(S.A.) Il 4 agosto 2024, durante la Festa Nazionale della Riscossa Popolare a Pontedera, organizzata dal Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo, Chef Rubio, al secolo Gabriele Rubini, ha scatenato un acceso dibattito con dichiarazioni contro i giornalisti.
Rubio ha dichiarato che i giornalisti sono i “primi obiettivi” della resistenza palestinese e ha esortato i presenti a considerare i giornalisti come bersagli della lotta contro l’oppressione: “I giornalisti devono avere paura di andare al lavoro ogni giorno, devono temere per l’incolumità dei loro figli e delle loro figlie.” Ha aggiunto che i media trattano la questione palestinese con “estremo disprezzo per la vita umana” e ha espresso la convinzione che i giornalisti si siano trasformati in “attori e attrici” che hanno capito di essere “intoccabili”.
Queste dichiarazioni, che hanno ricevuto applausi da parte del pubblico presente, sono state amplificate da un video condiviso online e hanno attirato l’attenzione dei media, in particolare dopo che David Puente, il primo a denunciare l’accaduto su Open, è stato oggetto di ulteriori attacchi da parte di Rubio sui social. Chef Rubio ha anche citato i nomi di noti giornalisti italiani, tra cui David Parenzo, Enrico Mentana e Maurizio Molinari, accusandoli di essere suoi “persecutori” e di essere complici di un presunto complotto sionista.
L’Ordine Nazionale dei Giornalisti ha condannato le parole di Rubio, definendole “intollerabili e pericolose” e avvertendo che esse alimentano odio e un clima di persecuzione nei confronti dei giornalisti e delle loro famiglie. Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine, ha dichiarato che “la solidarietà con il popolo palestinese non può rappresentare un pretesto per scatenare una caccia al giornalista”. La Fnsi ha aggiunto che le dichiarazioni di Rubio rischiano di “aizzare l’opinione pubblica contro i giornalisti su un tema di estrema delicatezza”, sottolineando che “la solidarietà al popolo palestinese non può trasformarsi in antisemitismo 2.0” o diventare un pretesto per la “caccia al cronista”.