisogna raccontare la malattia, come prevenirla, come gestirla”. 

Mirella Taranto, Capo ufficio stampa dell’Istituto Superiore di Sanità, dice che “raccontare le malattie rare è raccontare l’invisibile” e che “occorre un’alleanza sanitaria, sociale e comunicativa”. 

Molti semi, che potranno germogliare. “Sono le condizioni peggiori a rendere le situazioni straordinarie”, parola di Alessandra Bisceglia.

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