(S.A.) Il 19 luglio è il primo anniversario della scomparsa di Andrea Purgatori, figura centrale nel panorama giornalistico italiano. Per commemorare la sua carriera, La7 dedica una serata speciale di “Atlantide”, quella dedicata alla morte dei giudici Falcone e Borsellino (che morì nell’attentato mafioso il 19 luglio 1992). 

Purgatori, giornalista dal 1974, ha conseguito il Master in Journalism alla Columbia University nel 1980. Ha lavorato al Corriere della Sera dal 1976 al 2000, dove divenne celebre per le sue inchieste su eventi come il caso Moro e la strage di Ustica. Si è occupato di terrorismo e mafia, documentando i delitti dal 1982 fino alla cattura di Totò Riina. I suoi reportage hanno abbracciato conflitti globali: la guerra in Libano, la guerra Iran-Iraq e la guerra del Golfo.

Oltre al Corriere, Purgatori ha collaborato con L’Unità, Vanity Fair, The Huffington Post e Le Monde Diplomatique. E’ stato anche un valente sceneggiatore, noto per film come “Il muro di gomma”, che racconta la sua inchiesta su Ustica, e “Il giudice ragazzino”. Per queste opere ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti, tra cui il Nastro d’argento e il Globo d’oro.

In televisione, Purgatori ha condotto programmi come “Uno di notte” su Rai 1 e ha collaborato a progetti innovativi con Corrado Guzzanti, come “Fascisti su Marte” e “Il caso Scafroglia”. Ha recitato in film e serie TV, tra cui Boris e opere di Carlo Verdone.

E’ stato presidente di Greenpeace Italia e attivo in numerose istituzioni culturali. Dal 2017 ha condotto “Atlantide”, programma apprezzato per la sua profondità culturale, che gli è valso il Premio Flaiano. Ha partecipato alla docu-serie “Vatican Girl – La scomparsa di Emanuela Orlandi“, disponibile su Netflix. 

Le ultime settimane di Andrea Purgatori sono segnate da una tragica serie di eventi, che ha portato alla denuncia di alcuni medici da parte della famiglia. Secondo la denuncia, un’endocardite che coesisteva con un tumore ai polmoni non è stata ben diagnosticata, ignorando la possibilità di una terapia antibiotica. Solo dopo il trasferimento da Villa Margherita a Roma al Policlinico Umberto I sono state escluse le metastasi cerebrali erroneamente diagnosticate ed è stata confermata l’endocardite batterica. La famiglia, assistita dall’avvocato Alessandro Gentiloni Silverj, ha denunciato gravi errori medici, inclusi trattamenti invasivi non necessari, sollevando interrogativi sulla responsabilità e sulla qualità dell’assistenza sanitaria fornita.

Secondo i periti incaricati dalla procura di Roma di esaminare il caso, i medici della casa di cura Villa Margherita commisero una lunga serie di errori. Gli diagnosticarono metastasi al cervello ma l’autopsia ha stabilito che non c’erano. La perizia degli esperti ha riscontrato l’endocardite che non venne individuata dai medici. Per salvare la vita ad Andrea Purgatori o quantomeno allungarla, secondo quanto riferito dalla relazione dei medici, sarebbe stata necessaria una terapia antibiotica. “Il giornalista, pur affetto da tumore polmonare in metastasi, è deceduto per le conseguenze di una endocardite infettiva che ha indotto nel paziente una diffusa embolizzazione sistemica”, spiega la relazione richiesta dal pm Giorgio Orano e firmata da Luigi Marsella e Alessandro Mauriello. “Tale patologia non è stata individuata in tempo utile per poter avviare tempestivamente le cure idonee”. In particolare, si legge che il medico curante e cardiologo Guido Laudani “ometteva la prescrizione di accertamenti clinici, laboratoristici e strumentali finalizzati alla diagnosi di endocardite infettiva. Tali omissioni risultano a nostro avviso ascrivibili a imperizia e non rispondenti alle buone pratiche cliniche da noi individuate in letteratura”.

Secondo i periti, durante il ricovero del 16 e 17 giugno 2023, i segnali dell’infezione al cuore erano conclamati, la febbre era salita, ma nonostante ciò il giornalista venne sottoposto a radioterapia, per contrastare ipotetiche metastasi cerebrali diagnosticate dal professor Gianfranco Gualdi.

“Sarebbe stato certamente opportuno -scrivono i periti- eseguire un set di emocolture e richiedere una consulenza infettivologica. Gli accertamenti indicati avrebbero potuto intercettare il patogeno responsabile degli eventi febbrili e dell’endocardite infettiva, con successiva richiesta di trasferimento in altra struttura”. Tutto questo forse non avrebbe salvato la vita al giornalista, a cui era già stato diagnosticato un tumore ai polmoni, ma avrebbe probabilmente potuto garantirgli di vivere più a lungo.

La sua camera ardente fu allestita al Campidoglio. I funerali si sono tenuti a Roma, con le testimonianze di affetto e di stima di molta parte del mondo del giornalismo e dello spettacolo. 

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