(S.A.) Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, ha recentemente testimoniato di fronte alla commissione Affari giuridici e diritti umani dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. E’ la sua prima apparizione pubblica da quando è stato liberato, dopo aver trascorso quattordici anni tra l’ambasciata ecuadoriana a Londra e il carcere di alta sicurezza di Belmarsh. Durante il suo intervento, Assange ha parlato delle condizioni attuali della libertà di espressione e del suo futuro incerto.
“La libertà di espressione e tutto ciò che ne consegue si trovano a un bivio oscuro. Temo che, a meno che istituzioni che stabiliscono norme come il Consiglio d’Europa non si sveglino di fronte alla gravità della situazione, sarà troppo tardi”, ha dichiarato Assange. La sua testimonianza ha sottolineato la gravità della criminalizzazione internazionale del giornalismo, puntando il dito contro il governo degli Stati Uniti per aver spinto una reinterpretazione delle leggi sulla libertà di informazione.
Assange è stato chiamato a parlare in merito a un rapporto preparato dalla parlamentare islandese Thorhildur Sunna Aevarsdottir, che sarà discusso e votato il 2 ottobre. Il rapporto si concentra sul trattamento che il fondatore di WikiLeaks ha subito durante la sua detenzione e sul potenziale effetto dissuasivo per giornalisti ed editori, costretti spesso all’autocensura per evitare persecuzioni simili.
“Se l’Europa vuole avere un futuro in cui la libertà di parola e la libertà di pubblicare la verità non siano privilegi riservati a pochi ma diritti garantiti a tutti, allora deve agire in modo che ciò che è accaduto nel mio caso non accada mai a nessun altro”, ha aggiunto Assange. Ha chiesto un’azione decisa per garantire che “la luce della libertà non si affievolisca mai, che la ricerca della verità continui a vivere e che le voci di molti non vengano messe a tacere dagli interessi di pochi”.
La testimonianza di Assange ha inoltre evidenziato come il patteggiamento con il governo degli Stati Uniti gli impedisca di appellarsi alla Corte europea per i diritti dell’uomo o di invocare la legge sulla libertà di informazione. “Ora la giustizia per me è preclusa poiché il governo degli Stati Uniti ha insistito per iscritto nel suo patteggiamento che non posso presentare un caso alla Corte europea per i diritti dell’uomo o anche una richiesta di legge sulla libertà di informazione per ciò che mi è stato fatto a seguito della richiesta di estradizione”.
Assange ha anche espresso preoccupazione per le future conseguenze del suo caso. “Gli europei devono obbedire alla legge sullo spionaggio degli Stati Uniti”, ha detto, sottolineando come la sua situazione abbia aperto la porta alla possibilità che qualsiasi grande Stato possa perseguire giornalisti in Europa. Ha ribadito che se le cose non cambieranno, quanto accaduto a lui potrebbe ripetersi con altri giornalisti.
Nel suo discorso, Assange ha chiarito che il giornalismo non dovrebbe mai essere criminalizzato. “La questione fondamentale è semplice: i giornalisti non dovrebbero essere perseguiti per aver svolto il loro lavoro. Il giornalismo non è un crimine. È un pilastro di una società libera e informata”, ha affermato con fermezza.
La sua testimonianza si è conclusa con un’amara riflessione sulle dinamiche del potere e della giustizia: “La mia ingenuità è stata credere nella legge. Quando si arriva al dunque, le leggi sono solo pezzi di carta e possono essere reinterpretate per convenienza politica”, ha detto, rispondendo alle domande dei parlamentari del Consiglio d’Europa. Ha osservato che negli Stati Uniti, un potere come l’intelligence può spingere per una reinterpretazione delle leggi, mettendo in pericolo la libertà di informazione.