(S.A.) Nelle prime ore di domenica 22 settembre, soldati israeliani hanno fatto irruzione negli studi di Al Jazeera a Ramallah, in Cisgiordania, imponendo al direttore Walid al-Omari di sospendere le trasmissioni per un periodo di 45 giorni. La stessa emittente qatariota ha riportato l’evento, sottolineando come non siano state fornite spiegazioni ufficiali dalle forze israeliane per l’ordine di chiusura.

Il governo di Benjamin Netanyahu da tempo critica duramente Al Jazeera, considerandola uno strumento di propaganda della causa palestinese e del gruppo radicale Hamas, contro cui Israele sta combattendo un conflitto prolungato nella Striscia di Gaza.

Al Jazeera è uno dei pochi media internazionali ancora operativi nella Striscia di Gaza, territorio in cui Israele ha lanciato un’invasione dopo l’attacco di Hamas sul suo territorio il 7 ottobre, provocando la morte di decine di migliaia di palestinesi. Anche la Cisgiordania, governata con autonomia limitata dai palestinesi, è sottoposta a un crescente controllo da parte di Israele.

L’irruzione negli uffici di Ramallah avviene nell’ambito di una legislazione approvata dal parlamento israeliano ad aprile, che consente la chiusura dei media ritenuti pericolosi per la sicurezza del Paese. A maggio, una legge specifica ha stabilito la chiusura di Al Jazeera in Israele, rendendo inaccessibili le sue trasmissioni televisive e i suoi siti web. Ogni 45 giorni, il governo israeliano è chiamato a rinnovare questa misura.

Al Jazeera, che ha subito la chiusura forzata dei suoi uffici, sta già preparando una risposta legale per contestare la decisione nelle sedi giudiziarie.

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